Vent’Anni Fa mi comunicò che sarebbe andato a
studiare a Londra. “Tranquilla, Elasti, resto un anno e poi torno”, assicurò.
Eravamo una coppia giovane e sprovveduta e io mi fidai. Nel frattempo è
diventato l’economista barese della mia vita nonché padre dei miei tre figli.
Ma da Londra non è mai più rientrato. Ogni coppia trova il proprio equilibrio,
ogni famiglia il proprio baricentro e la propria felicità. Noi abbiamo trovato
i nostri in un ménage bislacco fatto di frequenti assenze, festose presenze e
massiccio pendolarismo. Ci siamo accomodati in una vita che ci siamo scelti e
ci somiglia. Poi, una sera, ha telefonato dall’Inghilterra. Aveva il tono
concitato delle grandi occasioni e delle buone notizie. “Mi hanno dato due anni
di sabbatico!”, ha tuonato nel mio orecchio. “Che significa esattamente?”; “Significa
che per due anni, a partire dal prossimo giugno, potrò dedicarmi solo alla
ricerca! Ma soprattutto potrò farlo da casa nostra, a Milano!”. La sua voce si
era fatta assordante. Ho deglutito. “Stai dicendo che per ventiquattro mesi tu
vivrai sotto il nostro stesso tetto? Tutti i giorni?”. Stava dicendo proprio
quello. Era una buona notizia. Anzi, ottima. Mi sono ritrovata a fissare il soffitto,
inebetita. Un marito a tempo pieno non l’ho mai avuto. Sarò capace di
condividere ogni minuto dentro le 24 ore, le quotidiane lavatrici con i
quotidiani pedaloni sporchi, la prossimità senza tregua? Saprò rinunciare a
quella complicità ruvida e piena con i miei figli, quando siamo da soli e ridiamo
e ci crogioliamo nel nostro stato un po' brado? E lui? Come starò lui, abituato
ad andare e venire, costretto alla stanzialità? Sapremo amarci come oggi,
domani? “Cos’è quella faccia mamma?”, ha domandato il perspicace figlio di
mezzo dodicenne. Mi sono ricomposta e gli ho spiegato la situazione reprimendo
i dubbi e ostentando il mio più smagliante sorriso. Lui, gli occhi enormi e i
capelli pazzi, ha annuito, lo sguardo grave. L’argomento non è più stato
sollevato, fino al ritorno del genitore. “Padre, noi dobbiamo parlare”, è stato
l’imperativo del primogenito durante la cena tutti insieme. “Siamo molto
preoccupati”, ha fatto eco il piccolo. “Non puoi passare due anni interi qui a
casa a ciondolare”, ha proseguito il medio sordo a ogni tentativo paterno di
ribattere. “Quindi devi trovarti un lavoro. Per occupare il tempo, uscire di
casa e darci un po' di tregua”. Quindi di fronte a un piatto di orecchiette e a
un basito economista marxista barese, a dimostrazione che la necessità smuove
coscienze e ingegno, i tre ingrati virgulti hanno snocciolato una serie di
proposte professionali che, secondo loro, il padre avrebbe dovuto cogliere al
balzo. “Potresti fare il bidello nella mia scuola. Così i miei amici ti
riconoscerebbero e ti farebbero ciao con la mano ogni volta che ti incontrano”,
ha suggerito il piccolo. “Oppure il guardiano notturno così di notte non ci sei
e noi possiamo dormire nel lettone con la mamma e quando torni la mattina ci
puoi accompagnare a scuola”, ha proposto il medio, “Perché non i body builder?
Ho sempre sognato un padre pompato”, ha detto il grande tastandogli il
bicipite, Nella sconfinata prateria di opportunità servite durante quella
serata di autocoscienza figuravano anche: autista di Uber, coltivatore diretto,
lavapiatti in un sushi bar, dog sitter, pescatore in una città senza mare,
steward, bagnino. Gli economisti marxisti baresi hanno una tempra coriacea e
lui, sordo alle provocazioni, quella sera ha finito le orecchiette prima di
tutti. Tuttavia non perdonano. E lui probabilmente per quei due anni si
trasferirà in Australia.
Claudia de Lillo – Opinioni –
Donna di La Repubblica – 20 ottobre 2018 -
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