Ho letto “Cesare”, il libro Loy (edito da Einaudi),
tutto d’un fiato. Spronato dalle lunghe, frequenti citazioni che fanno delle
centotrenta pagine anche una rapida, ma intensissima antologia degli scritti di
Cesare Garboli. Il quale è il protagonista di un racconto che non è la sua biografia,
ma un abbraccio della scrittrice che ha condiviso larga parte della sua vita.
L’espressione antologia è del resto abusiva. Eccessiva. I brani estratti dalle
numerose opere dell’appassionato e appassionante critico – il nostro eroe
- sono ben lontani da riassumere anche
in minima parte il suo lavoro, e si guardano bene dal pretenderlo: servono però
al lettore – lettore a entrare nell’intimità del rapporto fra Rosetta e Cesare.
Benché conosciute, quelle citazioni suonano come confidenze, danno un ritmo e
un senso al racconto. Accompagnano un’intimità molto affollata, poiché la
coppia condivide con i personaggi della letteratura la sua esperienza amorosa. Avanzando nella lettura di “Cesare” ho l’impressione che la coppia viva a tratti con
Pascoli, con Penna, con Chateaubriand, con Delfini. Rosetta dà a quella che è
una memoria sentimentale la dimensione di un resoconto letterario. Nel quale
Carlo Cecchi, l’amico fedele, ma anche il collaboratore assiduo, è spesso
presente. Lo sarà fino alla morte di Cesare. Cesare, dice Rosetta, non amava in modo particolare
l’autore dei “Memoires d’outre-tombe”. Ma poi tra lui Fançois-René de
Chateaubriand si stabilirà un rapporto tanto intenso da spingerlo a percorrere
molti dei luoghi in cui lo scrittore e diplomatico ha vissuto, partendo da
Saint Malo, suo luogo di nascita sulla costa bretone. Cesare e Rosetta passano
da Saint Malo a Combourg, dove Chateaubriand ha vissuto l’infanzia e
l’adolescenza, e poi vanno a Brest, sempre n Bretagna, da dove ha raggiunto
l’Inghilterra suddivisa in cinque capitoli alle Memorie d’oltretomba,
pubblicate in due volumi nel novembre 1995, Garboli sente il bisogno di
conoscere i luoghi dove Chateaubriand ha vissuto o è passato. Ed è in sostanza
con lui, con lo scrittore e diplomatico morto da un secolo e mezzo, che Cesare
e Rosetta compiono il viaggio nella Francia che amano. Cesare in particolare. Ma il grande compagno di Garboli, compagno defunto, ma più che mai vivo, è Molière. E’ stato
scritto che Molière gli ha cambiato la vita. E’ stato per lui rivelatore: la
svolta che gli ha fatto prendere coscienza. Tartuffe è un personaggio centrale
della popolata intimità che accompagna la coppia disegnata nel libro di Rosetta
Loy. L’amico Cecchi non lo interpreta soltanto sulla scena, partecipa alla
riscoperta di Tartuffe che per Garboli non è più un ipocrita, ma uno
psicanalista ante-litteram: “un medico, ma anche un intellettuale dal sorriso
accomodante e dai denti di lupo”. Garboli scava in Molière, forse è il cantiere
che più l’ha appassionato nel mondo letterario. Quel mondo letterario è come un Olimpo in cui al posto
degli dei mitologici sono poeti, scrittori, attraverso le loro opere. Cesare si
porta dietro quella società gremita di nobili fantasmi che hanno superato l’esistenza
terrena grazie ai loro scritti. Tra numi e mortali si crea una privilegiata
promiscuità. La compagnia è folta, comprende Giovanni Pascoli, che Cesare trova
divertente, molto divertente, ma che per opinione largamente accreditata è
anche un poeta di eterno lugubre piagnisteo. Il critico si chiede se è
possibile essere divertenti senza essere euforici. E subito traccia un profilo
di Pascoli, poeta antico, antichissimo, invaso dal moderno. E anche poeta “dell’oscurità,
dell’incubo e del maleficio di esistere, ed esploratore di tutta la vita che
non avrà mai nome e non avrà mai forma”. Il rapporto d’amore, tra il poeta e il
proprio io represso, è vissuto come un sacrificio. Sacrificio (complicità) che
produce il gioco. Rosetta Loy scioglie l’abbraccio protratto per 130 pagine
citando versi di Metastasio prediletti da Cesare: “Siam navi all’onde
algenti,/lasciate in abbandono./ Impetuosi venti i nostri affetti sono, ogni
diletto è scoglio./ Tutta la vita è mar”.
Bernardo Valli – Dentro E Fuori – L’Espresso – 8 luglio 2018 -
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