Il sistema idrico italiano – è il caso
di dirlo – naviga in brutte acqua. Dai risultati dell’indagine nazionale sulle
tariffe idriche che Federconsumatori diffonde ogni anno emerge infatti una
fotografia piuttosto deludente. Su oltre 6,8 miliardi di metri cubi d’acqua che
nel 2015 sono stati erogati in Italia, solo 5 miliardi sono stati fatturati ad
imprese e famiglie italiane. Il resto, la bellezza di 1,8 miliardi di metri
cubi, viene disperso nella nostra rete “colabrodo”. E di quella regolarmente
pagata il 22 per cento non viene depurato, il 7 per cento non arriva in
fognatura. Insomma, la situazione non è delle più rosee e soprattutto non è
delle più eque. Le differenze di prezzo tra una città e l’altra sono infatti
notevoli e negli ultimi cinque anni la spesa media è aumentata per tutti. Chi
paga di più, in media, vive nel centro sud: a Grosseto si pagano 435,7 euro, a
Frosinone 431,7 e a Enna 419,o9. Per una volta, invece Milano si mostra la
città più economica con una media annuale di 106,24, seguita da Varese (152,67)
e da Udine (165,49). “Le disparità tariffarie che si notano nel nostro Paese
hanno molte ragioni, fra queste: la complessità nel reperire l’acqua come
risorsa e alcune inefficienti gestioni locali”, sottolinea Stefano Cetti,
direttore generale di MM spa, società che gestisce i servizi idrici di Milano.
Nel 2015 una famiglia di tre persone ha speso in un anno 276 euro per 150 metri
cubi, circa 16 euro in più rispetto al 2014 (l’aumento è stato del 6,4 per
cento). Se poi si va a dare uno sguardo al 2011, anno del referendum anti
privatizzazione e della regolazione del settore affidata alla Autorità
dell’energia e gas e servizi idrici, l’aumento rispetto al 2015 ha toccato quota
22 per cento. “E’ ormai conclamata la necessità di importanti investimenti nel
settore. l’Italia è in grave ritardo soprattutto per quanto riguarda la
depurazione delle acque ed è già stata sanzionata dall’Unione Europea, spiega
Cetti. “Da quando il settore ha finalmente un’Authority di controllo è stato
uniformato il metodo tariffario a quello dell’energia: una quota della tariffa
è dedicata agli investimenti che saranno poi realizzati, per questo si
prevedono aumenti, anche se non sufficienti a colmare la mancanza di
infrastrutture”.
Gianluca Baldini –
Economie – Il Venerdì di Repubblica – 26 febbraio 2016
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