A 975 metri di profondità si scatena l’inferno e ogni tentativo dei
soccorritori risulterà vano. Perdono la vita 262 operai (su
274 del personale complessivo), molti nel tentativo disperato di mettersi in
salvo tra vie di fuga impossibili. I morti sono di varie nazionalità (belgi,
greci, polacchi, ungheresi, etc.) ma in maggioranza italiani (ben 136).
Emigranti da ogni parte del Bel Paese in cerca di lavoro, avevano trovato qui
la loro risposta, nell’ambito di un accordo italo-belga che in
cambio di manodopera (carente nel paese fiammingo) impegnava l’Italia a
importare il carbone estratto a Marcinelle. Mesi e mesi occorreranno per
estrarre i corpi intrappolati in cunicoli e gallerie a diversi metri di
profondità (l’ultimo sarà recuperato nel dicembre del 1957).
I risultati della commissione d’inchiesta e del successivo processo saranno caratterizzati
da omissioni e imprecisioni, al centro di aspre e lunghe polemiche tra le
comunità italiana e belga. Parte della verità verrà a galla più tardi, ponendo
l’accento sulle condizioni di sicurezza precarie della
miniera, sfruttata in maniera crescente dal 1822.
Un aspetto eclatante, all’origine della tragedia, scoperto in seguito: il cavo
dell’olio correva vicinissimo a quello elettrico e questo avrebbe favorito il
diffondersi delle fiamme in tutta la miniera. Oggi la miniera è un luogo
della memoria che ricorda quei tragici momenti e anche un museo sulla
storia dell’attività estrattiva e dell’industria.
http://www.mondi.it/almanacco/voce/14070
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