Oggi, 6 dic 2010 — E' stata inaugurata questa mattina in corso Valdocco la lapide in ricordo delle sette vittime del rogo della Thyssenkrup. ... riunisce colleghi e familiari delle vittime è stata resa possibile grazie al contributo della Città di Torino
La storia del rogo della
ThyssenKrupp
Cosa
successe a Torino la notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, come si è
arrivati alle condanne di ieri
La
ThyssenKrupp è un’azienda tedesca, la più importante azienda d’Europa nel
settore siderurgico. Tra le molte società che controlla c’è la Acciai Terni, i
cui stabilimenti di Terni e Torino nel 1994 sono stati privatizzati e
acquistati in parte da imprenditori italiani e in parte proprio dalla
ThyssenKrupp. Ieri la Corte d’Assise di Torino ha condannato a 16 anni e mezzo di
reclusione l’amministratore delegato della ThyssenKrupp, Harald Espenhahn,
accusato di omicidio volontario. Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza,
Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento di Torino, Gerald Priegnitz e
Marco Pucci, membri del comitato esecutivo dell’azienda, sono stati condannati
a 13 anni e 6 mesi per omicidio e incendio colposi (con colpa cosciente) e
omissione delle cautele antinfortunistiche. Daniele Moroni, membro del comitato
esecutivo dell’azienda, è stato condannato a 10 anni e 10 mesi. Tutto per
quanto accaduto la notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007.
L’incidente
Poco dopo l’una di notte, sulla linea 5 dell’acciaieria di Torino, sette operai
vengono investiti da una fuoriuscita di olio bollente, che prende fuoco. I
colleghi chiamano i vigili del fuoco, all’1.15 arrivano le ambulanze del 118, i
feriti vengono trasferiti in ospedale. Alle 4 del mattino muore il primo
operaio, si chiama Antonio Schiavone. Nei giorni che seguiranno, dal 7 al 30
dicembre 2007, moriranno le altre sei persone ferite in modo gravissimo
dall’olio bollente: si chiamavano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto
Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo e Bruno Santino. Degli operai coinvolti
nell’incidente, l’unico superstite e testimone oculare si chiama Antonio Boccuzzi:
lavora nella Thyssen da 13 anni, è un sindacalista della UILM, il suo ruolo
sarà centrale nella denuncia delle colpe dell’azienda.
Le denunce
I sindacati denunciano immediatamente l’inadeguatezza delle misure di sicurezza
nello stabilimento. Le testimonianze di Boccuzzi e degli altri operai accorsi
sul posto dell’incidente parlano di estintori scarichi, telefoni isolati,
idranti malfunzionanti, assenza di personale specializzato. Non solo: alcuni
degli operai coinvolti nell’incidente lavoravano ininterrottamente da dodici
ore, avendo accumulato quattro ore di straordinario. Lo stabilimento Thyssen di
Torino era in via di dismissione: emerge che da tempo l’azienda non investiva
adeguatamente nelle misure di sicurezza, nei corsi di formazione. Questo il racconto
dell’incidente – e di quello che non funzionò – reso il giorno dopo da Antonio
Boccuzzi.
La reazione
dell’azienda
La ThyssenKrupp nega di avere alcuna responsabilità e mostra fin dal primo
momento un atteggiamento piuttosto ostile alla magistratura e all’opinione
pubblica, scossa dalla gravità dell’incidente. Accusa gli operai morti di avere
provocato l’incidente con delle loro distrazioni e addirittura con “colpe”, poi
si corregge e parla di “errori dovuti a circostanze sfavorevoli”. Nel corso
delle indagini, la Guardia di Finanza sequestra ad Harald Hespenhahn,
amministratore delegato, un documento riservato in cui si legge che Antonio
Boccuzzi – che intanto continua a raccontare quanto ha visto sui giornali e in
tv – “va fermato con azioni legali”. Il documento critica pesantemente il pm di
Torino, Raffaele Guariniello, e l’allora ministro del Lavoro Cesare Damiano,
sul quale non poter fare affidamento perché schierato dalla parte dei
lavoratori.
Il rinvio a giudizio, il processo
Le indagini si chiudono in un tempo relativamente breve, la procura chiede il
rinvio a giudizio per sei dirigenti dell’azienda tedesca e il giudice
dell’udienza preliminare accoglie le tesi dell’accusa: il presunto reato è
omicidio volontario con dolo eventuale e incendio doloso. Incendio doloso e
omicidio colposo con colpa cosciente per gli altri imputati, dirigenti dello
stabilimento di Torino. Questo perché, si leggeva nel dispositivo, “pur
rappresentadosi la concreta possibilità del verificarsi di infortuni anche
mortali, in quanto a conoscenza di più fatti e documenti” e “accettando il
rischio del verificarsi di infortuni anche mortali sulla linea 5”, i dirigenti
avrebbero “cagionato” la morte dei sette operai omettendo “di adottare misure
tecniche, organizzative, procedurali, di prevenzione e protezione contro gli
incendi”. Si va a processo a gennaio del 2009. Durante le udienze emergono
altri particolari del funzionamento dello stabilimento. Un operaio racconta che
la fabbrica veniva pulita solo in corrispondenza alle visite della ASL. Un
altro operaio racconta che l’impianto si fermava solo in caso di problemi alla
produzione, se no si interveniva con la linea in movimento. Altri testimoni
raccontano che gli incendi sulla linea 5 erano molto frequenti ma gli operai
venivano invitati a usare il meno possibile il pulsante di allarme.
Risarcimento danni e sentenze
Il primo luglio del 2008 la ThyssenKrupp ha versato quasi 13 milioni di euro alle
famiglie dei sette operai uccisi, e queste si sono impegnate a non costituirsi
parte civile. Ieri è arrivata la sentenza di primo grado della seconda corte
d’assise di Torino. Come abbiamo detto, l’amministratore delegato della
ThyssenKrupp, Harald Espenhahn, accusato di omicidio volontario, è stato
condannato a 16 anni e mezzo di reclusione. Cosimo Cafueri, responsabile della
sicurezza, Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento di Torino, Gerald
Priegnitz e Marco Pucci, membri del comitato esecutivo dell’azienda, sono stati
condannati a 13 anni e 6 mesi per omicidio e incendio colposi (con colpa
cosciente) e omissione delle cautele antinfortunistiche. Daniele Moroni, membro
del comitato esecutivo dell’azienda, è stato condannato a 10 anni e 10 mesi.
Oggi
lo stabilimento di Torino della ThyssenKrupp non esiste più. È stato chiuso nel
marzo del 2008 con un accordo tra la ThyssenKrupp, i sindacati, le istituzioni
locali e i ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico, in anticipo sulla
data prevista.
https://www.ilpost.it/2011/04/16/la-storia-del-rogo-della-thyssenkrupp/
Nessun commento:
Posta un commento