Nato nella Parigi postnapoleonica, la sua
infanzia fu segnata dalla prematura perdita del padre e dalle nuove nozze della
madre, che influirono pesantemente sul carattere e sul rendimento scolastico.
Completati gli studi, si avvicinò alla poesia seguendo le orme degli artisti
bohémien e dandosi a una vita dissoluta e ai margini della società.
Grazie alla cospicua eredità paterna, poté condurre un'esistenza da dandy (da
cui il fenomeno di costume del "dandismo"), improntata cioè a uno
stile di grande eleganza nel vestire e nei gusti personali, riflesso di una
superiorità intellettuale rispetto alla massa borghese e benpensante.
Interdetto dalla madre, si ritrovò a vivere in ristrettezze economiche,
indebitandosi fortemente.
Dopo le prime opere come critico e saggista, nel 1857 pubblicò il suo
capolavoro immortale: la raccolta di poesie I fiori del male,
considerata la "Bibbia" della corrente simbolista. In essa espresse
il concetto di "poesia pura", scevra da ogni preoccupazione di
contenuto e da qualsivoglia impegno civile o morale, unitamente a quello di
"poeta veggente", in grado cioè di trasmettere le impressioni più
vaghe e indefinite della realtà e di penetrare l'intima essenza delle cose.
Principi che gettarono le basi della poesia moderna.
Schiavo dell'alcool e dell'oppio e condannato alla paralisi da un ictus,
Baudelaire morì a Parigi, tra le braccia dell'amata (e odiata) madre,
nell'agosto del 1867.
http://www.mondi.it/almanacco/voce/507001
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