In Italia e nel mondo è conosciuto come Nicola di Bari e si festeggia il 6 dicembre, i russi, per dare l’idea di quanto lo amino, gli hanno dato il nomignolo, un po’ sproporzionato, di Russkij Bog (il “Dio russo”) mentre un mito globale lo identifica (impropriamente) con Santa Claus, il vecchio barbuto che porta i doni delle feste.
È un santo che i bambini imparano a pregare e aspettare assai prima di frequentare il catechismo e che da solo, in un anno, riceve il 90 per cento di tutta la posta recapitata in Finlandia. Non male per uno che in Finlandia non ci ha mai messo piede.
Insomma, Nicola è dei santi più amati e venerati in ogni parte del globo, unisce cattolici e ortodossi, vanta numerose leggende e miracoli, è al centro di una intricata e affascinante storia di devozione interculturale che l’ha condotto a diventare un’icona pop.
Le sue reliquie, conservate a Bari, sono ancora oggi contese e ogni tanto la Turchia ne chiede la restituzione dopo che nel 1087 furono trafugate da Myra - un’antica città ellenica che oggi si trova nella Turchia meridionale - da parte di alcuni marinai baresi che bruciarono sul tempo i veneziani.
Il modo in cui un vescovo dell'epoca costantiniana che abitava alla periferia dell’impero romano sia diventato, in seguito a un complicato sovrapporsi di immagini e racconti, il testimonial della Coca-Cola e il portatore di doni più famoso di tutti i tempi, meriterebbe una puntata a parte.
Riassumendo, il motivo principale è legato a un episodio della vita del Santo che s’imbatté in una famiglia nobile e ricca caduta in miseria. Il padre, che si vergognava dello stato di povertà in cui versava, decise di avviare le figlie alla prostituzione. Nicola, nottetempo, gettò attraverso le finestre dei sacchetti pieni d’oro, e scomparve.
Al terzo lancio il padre delle ragazze, rimasto sveglio per curiosità, riuscirà finalmente a sorprendere lo strano ladro al contrario. Nicola gli ordinerà di non fare il suo nome perché i regali devono restare un segreto.
Qualcosa non deve essere andato per il verso giusto se svariati secoli dopo siamo ancora qui a parlarne. Grazie ai quei sacchetti pieni d’oro regalati dal vescovo, l’uomo poté far sposare le figlie e risparmiare loro l’onta della prostituzione.
E così, passando dalla mitologia nordica e in particolar modo dalla figura di Odino, San Nicolaus diventa il Santa Claus dei Paesi anglosassoni, e il Nikolaus della Germania che a Natale porta i regali ai bambini.
Il merito è di una poesia del 1823 di Clement Clarke Moore intitolata Una visita di San Nicola (conosciuta anche come La notte prima di Natale), in cui per la prima volta Santa Claus appare come un buffo signore dalla pancia rotonda e dalle guance rubiconde che plana sopra i tetti a bordo di una slitta trainata da otto renne e viene giù dal camino col suo sacco pieno di regali in spalla.
Qualche anno dopo la figura di Santa Claus si fonde con quella del Father Christmas britannico, le cui origini risalgono al XV secolo ma che diventa popolare solo in epoca vittoriana, grazie alla raffigurazione che ne fa John Leech per illustrare lo Spirito del Natale Presente, il personaggio che appare a Scrooge nel racconto Canto di Natale di Charles Dickens del 1843: un gigante con la barba lunga (scura però, non bianca), che indossa una cappa di stoffa verde orlata da una pelliccia bianca, porta in testa un ramo d’agrifoglio e brandisce una torcia.
La strada è tracciata. L’iconografia moderna risale a un illustratore del periodo della Guerra di Secessione, Thomas Nast, il primo a rappresentare Santa Claus come lo immaginiamo oggi – con la lunga barba bianca e l’abito e il berretto rosso – in una vignetta pubblicata dalla famosa rivista di moda americana Harper’s Bazaar nel 1863.
La consacrazione definitiva arriva però qualche anno dalla pubblicità della Coca-Cola dove appare di rosso vestito, come l’aveva rappresentato Nast, mentre viaggia nel cielo su una slitta trainata dalle renne.
Lo spot della multinazionale americana risale al 1931 e nacque dalla penna dell'illustratore Haddon Sundblom, che mise insieme la figura “classica” di San Nicola e il personaggio descritto da Charles Dickens nel racconto Canto di Natale.
L’obiettivo era quello di convincere i consumatori americani che the coke non era solo una bevanda rinfrescante per l’estate ma si poteva bere tutto l’anno.
Ecco dunque Santa Claus di rosso vestito, il colore della Coca-Cola, che entra in casa per portare dei doni ai bambini ma non resiste alla tentazione di bersi anche una bottiglietta di Coca. È l’ultimo atto della definitiva “brandizzazione” del vecchio San Nicola.
Ma facciamo un passo indietro. Della vita di Nicola non si sa molto, se non l’essenziale: nacque intorno al 260 d.C. a Patara, importante città della Licia, nell’attuale Turchia, quasi dirimpetto all’isola greca di Rodi.
Nell’antichità i due porti principali della regione erano proprio quelli delle città di San Nicola: Patara, dove nacque, e Myra, dove fu vescovo.
Scarne le notizie anche sull’infanzia: il primo a parlarne è nell’VIII secolo un monaco greco, Michele Archimandrita, il quale, spinto anche dall’intento edificante, scrive che Nicola sin dal grembo materno era destinato a diventare santo, dato che il mercoledì e il venerdì pare succhiasse il latte materno solo una volta al giorno e in piccole quantità, per rispettare i dettami del digiuno cristiano. Sicuramente proveniva da una famiglia agiata, forse aristocratica.
Rocambolesca la sua elezione a vescovo. Intorno all’anno 300 dopo Cristo, anche se il cristianesimo non era stato legalizzato nell’impero e non esistevano templi cristiani, le comunità che si richiamavano all’insegnamento evangelico erano già notevolmente organizzate. Essendo morto il vescovo di Myra, i vescovi dei dintorni si erano riuniti in una casa privata per individuare il nuovo vescovo da dare alla città.
Quella stessa notte uno di loro ebbe in sogno una rivelazione: avrebbero dovuto eleggere un giovane, laico, che per primo all’alba sarebbe entrato in chiesa. Il suo nome era Nicola.
Ascoltando questa visione i vescovi compresero che l’eletto era destinato a grandi cose e, durante la notte, continuarono a pregare. All’alba la porta si aprì ed entrò Nicola. Il vescovo che aveva avuto la visione gli si avvicinò e chiestogli come si chiamasse, lo spinse al centro dell’assemblea e lo presentò agli astanti. Tutti furono concordi nell’eleggerlo e nel consacrarlo seduta stante vescovo di Myra.
Dopo l’elezione si distinse per la condotta irreprensibile, lo zelo con cui difendeva i bisognosi, e perché no, anche i regali.
La sua vita è ricca di episodi miracolosi: libera tre condannati a morte ingiustamente, moltiplica il grano per gli affamati, converte i cuori malvagi, guarisce e salva dai pericoli. Come per la nascita, anche della sua morte non si sa alcunché.
Con ogni probabilità morì in un anno molto prossimo al 335 dopo Cristo.
Nel 1087 una spedizione navale partita dalla città di Bari verso Myra, divenuta nel frattempo musulmana, si impadronì delle spoglie del Santo, che nel 1089 vennero definitivamente poste nella cripta della Basilica eretta in suo onore e che ogni tanto attira migliaia di pellegrini, soprattutto ortodossi.
L’idea di trafugare le sue spoglie venne ai baresi nel contesto di un programma di rilancio dopo che la città, a causa della conquista normanna, aveva perduto il ruolo di residenza del Catepano e quindi di capitale dell’Italia bizantina.
In quei tempi la presenza in città delle reliquie di un santo era importante non solo dal punto di vista spirituale ma anche perché diventava mèta di pellegrinaggi e quindi fonte di benessere per l’indotto economico generato.
Nessun commento:
Posta un commento