Se Ci Mettessimo d’accordo
sul significato dei termini potremmo diradare l’enorme confusione che regna nel
dibattito politico dei nostri giorni. Dovremmo per esempio sfrondare il termine
“democrazia” da quell’alone di magia che lo rende strumento di potere nelle
mani di un Bush Jr. esportatore della democrazia in Iraq, o alibi di Stati che
ondano sul consenso democratico più o meno manipolato regimi oppressivi nei
confronti di altri Paesi o delle minoranze interne. E non mi riferisco soltanto
alla Russia di Putin, alla Turchia di Erdogan, o all’Israele di Netanyahu,
visto che anche negli Usa di Trump, nel Regno Unito della Brexit e anche in
Italia si stanno affermando “democraticamente” istanze che fanno a pugni con la
democrazia, la quale può esistere solo dove c’è fratellanza, che è il mezzo
naturale per mettersi d’accordo pacificamente. Ma la fratellanza appartiene
all’area del “sacro” che sfugge alla ragione, e per questo è mal gestito nei
razionalissimi tempi moderni. E’ quindi necessaria un atto di fede
nell’esistenza di quel sacro (senza ovviamente strumentalizzare anche quello)
per avvertire quel sentimento, e dare finalmente sbocco a una tendenza positiva
che si avverte da sempre, nelle società di tutti i tempi. Sono interessatissimo
a un suo commento in proposito. Gianni
Caserza gianni.caserza@gmail.com
Se Ho Capito Bene il suo ragionamento lei dice che la
democrazia è praticabile solo se è acquisita la nozione di fratellanza. Ma
siccome la fratellanza appartiene all’area del sacro che è irrazionale, per
accedere alla fratellanza, e quindi alla democrazia, occorre la fede. Da parte
mia penso che la democrazia sia “un’idea regolativa” in senso kantiano, ossia
un’ideale da realizzare più che qualcosa di raggiunto e attuato. La democrazia
fu ideata da Platone, che però la riteneva praticabile solo se il popolo avesse
raggiunto un livello di conoscenze che gli consentisse di argomentare quando c’erano
decisioni da prendere, senza lasciarsi influenzare dall’oratoria dei retori e
dei sofisti. Siccome questa non era la condizione di Atene. Platone ritenne
fosse più opportuno che la città fosse governata dai “migliori”, gli aristoi,
quindi dall’aristocrazia. Per limitarci all’Occidente, dopo l’antica Grecia di
democrazia non c’era traccia nella Repubblica e tanto meno nell’Impero Romano,
a cui seguì senza democrazia il Sacro Romano Impero, quindi in Italia, dopo l’esperienza
comunale, le signorie e i principati, nel resto dell’Europa l’assolutismo,
temperato nell’Ottocento dall’introduzione delle Costituzioni dopo l’esperienza
napoleonica. Nel Novecento abbiamo assistito al fascismo, al nazismo, al comunismo
e, solo dopo la Seconda guerra mondiale, a una pallida democrazia espressa dal
voto concesso per la prima volta anche alle donne. Ma come non si stancava di
ripetere il politologo Giovanni Sartori, la democrazia non si riduce all’atto
di andare a votare perché, a più riprese lo ribadiva, le votazioni sono solo un
modo di eleggere i capi, mentre la democrazia è ben altro: è dare a tutti pari
opportunità. Cosa che trova la sua attuazione nello “stato sociale”, le cui
garanzie oggi sono sempre più ridotte. Eppure, senza ver ancora conquistato una
vera democrazia, noi occidentali abbiamo deciso ancora di esportarla in Medio
Oriente con i disastri che sono ancora oggi sotto gli occhi di tutti. Anche perché
quando noi occidentali diciamo, con una buona dose di ipocrisia, di voler
esportare i diritti umani e la democrazia, quando questi valori confliggono con
le esigenze del mercato, alla fine restano soddisfatte solo queste esigenze e
sacrificati diritti umani e democrazia. Certo, come lei dice, la democrazia per
attuarsi ha bisogno anche di un clima di fratellanza, che però non affonda le
sue radici nell’area del sacro, perché la fraternità, come lei ricorda, era
insieme all’uguaglianza e alla libertà, uno degli ideali dell’Illuminismo, che
si era affermato proponendo un’ideale di società che non fosse regolata da
principi religiosi come era prima della Rivoluzione Francese. La fraternità ha
senz’altro una parentela con l’amore che è il primo comandamento della
religione cristiana, ma anche questo comandamento non affonda nell’area del
sacro e non ha bisogno della fede per essere compreso, se mai ha bisogno della
buona volontà per essere attuato. Introdurre la fede come fondamento della
fraternità, intesa a sua volta come fondamento della democrazia, mi pare che
conduca diritto diritto a una concezione teocratica della nostra convivenza,
che è l’esatto contrario della democrazia, la quale, anche se non ancora
compiutamente conquistata, ha come sua essenziale caratteristica quello di
prescindere dalla fede dei membri delle società che la vogliono adottare.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di La Repubblica – 23 giugno 2018 -
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