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domenica 6 marzo 2016

Lo Sapevate Che: Quei novanta egiziani spariti come Giulio...



Partendo Dall’Analisi dell’omicidio del ricercatore italiano in Egitto Giulio Regeni, (..), partendo dall’imbarazzo dei governi democratici nel dover ammettere di aver aperto (anzi spalancato) le porte al-Sisi perché “in una guerra mondiale non dichiarata si è collocato dalla parte conveniente della barricata”, mi domando quanto costerà agli egiziani la nostra indignazione per la morte di Giulio Regeni? (..). Quello che è successo in Egitto è chiaro a tutti, mancano dei tasselli, ma non sono fondamentali per comprendere il quadro d’insieme. Giulio Regeni, ricercatore italiano al Cairo, nel corso dei suoi studi sui movimenti  egiziani, decide di partecipare direttamente alla vita delle organizzazioni che sta studiando. Il 25 gennaio 2016, la sera del quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir, Giulio scompare nel nulla. Chi lo conosce si preoccupa immediatamente. Il suo corpo martoriato verrà ritrovato nove giorni dopo, il 3 febbraio, su un cavalcavia dell’autostrada tra Il Cairo e Alessandria d’Egitto. Giulio è stato rapito torturato e ucciso dal Mukhabarat, i servizi segreti egiziani. Il motivo? Gli uomini della sicurezza egiziana sarebbero ossessionati dalle informazioni che circolano negli atenei: è questa l’opinione condivisa di chiunque faccia ricerca in Egitto. Non regge nemmeno per un momento la teoria dell’omicidio passionale, né l’ipotesi che Giulio in realtà fosse una spia. Non regge perché quello che è accaduto a Giulio Regeni non è una terribile eccezione, ma in Egitto è la dannatissima regola. Non regge perché per un agente stranero sotto copertura, le autorità egiziane avrebbero avuto maggiori precauzioni. Sulla sorte di Giulio Regeni chi conosce l’Egitto non ha dubbi. Chi gli arresti, chi le sparizioni, i pestaggi e le torture ha smesso di contarli sa che questo è ciò che accade a chiunque osi mostrare dissidenza sotto qualsiasi forma. (..). Settantacinque persone di cui in Italia non si parla, per le cui sorti in Italia non ci si indigna e di cui non si sa nulla. Ecco perché la nostra indignazione  è pericolosa: perché giunge a conclusioni sbagliate. Ci si indigna perché è stato rapito e barbaramente ucciso un ragazzo brillante e italiano, un cervello in fuga, ma italiano.  E il governo egiziano farà tesoro della nostra indignazione, eccome se lo farà, e delle nostre richieste di chiarimento. Il governo egiziano, da oggi in poi, starà molto attento a far sparire, a torturare e a uccidere solo studenti, ricercatori, giornalisti blogger e attivisti egiziani, dei quali nessun governo straniero chiederà conto, per le cui sorti nessuna diplomazia e nessun accordo economico verranno messi in discussione. Quindi o Smettiamo di indignarci, o capiamo quanto esponenzialmente più grande deve essere la nostra indignazione. (..). Non conoscevo Giulio Regeni personalmente, ma sono certo che vorrebbe siano queste ora le domande da porre insistentemente alle autorità internazionali perché arrivino , dall’Egitto, risposte chiare: dove sono le 75 persone arrestate il 25 gennaio 2016, ovvero la notte in cui Giulio è stato ammazzato? E le 40 mila persone arrestate? E i 90 desaparecidos? Pretendere risposte è l’unico modo per fare giustizia a Giulio, non un italiano che amava il mondo, ma un uomo che amava il mondo.
Roberto Saviano – L’antitaliano www.lespresso.it – L’Espresso – 3 marzo 2016

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