Libero Grassi, titolare dell’impresa Sigma, è assassinato a due
passi dalla sua abitazione, per mano della mafia (l’esecutore materiale viene
riconosciuto più tardi in Salvatore Madonia) contro cui ha lottato fino alla
fine, rifiutandosi di pagare il pizzo e denunciando i suoi estorsori.
Il giorno dopo il Corriere della Sera pubblica
una lettera, dove accusa le associazioni di categoria di averlo lasciato solo
nella lotta al racket delle tangenti imposte a commercianti e
imprenditori.
Sposato e con due figli, Grassi era diventato un
riferimento della lotta alla mafia, in particolare dopo la lettera pubblicata
sul quotidiano Il Giornale di Sicilia, in cui affrontava con
determinazione gli aguzzini che, sotto la fittizia identità del “ragionier
Anzalone”, gli avevano chiesto un contributo di 50 milioni per i carcerati.
Lo stesso Grassi aveva contribuito all'arresto
dei suoi estorsori fornendo una descrizione dettagliata agli investigatori.
Significative le parole dette nel corso di
un’intervista per Samarcanda di Michele Santoro: «Non
sono un pazzo, sono un imprenditore e non mi piace pagare. Rinuncerei alla mia
dignità. Non divido le mie scelte con i mafiosi».
Gli sarà unanimemente riconosciuto il merito di
aver dato vita alla lotta contro il pizzo, raccolta successivamente da numerose
associazioni antiracket ispiratesi alla sua figura.
http://www.mondi.it/almanacco/voce/5055
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