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martedì 30 agosto 2016

Lo Sapevate Che: Renzi a ostacoli...



All’Ultima Asta il rendimento dei Bot a un anno è sceso al meno 0,19 per cento, il più basso livello di sempre. Nonostante ciò il Tesoro è riuscito a collocare l’intera partita da sei miliardi di euro. Mentre, sul mercato secondario, il Btp a dieci anni sembra confermare, seppure a passi alterni, una corrente discendente verso tassi prossimi all’uno per cento. Per un paese che ha sulle spalle un debito pubblico enorme – oltre il 130 in percentuale del Pil – si tratta di notizie ottime. Ma anche non sufficienti a far concludere che questa stagione dei bassi tassi d’interessi sia il toccasana dei nostri problemi di bilancio. I benefici di un costo del denaro ai minimi termini sono stati davvero importanti in questi ultimi anni. Basta guardare all’andamento degli esborsi per il servizio del debito dal punto più acuto della crisi nel 2012. In quell’anno la somma complessiva degli interessi pagati dal Tesoro è stata di 84 miliardi. Nel 2013 si è scesi a circa 78 e nel 2014 a 75. Lo scorso anno si è di nuovo calati fino a quota 70 e in questo 2016 la prospettiva è quella di ulteriori risparmi. E tutto ciò mentre il volume del debito faceva il cammino inverso: era poco meno di duemila miliardi nel 2012 mentre oggi si colloca attorno ai 2.250. Ma proprio quest’ultima notazione serve a mettere in luce che i bassi tassi d’interesse hanno fatto molto bene da una parte, ma anche molto male da un’altra. Nel senso che, da un lato, hanno liberato risorse per una politica di bilancio meno restrittiva mentre, dall’altro, hanno attenuato l’allarme su quello che resta comunque il fronte più fragile ed esposto del nostro paese: quello del debito, appunto. (..).   Secondo uno schema circolare che si può riassumere così:  coi tassi ai minimi si risparmiano risorse di bilancio da impiegare per spingere consumi e investimenti che, a loro volta, prenderanno ulteriore slancio proprio in virtù del potersi ora indebitare ad oneri tanto bassi: Sarà perciò il conseguente slancio della crescita a rendere il debito sostenibile agli occhi dei mercati. Scommessa del tutto razionale che, alla prova dei fatti, sta incontrando due ostacoli  imprevisti. L’uno, esterno, dovuto a una congiuntura internazionale debole e malcerta c non aiuta le nostre esportazioni. L’altro, interno e forse più sorprendente, che segnala la scarsa o comunque modesta reattività del nostro sistema produttivo agli stimoli sia dei finanziamenti pubblici sia del basso costo del denaro. Insomma, come segnala la frenata del Pil a fine giugno, il cavallo non beve. Medicina sbagliata? No, l’errore sta nell’insufficienza nei dosaggi dovuta alla limitata disponibilità di risorse domestiche. Una volta di più occorre guardare all’Europa, dove la stagione dei bassi tassi d’interesse rischia di rivelarsi un mero espediente di sopravvivenza per tutti se non si sostituirà in fretta il flebile piano Juncker con un serio e robusto programma comunitario di investimenti.
Massimo Riva  Avviso ai naviganti www.lespresso.it  L’Espresso – 21 agosto 2016 -

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