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martedì 10 luglio 2018

Lo Sapevate Che: Misteriosa matematica: i numeri uno sono 25...


Presto o tardi, tutte le teorie scientifiche vengono superate o smentite. Nell’Ottocento pensavamo che le specie fossero immutabili e che la fisica newtoniana fosse insuperabile. Non era così. Tutt’altro discorso vale per la matematica. I metodi studiati dai Babilonesi per risolvere le equazioni di secondo grado restano validi dopo quattromila anni; oggi li esprimiamo attraverso simboli, ma il ragionamento non cambia. Un teorema, una volta che lo si sia dimostrato correttamente, diventa un tassello del pensiero matematico per sempre. In questo senso, i matematici sono creatori di opere destinate a durare in eterno. A loro è dedicato I numeri uno. La vita dei più grandi matematici del mondo (Einaudi, pp. 304) di Ian Stewart, tra i più amati scrittori di pop math, la matematica spiegata al grande pubblico, con oltre ottanta libri all’attivo. Classe 1945, Stewart ha cominciato collezionando gli indovinelli matematici di Scientific American, una delle più antiche riviste di divulgazione scientifica; cinquant’anni dopo sarebbe diventato un autore di punta di quella rubrica. Oggi è professore emerito all’Università di Warwick, in Inghilterra, ed è considerato un pioniere della divulgazione: “Trent’anni fa il mondo della matematica era monastico. Oggi sta cambiando tutto” spiega. Nel suo ultimo libro Stewart affronta il “processo quasi mistico” che porta alla luce nuova matematica, immergendosi nella vita dei suoi protagonisti. Ne ha scelti 25, con un tratto comune: “la capacità di entrare in regioni del pensiero precedentemente sconosciuto all’umanità”. Tali sono per esempio, il concetto di infinito di Geor Cantor (che a fine Ottocento smentì Aristotele: l’infinito non è solo un ente potenziale, ma una realtà misurabile), il calcolo infinitesimale di Newton o, più indietro ancora, il p greco di Archimede, il più grande scienziato dell’antichità. “Eppure di lui non sappiamo quasi nulla spiega Stewart. “Si racconta che, quando Siracusa venne assediata dai Romani, intorno al 212 a.C., un soldato venne mandato a chiamarlo e lo trovò intento a osservare un diagramma tracciato nella sabbia. Non riuscendo a ottenere la sua attenzione lo infilzò con la spada. Le ultime parole del saggio furono: non mi rovinare i cerchi! Conoscendo i matematici, trovo il racconto del tutto plausibile”. Ma chi sono, dunque, i matematici? Anzitutto, individui capaci di astrarsi dalla materia e dal tempo. La loro attività mentale è così estrema che si potrebbe dubitare della sua attinenza con la realtà. Di qui l’assillo dei filosofi: siamo noi a inventare la matematica o la deduciamo dalle leggi che regolano l’universo? “Il cervello umano tende a cercare attorno a sé dei pattern, cioè schemi e modelli ricorrenti, e a volte crede di trovarli anche dove non ci sono” ammette Stewart. “Perciò qualcuno afferma che la realtà è un prodotto della nostra immaginazione. Il biologo Jack Cohen ed io abbiamo scritto però Figments of Reality (prodotti di realtà), che parte all’idea opposta: il nostro cervello produce secondo certi schemi perché si è evoluto in un mondo effettivamente piano di pattern, e saperli cogliere aumenta le nostre chance di sopravvivenza”. Anche se questa capacità portata all’estremo non sempre si accompagna al senso pratico. L matematico Alan Turing, celebre per aver contribuito alla decrittazione dei messaggi cifrati nazisti (secondo gli storici accorciò la guerra di quattro anni). Aveva una bicicletta a cui spesso si staccava la catena. Fece una serie di calcoli e ne dedusse che questo succedeva ogni volta che la catena si trovava in una certa configurazione con la ruota. Fu così in grado di prevedere l’evento e, quando stava per verificarsi, eseguiva una manovra per evitarlo. Il pattern era giusto, ma, praticamente, per risolvere il problema sarebbe bastato cambiare un raggio. “Quasi tutti i matematici hanno un intuito visivo, nel senso che ragionano sui problemi usando immagini mentali” spiega Stewart. A un certo punto “vedono” la soluzione, spesso nei momenti più impensati: Henri Poincaré “scoprì” le cosiddette funzioni fuchsiane mentre saliva su un omnibus. “È il matematico che mi impressiona. È arrivato vicino a scoprire la relatività ristretta prima di Einstein, ha lavorato in molte aree della matematica e a ciascuna ha fatto fare grandi progressi”. Secondo Stewart, nel mondo dei numeri proprio la multidisciplinarietà potrebbe essere il segreto di una carriera lunga e feconda. “È vero che spesso i lavori più rivoluzionari sono prodotti dai giovani, forse perché i più anziani hanno assorbito tanta matematica, che la loro mente tende a percorrere sempre le stesse vie. Però c’è anche chi rimane creativo fino alla fine. Max Newman, uno dei maestri di Alan Turing, risolse un problema fondamentale di topologia importante branca della matematica moderna a settant’anni. E cambiare spesso campo di ricerca può aiutare molto: ringiovanisce il pensiero”. Tra i matematici citati da Stewart molti sono cresciuti in famiglie intellettuali. Augusta Ada King, considerata il primo programmatore di computer (agli inizi dell’Ottocento capì che una singola macchina avrebbe potuto svolgere qualsiasi compito, purché le si desse la giusta sequenza di istruzioni, era figlia del poeta Lord Byron, Sofja Kovalevskaja, “probabilmente la più grande scienziata del suo tempo”, crebbe con Fédor Dostoevskij che le gironzolava per casa. Se ne infatuò ancora scolaretta, ma lo scrittore chiese la mano di sua sorella (che rifiutò). Il talento per i numeri, d’altra parte, non è affatto un’esclusiva di chi viene dalle classi colte: Srinivasa Ramanujan, nato in India nel 1887, povero e in gran parte autodidatta, “scoprì formule che nessun altro avrebbe mai neppure sognato” e ancora oggi si studiano i suoi quaderni in cerca di nuovi modi di pensare”. Poi ci sono stati gli animi turbolenti: il francese Evariste Galois morì in duello per una giovane donna i 1° giugno 1832. Aveva vent’anni e passò la notte prima della sfida fatale a scrivere una sintesi delle sue ricerche matematiche. Ma la peggiore testa calda fu forse l’italiano Girolamo Cardano, “un duro se mai ce n’é stato uno”, bullo e giocatore d’azzardo; nel 1570 calcolò l’oroscopo di Gesù, poi pubblicò un libro in cui lodava Nerone per aver martirizzato i cristiani; fu accusato di eresia e imprigionato. Scrisse però uno dei più importanti testi di algebra. Dicono che si suicidò perché aveva predetto la data della sua morte e l’orgoglio professionale gli impediva di sbagliare la previsione. Il libro di Stewart tratta, infinite, un aspetto molto particolare della ricerca matematica: il ruolo dell’emozione estetica. Sofja Kovalevskaja si innamorò della materia, ben prima di sapere cosa fosse, quando tappezzarono parte della sua cameretta con le pagine di un vecchio testo sul calcolo differenziale. D’altronde è noto che per lodare un teorema lo si definisce elegante. “La matematica elegante è un misto di sintesi, penetrazione e sorpresa” spiega Stewart. “Evita calcoli lunghi e tediosi. E contiene sempre una nuova idea”.
Giulia Villoresi – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica – 6 luglio 2018 -

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