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sabato 20 agosto 2016

Lo Sapevathe: Anche in Italia uccisero un vecchio prete, ma il caso non fu mai risolto...



Eppure, eppure…Eppure, sì era già successo. Cominciavano a correre, il 26 luglio scorso, le notizie sulla spaventosa uccisione jihadista dell’aate Jacques Hamel, 86enne prete cattolico del Nord della Francia, sgozzato davanti all’altare, e le domande erano terribili: è dunque questo il Segnale Convenuto, il fischio  d’inizio della Guerra di Religione, la fine della  Civiltà Occidentale? Eppure,, era già successo. Negli annali d’Italia, c’è già stato un vecchio prete ucciso con pratiche orrende. Il 3 dicembre 1999 ventiquattro ore dopo il fatto, venne ritrovato nella sua stanza da letto il cadavere, orrendamente torturato, di don Emilio Gandolfo, 80 anni, parroco di Vernazza, la perla delle Cinque Terre. In quel mese famoso e minuscolo, in una stagione decisamente turistica, nessuno aveva visto un’ombra  che, nella notte, aveva suonato alla porta della canonica. Don Emilio era sceso, poi i due avevano risalito i ripidi gradini di una costruzione in pietra risalente al XII secolo, fino all’alloggio del parroco, adiacente alla storica e magnifica chiesa. Nei diciassette anni seguiti a quell’omicidio, non si è arrivato a capo di nulla. Un extracomunitario? Non esistendo allora la Jihad, ovviamente a questo si pensò. Ma non si arrivò a niente. In più, due fattor impedivano la banalizzazione del delitto: la personalità della vittima e il simbolismo della sua uccisione. Don Gandolfo era stato, in una vita intensissima, un ammirato biblista, il principale studioso di papa Gregorio Magno,per decenni inviato speciale vaticano nel Medio Oriente, socio influente della Compagnia di San Paolo, il famoso istituto secolare per laici e religiosi fondato nel1920 dal cardinal Ferrari arcivescovo di Milano, con fama di progressismo e autonomia. Consigliere spirituale di Amintore Fanfani, amatissimo professore di religione nel famoso liceo Virgilio di Roma ai tempi del’68, con cui solidarizzò; mentore di molti “cattolici democratici”in politica e nelle professioni. I particolari della sua morte, che non vennero mai resi noti subito, parlano di una lunga tortura. Don Gandolfo venne colpito per un’ora con un pesante crocefisso, gli vennero spezzate le dita della mano destra, diverse costole e infine il cranio. Tutto il suo appartamento, zeppo di documenti e floppy disk, venne passato in rassegna. Un fascio di contanti non fu toccato, il suo cellulare venne invece portato via. Le inchieste non portarono mai a nulla, ma i servizi segreti monitorarono la messa di Trigesimo, a Roma, affollata di personalità politiche. Vennero evocati scenari internazionali; anni dopo si legò il delitto al malaffare finanziario della Compagna (cui don Emilio si sarebbe opposto), fallita per 400 miliardi di vecchie lire. Si parlò di Dna cui sottoporre tutti gli abitanti di Vernazza, ma non se ne fece nulla. I casi di Don Emilio e di padre Jacques non hanno niente di paragonabile. Sul secondo, il più stimato detective vaticano, Francesco, ha già dato la sua risposta: “Non è guerra di religione”. E sul primo?
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di Repubblica – 12 agosto 2016 -

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