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martedì 31 luglio 2018

Speciale: Golosità salate!...


Frittelle di Pomodoro di Santorini, ricetta Greca
Per 4 persone

8 pomodori maturi, 1 cipolla, 1 cucchiaino di zucchero, 200 gr di farina, 25 gr di lievito in polvere, olio, sale, pepe.

Lavate, pelate e riducete a pezzi i pomodori, eliminando i semi. Fate scolare l’acqua di vegetazione, mettendoli in un colino.
Metteteli nel mixer, unendo anche una cipolla ridotta a fette, 200 gr di farina e il lievito in polvere, sale q.b., un cucchiaino di zucchero, una presa di pepe. Dovrà risultare una pastella densa, di cui si potrà correggerne la densità o con altra farina o con un po’ d’acqua.
Scaldate abbondante olio in una padella, versatevi la pastella a cucchiaiate, cuocendo le frittelle da entrambi le parti. Servitele calde con foglie di menta.

Crostata Vegetariana di Funghi
Per 4 persone

350 gr di funghi, qualche rametto di prezzemolo, 2 spicchi d’aglio,  ¼ di lt di panna , 60 gr di parmigiano grattugiato, 3 uova, olio evo sale.

Per la pasta frolla: 300 gr di farina, 150 gr di burro, 3 tuorli, 1 cucchiaio d’olio, un pizzico di sale.

Preparare la base della crostata:
In una terrina, ammorbidite il burro con un cucchiaio di legno, unitevi il sale, i tuorli d’uovo, la farina e poca acqua. Lavorate l’impasto velocemente, fatene una palla che metterete a riposare per 30 minuti, coperta con un tovagliolo in frigorifero.

Lavare i funghi con cura velocemente sotto l’acqua corrente, asciugarli e affettarli sottilmente. Farli stufare in una padella per 5 minuti con tre cucchiai d’olio, regolando di sale e aggiungendo verso la fine della cottura un trito di prezzemolo e aglio.
Trascorsa la mezz’ora, tirare la pasta non troppo sottile, oliare una tortiera, disporvi la pasta che ricopra il fondo e le pareti. Sul fondo coprire con una carta oleata e una manciata di fagioli secchi. Cuocere in forno preriscaldato a 180° per 15 minuti.
Nel mentre sbattete le uova con la panna, salare e insaporire con un pizzico di peperoncino, senza esagerare!
Trascorso il tempo di cottura per la crostata, levarla dal forno, eliminare fagioli e carta oleata. Versarvi uno strato di funghi cotti, coprirli con la crema di uova e spolverizzare con il parmigiano, quindi fare un altro strato con i rimanenti funghi e terminare con il residuo di crema. Infornare a 160° per 20-25 minuti. Servirla calda o tiepida. Deliziosa!

Sformato di Melanzane e Agnello, Al Magluba, ricetta Araba
Per 6 persone

500 gr di carne di agnello tagliata a spezzatino, 8 bicchieri di acqua, 1 cucchiaio di sale, 50 gr di pinoli, 50 gr di mandorle crude, 300 gr di riso basmati, 100 gr di burro chiarificato (se possibile quello arabo di nome samma), 1 cucchiaio di fulful bahar (miscela di spezie simile al curry con paprika), ½ cucchiaino di zafferano, 2 bicchieri di olio. Yogurt cremoso una confezione.

Sbucciare le melanzane e tagliarle a fette rotonde, non più spesse di 1 cm. Friggerle in una padella con olio a fuoco moderato e disporle su un piatto foderato con carta da cucina ad assorbire l’olio in eccesso. Lavare bene la carne e bollirla in acqua a fuoco lento in una casseruola, eliminando la schiuma a mano a mano che si forma, poi aggiungere le spezie, il sale e coprire col coperchio. Lasciare cuocere per mezz’ora e successivamente separare la carne dal brodo. Nel frattempo lavare il riso sotto l’acqua corrente in un colino, scolarlo. Ungere una casseruola bassa con un po’ di burro e disporvi gli ingredienti a strati. Cominciare con la carne, poi le melanzane fritte e infine il riso, distribuito in modo uniforme. Aggiungere il brodo lentamente per non disfare gli strati, fino a che tutti gli ingredienti siano coperti almeno due centimetri. Rimettere il coperchio e cuocere a fuoco alto per 5 minuti, abbassare il fuoco e continuare la cottura per altri 30 minuti. Spegnere e lasciare riposare per due minuti. Togliere il coperchio, appoggiare sulla casseruola un piatto da portata e far scivolare il contenuto sul piatto, come se fosse uno sformato. Sollevare la casseruola lentamente, la maqluba apparirà nella sua forma abituale. Guarnire infine con i pinoli e le mandorle, prima dorati nel burro. Accompagnare la maqluba con yogurt cremoso.

lunedì 30 luglio 2018

Lo Sapevate Che: Romanicità afroasiatica: benvenuti a casa tutti...


All’Incrocio Dei Vicoli romani dove aspetto il taxi con la faccia immersa nel solito schermetto del telefonino, un chiasso di ragazzini mi scuote dalla noia dell’attesa, lanciandosi bordate di “’a coso”, “’a cosa”, “ma ‘ndo vai” e qualche insulto sanguinosamente infantile che il romanesco riesce a rendere tollerabile. Scrollo gli occhi dallo schermo del telefonino e li guardo, perché so chi sono quei ragazzini e so dove vanno: salgono sulla stradina ripida che li porta allo stesso istituto di suore che il più piccolo dei miei figli, Guido, frequentò quasi quarant’anni or sono, quando vivevano a Roma. E uno di loro meraviglia delle coincidenze che scuotono la memoria, si chiama proprio Guido, anzi, “‘a Guidoooo”. Ma questo Guido è molto diverso dal mio. E’ un bambino nerissimo di carnagione, gli occhi bianchi che roteano al cielo spazientiti per il comportamento dei compagni più lenti. Neanche loro somigliano neppure lontanamente a mio figlio, per colorito e per il romanesco che snocciolano. Sono quasi tutti di sangue africano, con qualche eccezione di sangue asiatico (mi azzardo a pensare Filippino o cingalese) e pochissimi di pelle chiara, una minoranza, tutti nelle loro semplici uniformi imposte ancora dalle suore. Sono i nuovi romani, non so con quali passaporti, certificati, permessi, pezzi di carta identitaria, adozioni, che riempiono i vicoli stretti dell’antica Suburra. Con l’eco delle loro voci come generazioni prima di loro, parlando il dialetto delle strade nelle quali sono cresciuti meglio dei recenti abitanti del quartiere, ormai da anni “de-romanizzato” e popolato da stranieri più stranieri di loro, anche se con la pelle rosea, i capelli biondo-castani, i passaporti italiani o europei. Roma è la loro città, più “oro” di quanto sia mia che pure vi possiedo un appartamento da quarant’anni e pago tasse al Comune; e si capisce da come si muovono, con la sfrontata padronanza dei ragazzini, che la sentono loro. Che sanno di essere a casa. Bambini africani e asiatici che in queste stradine aggrappate ai vecchi Fori e ai Mercati sono di casa da millenni. Quando i loro lontanissimi antenati siriani, egizi, numidi, daci greci, bianchi e non bianchi brulicavano in cantieri, templi e botteghe da schiavi, liberti, costruttori, tagliapietre, usurai, mercanti, viaggiatori, ladri, soldati. Sono più straniero io, italiano che ancora porta l’ignominia della dizione “Razza ariana” sul certificato di nascita emesso sotto l’egida della Repubblica di Salò nel 1944, all’incrocio di quei vicoli romani aspettando il taxi. Eppure dovrei essere io ad aver paura di loro, come se fossero loro i saccheggiatori della mia ricchezza, quando ogni pietra, ogni capitello, ogni obelisco di questa Roma racconta la storia dei saccheggi che i miei antenati compirono sui loro, succhiando ricchezze e spoglie per gonfiare la città di gloria, a cominciare da quel Colosseo che si intravede alla fine del vicolo, eretto con le ricchezze di Gerusalemme e dei Giudei soggiogate con violenza dalle legioni imperiali. I nuovi romani mi guardano male, strano signore bianco di pelle e di pelo, intento a fissarli mentre giocano e si scambiano l’ultimo e più sicuro degli attestati di romanità, “’a laziale der ca…”, “’a romanista de mme…”. E hanno ragione di aver timore, perché loro guardano in me il passato e io in loro il futuro. “Guido, ti chiami Guido? Come mio figlio che andava alla tua stessa scuola, sai?”, “Ah, e amme chemme frega?!”. “Da dove vieni?”. “Da casa mia”, e corre via, ridendo coi compagni a una domanda così cretina. Sono io che vengo da lontano. Lui, il romanino nero, è a casa sua.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 30 giugno 2018 -

domenica 29 luglio 2018

Speciale: Di tutto un pò!...


Crema di Melanzane: Melitzanosalta, ricetta Greca
Per 6 persone

2 melanzane, 1 cipollotto, un ciuffo di prezzemolo, aceto di vino bianco, olio, sale e pepe.

Lavare le melanzane, bucherellarle con i rebbi di una forchetta e farle cuocere in forno preriscaldato a 190° per 40 minuti, finché risulteranno morbide. Toglierle dal forno, farle raffreddare, privarle della buccia e dei semi interni, metterle in un colapasta, adagiarvi sopra un piatto e premerlo per far fuoriuscire l’acqua di vegetazione. Frullare la polpa divisa a pezzetti, unendo 3 cucchiai d’aceto e un pizzico di sale e pepe. Versare il composto in una ciotola, aggiungere il cipollotto, pulito, tritato finemente, il prezzemolo lavato e tritato e infine poco alla volta, 1 dl di olio, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno.

Correzioni alla salsa:

          Si possono aggiungere 2 cucchiai di maionese
          Si può sostituire l’aceto col limone
          Si può aggiungere 1 cucchiaio di pomodoro fresco tritato fine
          Si può aggiungere 1 spicchio d’aglio tritato fine.

Da consumare con crostini di pane grigliato integrale o non, o per accompagnare carni e pesci.

Crema di Yogurt e Cetrioli: Tzatziki, ricetta Greca
Per 4 persone

250 gr di yogurt greco, 1 cetriolo, 1 spicchio d’aglio, 1 cucchiaio di aceto, olio, sale e pepe.

Sbucciare l’aglio e tritarlo finemente, pelare il cetriolo, grattugiarlo con una grattugia a fori larghi e metterlo in un colino, salarlo e farlo riposare per 20 minuti, finché perda l’acqua di vegetazione. Mettere lo yogurt in una ciotola, aggiungervi il cetriolo grattugiato, ben strizzato, l’aglio tritato e mescolare gli ingredienti. Unire poco alla volta 3 cucchiai d’olio, un cucchiaio di aceto, un pizzico di pepe. Regolare di sale, mescolare sino ad ottenere una salsa omogenea. Farla riposare in frigorifero per almeno un’ora.
Nota – In mancanza di yogurt greco, si può usare yogurt naturale intero, facendolo colare attraverso a un telo per un’ora.

Crema aromatica Tzatziki, ricetta Greca
Per 6 persone

250 gr di yogurt greco (o altro molto compatto), 2 spicchi d’aglio, 1 cetriolo, prezzemolo o aneto, olio, sale. Per accompagnare pane pita e olive nere snocciolate.

Togliere la pelle agli spicchi d’aglio e spremerli in una terrina, aggiungendovi 6 cucchiai di yogurt, salare e amalgamare bene. Lavare e asciugare il cetriolo, non togliere la buccia, spuntarlo, grattugiarlo usando i fori larghi di una grattugia e strizzandolo con le mani, per eliminare il liquido interno. Unire il ricavato allo yogurt, mescolare e chiudere la terrina con pellicola, lasciandola in frigorifero per almeno 2 ore. Versare la salsa nei singoli piatti, condendola con poco olio e cospargendola con l’erbetta spezzettata. Servire accompagnando con pane pita e olive nere.

Crespelle con Ragù di Carne al forno
Per 4 persone

50 gr di burro, 500 gr di ragù di carne, (segue ricetta), 70 gr di pecorino grattugiato, sale e pepe nero.

Per il ragù di carne: 500 gr di polpa di vitello tritata, 2 carote, 2 cipolle rosse, 2 gambi di sedano, 1 bicchiere di olio evo, 2 spicchi d’aglio tritati, 2 cucchiai di prezzemolo tritato finemente, 2 bicchieri di vino rosso, 1 kg di pomodori pelati e tritati ( anche in scatola), i foglia di alloro, un rametto di rosmarino, scorza di limone, brodo q,b, se necessario anche vegetale, sale e pepe nero
Tritare tutte le verdure e farle rosolare con la scorza di limone in due cucchiai d'olio in una padella. Nel mentre in un tegame far colorire la carne con gli spicchi d'aglio e il rosmarino e la foglia di alloro nel rimanente olio sin che non risulti più rosa. Aggiungervi le verdure rosolate, i pomodori pelati e tritati, regolare si sale e pepe nero. Far cuocere a fuoco dolce aggiungendo brodo caldo quanto e quando occorra. Lasciare cuocere per 30 minuti. A fine cottura togliere scorza di limone e il rametto di rosmarino.

Per le crespelle:
2 uova, 100 gr di farina bianca, 1,5 dl di latte

Per le crespelle: lavorare le uova in una ciotola, mettere la farina e un pizzico di sale in una terrina capiente, unire gradualmente il latte, mescolando bene onde evitare la formazione di grumi. Aggiungere le uova e amalgamare bene il tutto. Coprire con la pellicola trasparente e tenere in frigorifero per 30 minuti. Scaldare il forno a 200°. Fare fondere un po’ di burro in una padellina di circa 15 cm di diametro. Unire 2 cucchiai di pastella e far ruotare la padella in maniera da distribuirla uniformemente. Fare dorare la crespella, rigirarla e farla cuocere anche sull’altro lato. Ripetere il procedimento fino ad esaurimento degli ingredienti. Arrotolare le crespelle mettendo dentro due cucchiai di ragù e arrotolarle e disporle in una teglia che possa contenerle tutte in un solo strato. Condire con il ragù rimasto la superficie, spolverare con pepe. Far cuocere in forno preriscaldato a 200° per 10 minuti, fino a ottenere una leggera doratura. Servire. Deliziose

Spiedini di Cozze alla Turca, ricetta Turca
Per 6 persone

20 cozze di grossa taglia, 1 tazza di farina, 1 bicchiere di birra chiara, 1 vasetto di yogurt intero al naturale, 2 fette di pane raffermo senza crosta, 70 gr di noci, 2 spicchi d’aglio, 2 cucchiai di limone, 2 cucchiai di olio evo, sale pepe e un cucchiaino di aneto fresco tritato.
                                                             .
Lavare bene le cozze e scottarle appena in acqua bollente per farle aprire.
Nel mentre preparare una pastella non troppo fluida, mescolando la farina con la birra e un pizzico di sale.
Infilzare quindi i frutti di mare in piccoli spiedini di bambù, 3-4 alla volta, napparli nella pastella e farli friggere in una padella con abbondante olio in ebollizione, finché saranno dorati da tutte le parti. Fare assorbire l’olio in eccesso su carta assorbente da cucina.
Servire gli spiedini di cozze ben caldi con una spolverata di sale, accompagnandoli con una salsa (tarator) preparata così: bagnare il pane per qualche minuto, poi strizzarlo con le mani per far uscire un po' d’acqua. Passare al mixer le noci, aggiungere il pane inzuppato, l’aglio e il succo di limone, mescolare gli ingredienti, metterli in una ciotola e aggiungere lo yogurt, due cucchiai d’olio evo, regolare di sale e pepe. Tenere in frigorifero sin al momento del consumo. Servire con dell’aneto fresco tritato.

 Spiedini con Scamorza
Per 4 persone

500 gr di scamorza a fettine, 2 filoni di pane a fettine spesse 1 cm, 6 filetti di acciuga diliscati e dissalati, olio, sale, pepe.

Mettere le fettine di scamorza in un piatto fondo con una salsina fatta con 3 cucchiai d’olio, sale e pepe. Lasciare insaporire per 10 minuti, girandole un paio di volte.
Nel mentre abbrustolire le fettine di pane nel forno preriscaldato a 200° per 2 minuti. Infialare in ogni spiedino una fettina di pane alternata a una di scamorza e terminare con la fettina di pane. Sistemare gli spiedini in una pirofila unta con 2 cucchiai d’olio. Mettere in forno la pirofila a 200° sino a quando il formaggio sia fuso e il pane croccante. Nel mentre sciogliere a caldo i filetti di acciuga in 4 cucchiai d’olio e con la salsina ottenuta, ancora ben calda, cospargere gli spiedini appena tolti dal forno. Servirli.

Bavarese alle Pesche
Per 6 persone

1 kg di pesche mature e dure, ½ lt di latte, 40 gr di burro, 4 tuorli, 3 dl di panna, 280 gr di zucchero semolato, 4 fogli di gelatina in fogli, 1 bicchierino di Grand Marnier.

Pelate le pesche, tagliatele a metà e tagliatele a fette.
In una grande padella con 40 gr di burro caldo fuso, unite le fette di pesche e fatele rosolare a calore moderato per circa 10 minuti. Unite 60 gr di zucchero spargendolo sulle pesche. Alzate il calore e fate caramellare velocemente. Spegnete il fuoco. Mettete i fogli di gelatina a bagno in acqua fredda.
Sbattete i tuorli con 140 gr di zucchero usando una frusta sino ad ottenere un composto spumoso e morbido. Unite il latte intiepidito e mettete sul fuoco mescolando sino ad ottenere una crema densa.
Strizzare bene la colla, unirvi 4 cucchiai del fondo di cottura delle pesche e lasciare raffreddare.
Montare la panna e unirla con delicatezza al composto. Versate il composto in uno stampo conico e mettetelo in frigorifero ricoperto da pellicola per 3 ore. Frullare le pesche col loro succo, lasciandone circa 15 fettine da parte per decorare il piatto di portata.
In una padella fate caramellare 80 gr di zucchero, unite la purea di pesche, il bicchierino di liquore e mescolate delicatamente per pochi minuti.
Capovolgete il bavarese, immergendo per qualche secondo il contenitore in acqua calda, su di un piatto di portata. Mettetevi tutto attorno le fettine di pesche tenute da parte. Servite con la crema di pesche ormai fredda. Una fresca delizia!

sabato 28 luglio 2018

Lo Sapevate Che: Il Memoriale segreto di Mastro Geppetto scritto nella balena



Un ‘opera d’arte è spesso molte cose insieme. Va in questa direzione Nel ventre della balena di Edward Carey, che prima di tutto è un libro, o meglio un diario, l’impossibile taccuino tenuto da mastro Geppetto dopo essere stato inghiottito dal cetaceo (ma l’originale lo chiama “pescecane”) mentre cercava in mare il suo Pinocchio: “Scrivo questo resoconto, fra le pagine del libro di un altro, a lume di candela, dentro la pancia di un pesce…”. Per lo scrittore e illustratore inglese, autore della saga gotica Iremonger, Le avventure di Pinocchio è “il libro più importante di tutti”. Ma sui due anni trascorsi dal falegname dentro il mostro marino Collodi si diffonde poco, Da sempre affascinato dalle scritture dell’immaginario, è proprio in tale assenza che Carey legge un’opportunità, uno spin-off in cui è Geppetto a parlare di sé: rimasto solo, si fa strada nell’enorme ventre umido e buio, dove trova ad accoglierlo un’imbarcazione (la goletta Maria varata a Copenaghen e affondata a Capo Horn intorno al 1876) che per lui vuol dire cibo, gallette e carne in scatola, e quattro casse di candele con cui illuminare quel buio eterno che sembra una morte. Ed è la paura della morte a spingere Geppetto. con pennelli creati dalla sua barba – a scrivere le storie che ha dentro, scivolando inevitabilmente nel raccontare la propria: il padre ceramista sempre deluso da lui, la madre morta di colera quando era ancora piccolo. Il primo amore per Agnese, la figlia del macellaio. Soprattutto, racconta la solitudine: “Lo striscio dietro le quinte della vita” annota con mestizia. A salvarlo però, pensano le sue mani: “Sarei forse sparito del tutto, non fosse che facevo il falegname. La mia arte è più audace di quanto io non sia”. Così, come con Pinocchio prima, anche adesso a bordo della goletta Geppetto decide di popolare la sua solitudine, intagliando e scolpendo i materiali di cui dispone: ossa, legno, ceramica, cera. Ed è qui, nell’effetto della molteplicità (per usare una parola cara a Calvino) che Carey crea la sua opera d’arte: oltre a prestare la voce a Geppetto, l’autore ha anche fabbricato gli oggetti con cui immagina che il falegname rammemori la sua vita. Sfilano così, insieme agli acquerelli dei personaggi della favola originale, una finestra aperta su un paesaggio dipinta sull’anca di un animale o un bambino di nome Otto costruito con pezzi di ceramica diversi: e ancora i pennelli da barba, i ritratti dei volti amati dipinti sul legno delle assi della nave, una piccola statua di cera di candela che raffigura Geppetto solo e pensoso, in attesa di riabbracciare il suo “adorato Pinocchio”. Sculture e dipinti sono adesso esposti – fino al 2 settembre – proprio nel parco di Pinocchio a Collodi (Pistoia), nella mostra curata da Alba Donati e promossa dalla Fondazione Carlo Collodi in collaborazione con la Milanesiana di Elisabetta Sgarbi. (..).
Angelo Molica Franco – Cultura – Il Venerdì di La Repubblica – 13 luglio 2018 -

venerdì 27 luglio 2018

Speciale: Il Pesce nel piatto!...


Questo è il mio menù per la giornata odierna:

Polpo all'Insalata con Crema di piselli               
Per 6 persone

Un chilo di polpo, 2 spicchi di aglio, un piccolo mazzetto di menta, un bicchiere di vino bianco e un bicchiere di aceto bianco di vino, ½ limone spremuto, un peperoncino rosso, 150 gr di piselli (anche congelati), 1 confezione di yogurt greco, olio evo sale. (per la cottura del pesce: una cipolla, 1 spicchio d’aglio, un gambo di sedano, una foglia d’alloro)

Far cuocere il polpo in abbondante acqua in cui avrete fatto bollire per 20 minuti una cipolla, uno spicchio d’aglio, un gambo di sedano e una foglia di alloro per circa 40 minuti: (controllarne la cottura con i rebbi.
Scolarlo, ridurlo a tocchetti e farlo marinare per 15 minuti nell’aceto mescolato col vino, 1 spicchio d’aglio schiacciato e qualche foglia di menta.
Far cuocere i piselli con un cucchiaio d’olio per 10 minuti, frullarli unendo mezzo spicchio d’aglio, lo yogurt, sale e olio q.b. a ottenere una salsa spalmabile.
Scolare il polpo dalla marinata e condirlo con una salsina preparata al mixer con mezzo limone spremuto, mezzo spicchio d’aglio residuo, le foglie di menta residue (prima tritate) e il peperoncino rosso (facoltativo). Servirlo tiepido con la salsa preparata.

Spaghetti in crosta di pane con le Vongole
Per 4 persone

350 gr di spaghetti, 1,5 kg di vongole, 700 gr di pasta da pane già pronta, 2 spicchi d’aglio, 350 gr di polpa di pomodoro, prezzemolo, vino bianco secco, olio, sale e pepe.

Spazzolate bene e lavate accuratamente le vongole sotto l’acqua corrente.
Mettetele in un largo tegame con ½ bicchiere di vino bianco e lasciate aprire a fuoco veloce e tegame coperto. Toglietele con un mestolo forato, sgusciatele, tenendone 20 col guscio. filtrate il liquido di cottura. Versatelo in un tegame con 6 cucchiai d’olio, gli spicchi d’aglio sbucciati, interi, la polpa di pomodoro. Lasciate consumare a fuoco vivace per 10 minuti, ed eliminate l’aglio. Aggiungetevi tutte le vongole, regolate di sale, pepate e unite un cucchiaio di prezzemolo tritato. Mescolate e spegnete il fuoco.
Cuocete gli spaghetti in acqua bollente salata, scolateli al dente e raffreddateli rapidamente sotto l’acqua corrente, scolateli di nuovo e conditeli subito con il sugo alle vongole. Stendete la pasta di pane in un grande disco sottile, sistematelo in una grande alta pirofila da forno imburrata e infarinata, facendo strabordare abbondantemente al di fuori la pasta.
Distribuitevi dentro gli spaghetti conditi, sigillate bene la pasta con le dita umide, fino a formare un cartoccio. Mettete in forno preriscaldato a 250° per 20 minuti. Servite subito, aprendo il cartoccio in tavola. Una delizia!

Granita al Caffè
Per 4 persone

200 gr di zucchero, 4 tazze di caffè forte, 3 cucchiai di panna montata, alcuni chicchi di caffè.

Fate sciogliere lo zucchero in ½ lt di acqua a fuoco medio, aggiungete le tazzine di caffè e lasciate raffreddare.
Mettete il liquido in un recipiente basso e mettete nel freezer sia che sia ghiacciato. Grattatelo con i rebbi di una forchetta e sistemate il ghiaccio nei singoli bicchieri. Aggiungete in ognuno qualche granello di caffè.
Guarnite con panna montata e ancora un chicco di caffè.

Buon pranzo e buon fine settimana ciao! ♥

giovedì 26 luglio 2018

Lo Sapevate Che: Primo Levi inedito: "Ecco perchè amo la musica"...


 La “Carmen” di Bizet, Beethoven suonato dal padre e persino Wagner, del quale sceglie di ascoltare “L'olandese volante”. Così il grande scrittore si confessò sul rapporto che aveva con le note
 DI PAOLO TERNI

Primo Levi non è noto per essere intervenuto mai nel dibattito musicale, e credo che la musica non rappresenti per lui uno degli interessi per i quali abbia voluto prendere posizione. Nonostante questo mi sembra che anche per queste ragioni si possa felicemente indagare insieme a lui se esista una sua dimensione musicale e se in qualche modo la musica rappresenta per lui una qualche curiosità. (...)

Primo, tu hai mai praticato musica?
Quando avevo sei anni, come è usanza nelle famiglie borghesi, i miei genitori mi hanno invitato - anzi costretto - a seguire le lezioni di pianoforte. E io piangevo talmente che hanno dovuto per compassione sospendere questo tentativo; non che non ci riuscissi, riuscivo a fare gli esercizi prescritti, ma senza provare alcuna gioia, anzi questa posizione così forzata delle mani mi dava fastidio e siccome ero un piagnucolone piangevo. La mia educazione musicale attiva per così dire è finita qui.

Quindi un rifiuto quasi immediato, ma più per la costrizione delle mani.
Sì, ricordo molto bene questo: si pretendeva una certa posizione delle mani, molto innaturale con il carpo abbassato e le dita alzate; ed era quasi doloroso. Si sono succedute due insegnanti di pianoforte e entrambe hanno dovuto rinunciare davanti alle grane che piantavo".
(...) Ma ti è mai successo poi di riproporti il problema musicale? Tuo padre ti portava ai concerti?
"Non mi ci portava, ma ci andavo io, negli anni '35 e '40 ho frequentato abbastanza i concerti. E mi sono poi trovato in qualche misura a dover scegliere tra due vie: la via della musica e l'altra. Studiavo tutt'altro, studiavo chimica, andavo in montagna, facevo tutte le cose che fanno normalmente i giovani, e per la musica c'era poco spazio. Ricordo molto bene però l'ingresso della musica in casa nostra sotto forma della prima radio a galena: è stata una rivelazione, veramente. Musica non ce ne era: mio padre suonava il pianoforte, ma non mi piaceva il modo in cui lo suonava, era un suonatore mediocre e molto fragoroso e quando suonava invadeva la casa. (...)

Cosa suonava?
Suonava Beethoven; quasi solo Beethoven. (...) Questi ascolti pianistici paterni non mi dicevano molto, anche perché erano troppo ripetitivi. Viceversa l'ingresso della prima radiolina primitiva, con le cuffie, che ti portava la musica a casa, era un fatto drammatico: io passavo ore a non finire con le cuffie addosso, a sentire tutto, non solo la musica, anche le prime indimenticabili pubblicità della crema e dei primi shampoo. Mi ricordo molto bene per esempio di quando avevo sentito - avevo sei o sette anni - una musica che mi era sembrata molto bella, e avevo poi chiesto a mio padre perché si chiamasse carne. Ed era la Carmen.

C'è una curiosa assonanza considerando il tema della Carmen.
Sì, è molto carnale.

Senti Primo tu mi hai detto che c'era un'evidente differenza tra occuparsi di chimica e interessarsi di musica...
Chiaro che non c'è contraddizione tra studiare chimica e musica o qualsiasi altra cosa: mi viene in mente che Borodin, che io conoscevo come chimico, è assai più celebre come musicista che come chimico. Borodin aveva studiato gli acidi grassi inferiori, quelli più corti, del burro.

Mi viene voglia di conoscere Borodin come chimico, a questo punto. Io penso che troveremo delle curiose affinità non solo per il fatto che ci si può occupare di due cose anche del tutto divergenti insieme, ma vedo proprio delle affinità sostanziali tra il pensiero chimico, o l'oggetto della chimica, e il pensiero musicale, o oggetto della musica.
Ne sono convinto; un ritmo c'è anche in una certa chimica.

Per preparare la trasmissione ci siamo fatti una scaletta di musiche che in qualche modo avevano senso per te. La prima è questa musica tratta dall'Olandese volante di Richard Wagner. Mi puoi dire perché l'hai scelta?
Non sempre è facile giustificare il perché di una scelta, è un po' come innamorarsi, non puoi mica dire perché ti innamori di quella donna e non di un'altra, concorrono diversi fattori. Di questo posso dire quanto segue: lo canticchiava un mio caro amico, chimico anche lui, lo cantava bene, gli ho chiesto cosa era - questo forse nel '41-'42 - e lui mi ha risposto solo: “è L'olandese volante”. Dopodiché pochi mesi fa è stato trasmesso per televisione e io ho ritrovato questo motivo che mi era rimasto. Apro una parentesi: avviene credo a me e a tutti che per i motivi musicali la memoria ha una marcia in più: si ricordano per tutta la vita, si incidono in modo indelebile. Queste poche battute canticchiate allora si erano incise e le ho ritrovate in questa eccellente versione dell'Olandese volante in televisione, ho imparato che era la danza dei marinai, ed è questa.

Questo primo brano è molto sonoro, molto marcato ed è anche di Wagner: hai particolari ragioni per odiare o amare Wagner? Ti sei posto questo problema in relazione a tutti gli eventi che sappiamo.
Direi che ragioni di amarlo non ne ho; di odiarlo nemmeno, perché non sono facile all'odio; ragioni per diffidare di lui come ideologo certamente sì. Quanto alla sua musica per me, salvo questa parentesi, salvo questo caso fortunato, è rimasta inaccessibile; ho provato diverse volte, anche con buona volontà, di risalire la china e non ci sono mai riuscito. Mi sono rassegnato all'indecifrabile come mi avviene per molta musica moderna e antica.

Questa indecifrabilità in che cosa la riconosci? È la parola cantata che ti crea problemi? La lingua tedesca?
La lingua tedesca la conosco abbastanza bene quindi non è questo il problema, ma la scarsa memorizzabilità: come tutti gli ineducati musicalmente mi piace portarmi via in tasca il motivo, e con Wagner non ci riesco mai, o quasi mai (salvo questo caso).

Ma quando ti sei portato a casa un motivo, cosa ne fai?
Lo canterei se sapessi cantare, qualche volta lo canto quando nessuno mi sente, magari lo suono anche sul flauto dolce - perché malamente suono il flauto dolce, molto male. Lo provo con le dita su una tastiera inesistente, me lo ripeto, lo fischio: me lo porto dietro in qualche modo.

E rivisitandolo - collegandoci al discorso della memoria che facevi prima - ti sembra di avere un di più?
Certamente sì; il mio patrimonio musicale è estremamente scarso, però è un patrimonio, è qualcosa che mi porto dietro; questi vari motivi che ho scelto per questo ciclo di trasmissioni non sono dei capricci, sono delle cose a cui tengo abbastanza, per ragioni eterogenee: qualche volta per puri motivi musicali, altre volte perché sono dei sollecitatori di memoria, perché si ricollegano a qualche episodio della mia vita, a qualche cosa a cui ho assistito o che magari ho scritto.

Torniamo al momento in cui tu con l'ingresso della radio a galena hai incominciato a scoprire un po' piú di musica, e all'episodio che mi raccontavi.
Sì mi ricordo molto bene che ero raggomitolato in una poltrona. (...) Forse per la prima volta, certamente la prima volta che io mi ricordo, mi sono sentito toccato dalla musica per motivi strettamente musicali; non erano le parole, che non potevo capire.
Paolo Terni – La Repubblica – 29 maggio 2018

mercoledì 25 luglio 2018

Speciale: Di tutto un pò!...


Speciali Polpettine di Melanzane con Insalata mista
Per 4 persone

300 gr di melanzane, un uovo, 50 gr di parmigiano grattugiato, ½ spicchio d’aglio, un ciuffo di prezzemolo, 50 gr di pane raffermo, latte, un cucchiaio di salsa di pomodoro, scorza di mezzo limone, olio, sale e pepe.

Sbucciate le melanzane, tagliatele a pezzi. Cuocetele in acqua bollente salata, finché saranno morbide. Scolatele, strizzatele e mettetele in una ciotola. Riducetele in crema con una forchetta.
Aggiungetevi un uovo, 50 gr di parmigiano grattugiato, mezzo spicchio d’aglio schiacciato, un ciuffo di prezzemolo tritato, 50 gr di pane raffermo ammorbidito con qualche cucchiaio di latte, un cucchiaio di salsa di pomodoro, una presa di sale, una macinata di pepe e la scorza di mezzo limone grattugiata. Amalgamate il tutto, finché otterrete un composto omogeneo con cui formerete delle polpettine di 3 cm di diametro, che friggerete in una padella con olio ben caldo.
Servite subito accompagnando con una fresca insalata mista.

Sformato Vegetariano con Carote, Funghi e Scamorza
Per 4 persone

650 gr di carote, 1 patata, 300 gr di funghi misti, uno spicchio d’aglio, un ciuffo di prezzemolo, 1 scamorza fresca, 2 uova, 100gr di parmigiano grattugiato, pangrattato, noce moscata, olio evo, sale.

Lavare e pulire le carote e le patate e farle lessare in abbondante acqua salata.
Scolarle, metterle in una terrina e schiacciarle bene con i rebbi di una forchetta, sin ad ottenere un purè dove rimangano pezzettini d verdura.
Unire le uova, un cucchiaio di pangrattato, 70 gr di parmigiano, regolare di sale e noce moscata. Amalgamare bene e lasciar riposare l’impasto per 15 minuti.
Pulire i funghi dalle impurità. con un canovaccio o carta da cucina (meglio non lavarli), affettarli e farli rosolare per 5 minuti in una padella con e cucchiai di olio, lo spicchio d’aglio, il prezzemolo finemente tritato.
Imburrare e spolverare con pangrattato una teglia rettangolare, versarvi una metà del composto di carote e livellare in superficie con l’aiuto di un cucchiaio. Sistemarvi i funghi (lasciarne un po’ da parte per la guarnizione) e la scamorza a fettine e coprire con le residue carote. Guarnire con fettine di funghi, il restante parmigiano mischiato con un po’ di pangrattato.
Fare cuocere in forno preriscaldato a 180° per 40 minuti, facendo attenzione che la superficie non si colorisca troppo, diversamente coprirla con carta di alluminio).  Servirla tiepida.

Pappardelle casalinghe al pesto di Pomodori
Per 4 persone

Per la pasta: 2 uova, 200 gr di farina 00, sale.

Per il pesto: pomodori maturi ½ kg, 1 spicchio d’aglio, foglie di basilico, olio.

  Scottare i pomodori in acqua bollente per pochi secondi e spellarli.
Tagliarli ed eliminare l’acqua e i semi. Appoggiare l’aglio e le foglie di basilico sul tagliere e sminuzzarlo più volte con l’aiuto di un coltello. Unirvi anche i pomodori e sminuzzare anche loro, mischiando il tutto e mettendolo in una scodella condendo con un pizzico di sale e olio.
In una casseruola con abbondante acqua salata in ebollizione fare cuocere al dente la pasta, scolarla e condirla subito con il pesto preparato. Che delizia!

Dolce con Frutta di stagione (pesche, pere, prugne, Kiwi ecc.)
Per 6 persone

800 gr di frutta, 200 gr di zucchero, 200 gr di burro, 200 gr di farina, un cucchiaino di lievito per dolci, 3 uova, scorza di limone grattugiata, zucchero a velo.

Sbattete energicamente lo zucchero con il burro ammorbidito, aggiungete la scorza grattugiata del limone, le uova, continuando a sbattere.
Mescolate il lievito alla farina e incorporatela alle uova.
Lavate e asciugate la frutta, dividetela a 2 o 4 pezzi.
Foderate uno stampo imburrato e zuccherato, con metà dell’impasto, distribuitevi sopra la frutta, quindi copritela con il resto dell’impasto.
Cuocete in forno preriscaldato a 200°, controllando la cottura con uno stecchino, dopo 45 minuti di cottura.
Sfornate la torta, cospargetela di zucchero a velo e lasciatela raffreddare bene.

martedì 24 luglio 2018

Lo Sapevate Che: Sulle orme del sacro...


Sono d’accordo con il sig. Caserza (D,23 giugno) sul senso che lui attribuisce alla parola sacro. Per me essa comprende la legge di Dio, il senso di giustizia che tutti abbiamo, la fraternità, il precetto “fai agli altri quello che…”. Queste cose non sono razionali. Già Pascal esigeva che gli atei dicessero cose perfettamente razionali e queste non lo sono, La parola sacro in senso stretto coinvolge Dio, ma in senso lato ne ha altri, che comprendono quelle cose. E non è che l’”idea regolativa in senso Kantiano”, che Galimberti attribuisce a fratellanza, sia perfettamente chiara (comunque non più sacro). Cristo usa la parola amore, che ha diversi sensi pratici (Matteo 25), e anche misteriosi. E, il mistero, tanto apprezzato da Einstein, è una cosa perfettamente razionale? Francesco Framarin  framarinf@alice.it

Gianni Caserza (gianni.caserza@gmail.com) nella sua bella lettera in cui discuteva di democrazia, attribuiva la fratellanza all’area del sacro. E su questa attribuzione conviene anche questa lettera di Framarin che nell’area del sacro fa rientrare molte altre cose come la legge di Dio, il senso di giustizia, il precetto dell’amore. Il sacro è quello sfondo indifferenziato dove tutte le distinzioni sono ignorate e misconosciute. Da esso l’umanità si è emancipata pima con i riti che hanno distinto i totem dai tabù, il puro dall’impuro, i periodi sacri (le feste dove si sospendono tutte le regole) dai periodi profani dove, fuori dal tempio (fanum), si svolge la vita di ogni giorno scandita dal lavoro e dai divieti (i tabù). Al sacro appartengono spazi separati dagli altri (sorgenti, alberi, monti e poi templi, sinagoghe, moschee, chiese), a cui sono preposte persone consacrate, separate dal resto della comunità: i sacerdoti, custodi della religione che, come vuole la parola, recinge, tenendola in se raccolta (re-legere) l’area del sacro, per impedire che irrompa nella comunità sconvolgendola. Nell’area del sacro, come ci informa Gerardus Van der Leeurw grande storico delle religioni nel secolo scorso: “Dio è arrivato con molto ritardo”, e da allora gli umani hanno preso a offrire agli dèi primizie e sacrifici, non per ottenere le grazie, ma per tenerli lontani. Gli uomini infatti sono fuoriusciti dall’area del sacro, prima con i riti, come abbiamo ricordato, e poi con la ragione che istituisce le differenze, per cui, scrive Eraclito: “L’uomo ritiene giusta una cosa e ingiusta l’altra”, mentre la divinità, che abitava l’area indifferenziata del sacro, misconosce le differenze perché: “il dio è giorno e notte, inverno ed estate, guerra e pace, sazietà e fame, e muta come il fuoco quando si mescola ai profumi odorosi, prendendo di volta in volta l loro aroma”. Al di là, o se si preferisce, al di qua del bene e del male, Dio, proprio perché abita l’area del sacro, per mettere alla prova la fedeltà di Abramo lo invita a trasgredire non solo la sua legge di natura che impedisce a un padre di ammazzare il figlio. E quando Giobbe invita Javé a considerare la legge della giustizia, in base alla quale non si commina il male a un uomo giusto, Dio risponde: “Dov’eri tu quando io mettevo le basi sulla terra? Chi ne fissò le misure, se lo sai, e chi distese il regolo su di esse? Dimmelo se hai tanta scienza”. Dio non sta alle regole della ragione che prevedono il bene per i buoni e il castigo per i cattivi. Dio è al di là del diritto e quindi della morale sul cui piano Giobbe, ingenuamente, lo invita a rispondere. Anche quando consegna le Tavole della Legge, Javé intima a Mosé di nascondersi nella cavità di una roccia: “perché tu non potrai vedere la mia faccia, l’uomo infatti non può vedermi e sopravvivere” (Esodo 33,20). E a commento, il poeta ebreo Edmond Jabès scrive: “Con Dio non può esserci un faccia a faccia, perché tutti i volti sono il Suo, e questa è la ragione per cui Egli non ha volto”. Se Dio abita la notte indifferenziata del sacro, una notte inimmaginabile, che non è neppure il contrario del giorno, perché è a un tempo notte e giorno, luce e tenebra, non si può attribuire al sacro il senso di giustizia e tantomeno la fratellanza e il precetto dell’amore per il prossimo.  Questi scenari appartengono all’ordine della ragione (non a caso la fraternità è stata proclamata anche dall’Età dei Lumi) e al suo sforzo mai interrotto di creare le condizioni per ridurre al massimo la conflittualità tra gli uomini, che le guerre di religione non solo accendono, ma addirittura esasperano. Le guerre di religione infatti appartengono al sacro che non conosce né giustizia, né fratellanza, né disposizioni d’amore.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di La Repubblica – 21 luglio 2018 –

lunedì 23 luglio 2018

Lo Sapevate Che Definire la propria identità per negazione...


Un Paio Di mesi fa, non troppo lontano dal mio compleanno, decisi di farmi un regalo. Non so se me lo meritassi ma di certo, in base a quelle paradossali ma inconfutabili logiche consumistico-consolatorie, ne avevo un gran bisogno, L’avevo visto su Internet qualche tempo prima e me ne ero innamorata. Quando ero triste o di cattivo umore andavo a riguardarmelo e pensavo che, prima o poi, sarebbe stato mio e, con lui, per quel superpotere gratificante di alcuni oggetti, la vita sarebbe stata più semplice. Era un braccialetto di corda con al centro, una piccola casa in oro, stilizzata come quelle che disegnano i bambini, con due muri ai lati, un tetto in alto e una porta al centro. Mi rappresenta proprio, pensai una mattina. E quel pomeriggio finalmente lo comprai. Quando il pacchettino arrivò e il mio regalo fu mio, nel mettermelo al polso pensai che, in alternativa, avrei potuto scegliere l’immagine di uno squalo, di una ballerina, di un’automobile, di un calice di champagne. E invece no. Erano le quattro mura domestiche a somigliarmi. Rassicurante? Deprimente? Disperante? La mia indole abitudinaria e feticista ha fatto sì che quella casetta da allora non l’abbia mai tolta e, avendola sotto gli occhi quotidianamente ho capto che, più che spiegare chi sono, dice soprattutto quello che non sono. E ci vogliono lucidità, onestà e anche un po' di coraggio a dichiarare tutto quello che non si è, a dispetto delle ambizioni, delle velleità, dell’immagine che di noi, intenzionalmente o meno, diamo al prossimo. E poiché l’identità passa dalle negazioni, è un esercizio utile, per capire e capirsi, definire per sottrazione, nella speranza che, in fondo alla lista dei meno, energia fulgida anche un po' di sostanza. Quella casetta dice che non sono trasgressiva e, a pensarci bene, non è divertentissimo: non fumo, non bevo, non tiro tardi, non sono dissoluta né temeraria. E non è una questione di anagrafe, esperienza o maturità: per il lato oscura ero una causa persa anche da adolescente, quando la corteccia prefrontale del cervello, quella che ci rende assennati, è ancora immatura e la prudenza è un concetto fisiologicamente ignoto. Non sono capace di farmi i selfie: quando ci provo -  perché se tutti li fanno un motivo dovrà pur esserci – mi trovo ridicola e anche un po' patetica. Detesto guardarmi in un video e i riflettori mi imbarazzano. Non sono mattiniera. E quando la mia sveglia suona alle 4 e 20 del mattino per un quotidiano, fantastico ma massacrante lavoro radiofonico, soffro terribilmente e dico parolacce. Non sono una mamma alfa e nemmeno una donna alfa e intorno a me mi paiono sempre tutte più adeguate, risolte, pacificate. Non sono fatale, non cammino sui tacchi, non so farmi la piega e con il rossetto rosso mi sento buffa. Non ho l’animo della leader, il potere non mi interessa e nemmeno il comando. Ma non sono neppure gregaria. Non sono un animale politico, non sono pacificata, non sono paziente né sicura del fatto mio. Non sono un’avventuriera, né un’anarchica, non sono credente né devota a niente e nessuno. Credo negli uomini, fortemente, anche quando l’evidenza suggerirebbe il nichilismo. Ci accomodiamo dentro vite che, se siamo fortunati, ci somigliano. Eppure c’è sempre qualcuno che ci vorrebbe diversi o che ci reputa quello che non siamo. E la tentazione di compiacerlo o di non deluderlo ci porta a vestirci di maschere soffocanti, di abiti fuori misura, di sorrisi falsi, di un’ipocrisia vischiosa e senza scampo, di un inganno velenoso.
Claudia de Lillo – Opinioni - Donna di La Repubblica – 7 luglio 2018 -

domenica 22 luglio 2018

Speciale: Oggi tutto "Dolce"!...


Spiedini di Pesche e Banane
Per 4 persone

3 banane poco mature, 3 pesche gialle, 60 gr di zucchero, 1 cucchiaino di cannella in polvere, gr 50 di pangrattato, 1 limone. Spiedini di legno lunghi.

Sbucciare le banane, tagliarle a fette di circa 2 cm.
Spremere il limone e bagnare con il succo le fette di banane.
Sbucciare le pesche, tagliarle a metà, togliere l’osso e ridurle a fette spesse circa 2 cm. Passare la frutta nel pangrattato, alternarla sugli spiedini.
Mettere gli spiedini sulla griglia caldissima, per pochi minuti.
Mescolare zucchero e cannella e passarvi gli spiedini tolti dalla griglia. Servire subito.

Sfogliata di Fichi
Per 6 persone

2 sfoglie rettangolari di pasta sfoglia, 1 kg di fichi, 1 uovo, cannella in polvere, buccia di limone grattugiata, 1 uovo, pangrattato, zucchero, vino bianco seco, zucchero a velo vanigliato.

Lavare e sbucciare i fichi e ridurli a spicchi.
In una larga padella, versare ½ bicchiere di vino bianco, 60 gr di zucchero, ½ cucchiaino di cannello in polvere. Scaldare il tutto e unirvi gli spicchi di fichi. Far cuocere a fiamma veloce per 5 minuti, mescolando con un cucchiaio di legno. Aggiungervi ½ scorza di limone grattugiata, cuocere ancora per 2 minuti e togliere dal fuoco. Lasciare raffreddare.
Stendere una sfoglia di pasta ad un’altezza di 2 mm. Dovrà essere larga almeno 8 cm per una lunghezza di 28 cm circa.
Appoggiare la sfoglia sopra una teglia umida di acqua. Distribuire sulla pasta 60 gr di pangrattato, prima fatto abbrustolire un po’. Lasciando tutto attorno alla pasta un bordo libero di 1 cm, versarvi i fichi preparati. Spennellare il bordo libero con un po’ d’uovo, leggermente sbattuto con i rebbi di una forchetta.
Stendere anche l’altra sfoglia di pasta come stesa la prima. Piegarla a metà nel senso della larghezza e con un coltellino affilato, praticare dei tagli alla distanza di 1 cm per la lunghezza della pasta, sino alla pasta piegata e lasciando intero nei 3 lati rimasti, un bordo di 2 cm. Adagiarla sopra la frutta, premendone bene i bordi per sigillarla. Spennellare la superficie con il resto dell’uovo sbattuto e cuocere la sfoglia in forno preriscaldato a 200° per 20 minuti.
Togliere il dolce dal forno, lasciare intiepidire e cospargerlo con zucchero a velo vanigliato.

Fichi al forno in foglia di alloro
Per 4 persone

4 fichi grandi verdi, maturi, 40 gr di nocciole, senza guscio e tostate e tritate grossolanamente, un cucchiaio di menta tritata finemente, 3 cucchiai di miele d’acacia. Otto grosse foglie di alloro. Otto stecchini lunghi.

In una ciotola amalgamare il miele con le nocciole, e la menta.
Lavare, asciugare i fichi e tagliarli a metà. Farcire ogni metà fico con il composto preparato, poi avvolgerlo nella foglia di alloro. Fissare con uno stecchino.
Far cuocere in forno sotto il grill per 8 minuti. Una veloce vera delizia!

Marquise con Pere e Cioccolato
Per 6 persone

250 gr di cioccolato fondente, 150 gr di burro, 3 uova, 100 gr di zucchero a velo, 6 pere mignon, 20 gr di zucchero semolato, ½ bicchierino di Cognac.

Sgusciate le uova a temperatura ambiente, separando i tuorli dagli albumi. Mettete il cioccolato in un pentolino spezzettandolo. Farlo sciogliere a bagnomaria, mescolando con un cucchiaio di legno. Lasciatelo intiepidire.
Mettete il burro in una ciotola e con le fruste elettriche montatelo fino a farlo diventare gonfio e spumoso. Incorporatevi i tuorli, uno alla volta, lo zucchero a velo passato attraverso al colino e il cioccolato fuso.
Lavate le pere, pelatele e tagliatele a fettine abbastanza sottili.
Fate sciogliere il burro, unitevi le fettine di pera e fate cuocere a fuoco lento per 5 minuti, poi unite il Cognac e fiammeggiate. Aggiungete quindi lo zucchero semolato, fatelo sciogliere, togliete dal fuoco e lasciate raffreddare.
Nel frattempo montate gli albumi a neve con le fruste elettriche e incorporateli lentamente al composto di burro e cioccolato. Mescolate con una spatola di legno dall’alto verso il basso per non smontarla.
Foderate uno stampo per charlotte della capacità di ½ lt con carta speciale da forno, versatevi sopra la metà del composto, fate uno strato con 2/3 delle pere, poi coprite con il composto rimasto. Livellate bene la superficie con una spatola, coprite con pellicola e lasciatela in frigorifero per 6 ore.
Prima di servire immergete lo stampo per qualche minuto in acqua bollente, poi sformate il dolce su un piatto e decorate con le pere rimaste. Può essere servito con panna tiepida aromatizzata di cannella.