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martedì 30 ottobre 2018

Lo Sapevate Che: Il Popolo bambino e l'asilo planetario...


È celebre quel che scrisse Bertolt Brecht nel 1953, dopo lo sciopero operaio del 17 giugno nella Germania comunista. Sciopero represso anche con l’intervento dei carri armati sovietici. Brecht ha letto su manifesti e giornali che, secondo il governo di Berlino Est, il popolo ha tradito la fiducia del regime, e che dovrebbe lavorare duro per riguadagnarla. “In questo caso”, scrive, “non sarebbe più semplice per il governo sciogliere il popolo ed eleggerne un altro?”. Con sarcasmo, il drammaturgo e poeta si riferisce alla disinvoltura con il potere comunista potrebbe pensare di trattare, di manipolare l’opinione pubblica. Questo accade in situazioni diverse anche nella democrazia, vale a dire ben lontano dal contesto in cui viveva Brecht. Il popolo della stagione politica alle nostre spalle è stato “sciolto” con la morte o la decadenza delle ideologie che erano i suoi punti di riferimento. Ed è appunto come se, nel vuoto creatosi, ne fosse stato “eletto” un altro. Ha contato anche il rancore delle classi sociali, vittime della crisi economica, che hanno ripudiato i partiti tradizionali ritenuti responsabili allora al governo. Amos Oz, nelle sue riflessioni (“Cari fanatici”, Feltrinelli) parla di una regressione infantile delle popolazioni, descrive un mono trasformatosi in “un asilo planetario”. Spogliato delle ideologie, gettate via come abiti troppo usati, quindi indifeso, nudo, ma fermo nel rifiuto del potere che l’ha deluso, l’elettore è una facile preda di chi, sfacciato debuttante sulla ribalta della politica, cerca di sedurlo. L’elettore è sensibile alle provocazioni lanciate dal nuovo arrivato. Le interpreta come un’autentica rottura col passato: l’annuncio di un cambiamento, imprecisato, ma ricco di promesse. Il neo candidato leader sa galvanizzare le masse: le stupisce non rispettando le regole, usando un linguaggio sfrontato, accusando mercati finanziari, le istituzioni europee e chi le rappresenta. Così sfrutta le collere dei vulnerabili orfani della vecchia politica. Il grande scrittore descrive il fanatico che conquista l’ingenuo agitando i suoi fantasmi. Nella diciannovesima delle sue “21 lezioni per il XXI secolo” (Bompiani), quella dedicata all’educazione, Yuval Noah Harari lancia un allarme. L’umanità è confrontata a rivoluzioni senza precedenti. Tutte le nostre convinzioni ed esperienze si sgretolano e nulla è finora apparso per sostituirle. Come affrontare e preparare le nuove generazioni a un mondo di trasformazioni inedite e di incertezze radicali? Il neonato d’oggi avrà poco più di trent’anni nel 2050, ed essendosi nel frattempo allungata la speranza di vita, potrebbe essere ancora attivo alla fine del secolo. Cosa dovremmo insegnargli? Di quali competenze avrà bisogno per appassionarsi a un’attività? Per capire quel che accade e non smarrirsi nel dedalo della vita? Harari, lo storico, prende come esempio la Cina del 1018, quando i genitori poveri insegnavano ai figli come piantare il riso o tessere la seta. I più ricchi facevano leggere ai maschi i testi confuciani e praticare la calligrafia, li addestravano all’uso delle armi. <le femmine dovevano essere spose sottomesse e pudiche. Nel 1050 le virtù richieste erano le stesse. Oggi al contrario, in Cina e in generale nel mondo, nessuno sa con esattezza come sarà il 2050. Non sappiamo come la gente si guadagnerà la vita; come gli eserciti e le burocrazie funzioneranno, quali saranno i rapporti fra uomini e donne. Lo stesso corpo umano potrebbe subire notevoli cambiamenti con il progredire dell’informatica, e del ruolo del computer-cervello. Non sapendo come sarà tra poco più di trent’anni il mondo, e quindi il mercato del lavoro, non sappiamo neppure di quali competenze gli uomini avranno bisogno. Le nuove generazioni avranno una loro visione, che si formerà vivendo via via mutamenti in tutti i campi: dalla scienza alla politica. Il ruolo dei padri, delle generazioni precedenti, apparirà superato. Tante incognite sono in agguato nell’asilo planetario”: un mondo che riparte su altre basi, in un futuro in cui la regressione infantile di larghe masse umane conviverà con un grande progresso in tutti i campi della scienza e della tecnologia. La politica sta già cambiando volto.
Bernardo Valli – Dentro E Fuori – L’Espresso – 28 ottobre 2018 –

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