Storia
Come siamo nati e quali sono stati i
momenti cruciali della nostra storia.
Fondazione
In Nigeria, durante la guerra di
secessione del Biafra, alcuni medici francesi che lavoravano con la Croce
Rossa, rimangono scioccati dal genocidio in corso e frustrati dal silenzio a
cui erano tenuti. Lo stesso accade ad alcuni giornalisti, reduci di un’emergenza
umanitaria in Bangladesh. Decidono così di creare un’organizzazione medica
d’urgenza più libera nelle parole e nelle azioni. Nel 1971 Raymond Borel e
Philippe Bernier, giornalisti della rivista medica “Tonus”,
lanciano un appello per creare un’équipe di medici pronti ad aiutare le persone
che soffrono nelle più gravi catastrofi.
Medici senza Frontiere nasce
ufficialmente il 22 dicembre del 1971 con 300 volontari, compresi i 13
medici e giornalisti fondatori. Il loro sogno è quello di fare un passo in
più rispetto ai principi tradizionali dell’intervento umanitario: inaugurano un
nuovo stile dell’azione d’emergenza, in grado di combinare immediatezza e professionalità con indipendenza e testimonianza.
Salvare vite e curare ma anche raccontare e denunciare.
Le prime missioni
La nostra prima missione è
in Nicaragua, a Managua, dove nel 1972 un terremoto distrugge gran
parte della città e uccide tra 10.000 e 30.000 persone.
Nel 1974, parte una missione di
soccorso per aiutare la popolazione dell’Honduras dopo l’uragano Fifi che
causa gravi inondazioni e uccide migliaia di persone.
Nel 1975, forniamo assistenza
medica nella sua prima missione di intervento su larga scala in favore
dei rifugiati cambogiani in fuga dal regime dei Khmer Rossi.
In queste prime missioni, le
debolezze di MSF in quanto organizzazione umanitaria appena nata sono evidenti:
preparazione carente, medici senza adeguato supporto, catene di rifornimento
ingarbugliate. È un momento decisivo: il movimento inizia a spaccarsi.
Medici organizzati o
medici guerriglieri
“Ci fu una vera e
propria contrapposizione – afferma Claude
Malhuret, presidente di MSF tra il 1977 e il 1978 – tra chi non voleva
che le cose fossero organizzate – e voleva restare un piccolo gruppo di medici
d’emergenza – e altri che volevano organizzarsi . Non volevamo diventare una
sorta di Croce Rossa, ma essere comunque più organizzati di quanto fossimo. Non
solo medici pronti a lanciarsi con pochi farmaci in un sacchetto di plastica e
non abbastanza con cui lavorare”.
In occasione dell’Assemblea
generale annuale, nel 1979, si vota per decidere se MSF sarebbe dovuta
diventare più organizzata o rimanere un gruppo di medici guerriglieri.
L’ottanta per cento vota a favore della prima possibilità. Bernard Kouchner e
alcuni altri fondatori, non condividendo la scelta, lasciano MSF per fondare
Médecins du Monde, Medici del Mondo.
Negli anni successivi, MSF cresce
divenendo a metà degli anni ’80 un’organizzazione internazionale. Oggi
abbiamo progetti in oltre 70 Paesi con più di 30.000 operatori umanitari
impegnati sul campo.
Nobel per la Pace 1999
Nel 1999 riceviamo il Premio Nobel per la
Pace. I giudici scelgono MSF “in riconoscimento del lavoro umanitario
pionieristico realizzato in vari continenti” e per onorare il nostro staff
medico, che ha lavorato in più di 80 paesi e curato decine di milioni di
persone.
Il Premio Nobel ci offre un’opportunità per
parlare, e non ce la siamo fatta scappare. James Orbinski, allora Presidente di MSF,
usando il suo discorso in occasione della cerimonia di premiazione, si rivolge
direttamente al leader russo Boris Eltsin e condanna la violenza della Russia
contro i civili in Cecenia.
Orbinski dichiara: “Il silenzio è stato a lungo confuso
con la neutralità, ed è stato presentato come una condizione necessaria per
l’azione umanitaria. Dalle sue origini, MSF è stata creata per opporsi a questa
tesi.”
“Non siamo sicuri che
le parole possono salvare delle vite, ma sappiamo con certezza che il silenzio
uccide.”
Orbinski continua parlando apertamente del
potere e dei limiti dell’umanitarismo:
“Nessun
medico può fermare un genocidio. Nessun operatore
umanitario può fermare la pulizia etnica, così come nessun operatore umanitario
può fare la guerra. E nessun operatore umanitario può fare la pace. Queste sono
responsabilità politiche, non imperativi umanitari.”
“Lasciatemelo dire molto chiaramente: l’atto
umanitario è il più apolitico di tutti gli atti, ma se le sue azioni e la sua
eticità vengono presi sul serio, può avere le più profonde implicazioni
politiche. E la battaglia contro l’impunità è una di
queste implicazioni.”
Abbiamo utilizzato il ricavato del premio per creare un
fondo destinato alle malattie dimenticate, ovvero a progetti
pilota di sviluppo clinico, produzione, approvvigionamento e distribuzione di
trattamenti per le malattie dimenticate, come il Chagas, la malattia del sonno
e la malaria.
https://www.medicisenzafrontiere.it/chi-siamo/storia/
Nessun commento:
Posta un commento