“Sono amareggiato, poteva andare molto
meglio. Avevamo un parlamento giovane, laico, ci sono state molte occasioni
perdute. M5S e Pd hanno dato il peggio
di sé, hanno continuato a seguire la strada della politica e non la strada
delle vite delle perone”. Andrea, giovane attivista Lgbt, commenta così la
legge sulle unioni civili che si va profilando al Senato. E’ venuto qui a
protestare insieme a ragazzi, ragazze e genitori di coppie gay venuti da
diverse parti d’Italia. Volevano incontrare almeno la Cirinnà, chiederle di
togliere la firma da un ddl monco della stepchild
adoption, ma non è stato possibile. Nonostante il cambiamento sembri
epocale per un Paese arretrato come l’Italia, l’amarezza per ciò che era stato
promesso ma non è stato, è oggettivamente tanta: Per capire appieno le ragioni
di un rammarico che a molti pare eccessivo, basta ascoltare Alfano dichiarare
felice poco dopo. “Impedire ai gay di avere un figlio è un regalo all’Italia, è
stata bloccata un’operazione contro
natura”. Parole e musica del ministro dell’Interno di un governo a guida Pd
nell’Italia nel 2016. Rimanerci male, per etero e gay, dovrebbe essere una mera
questione di contemporaneità. Andrea lo avevo già visto al Family Day
battagliare a colpi di video e telefonino con Brunetta. Poi lo avevo intravisto
mentre fotografava gli operai Alcoa sotto Montecitorio una settimana fa. Oggi
protestare tocca a lui, in quanto gay. Le dinamiche della protesta nel centro
di Roma sembrano seguire quelle dei campi di calcetto. Protesta chi prenota
prima, si protesta a turno, qualche ora per uno, poi tutti a casa, fino alla
prossima volta. Raramente, per non dire mai, le battaglie si mischiano, si
permeano, si uniscono civilmente. “Abbiamo bisogno di intrecciare le lotte con
tutti quelli che credono che il nostro paese possa cambiare”, mi dice Andrea
mentre fa autocritica (“bisogna essere più compatti nel nostro movimento, non
vendere i nostri diritti per qualche mancia”). E’ in quel momento che mi viene
in mente Prode, un film inglese che racconta “l’intreccio”, appunto, tra le
lotte per i diritti gay e quelle dei minatori nell’Inghilterra tatcheriana del
1984. E’ la storia vera di pochi gay e lesbiche di Londra capaci di supportare
molti minatori di un paesino del Galles tra scetticismo, pregiudizi, tanta
politica e solidarietà ricambiata al punto da portare migliaia di minatori a
sfilare nel Pride di Londra dell’85. E’ un film, ma è stata storia, replicabile
e d’insegnamento come solo la storia sa e può essere. Anche perché gli anni ’80
inglesi non sembrano molto diversi da questo decennio italiano.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica –
4 marzo 2016
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