I
valori espressi con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948,
in risposta agli orrori della Seconda guerra mondiale, vennero intercettati da
un movimento d'opinione internazionale, formatosi attorno alle prime
organizzazioni non governative impegnate contro la pena di morte e
in generale contro fenomeni di violenza, tortura e persecuzione giudiziaria.
Sebbene alcuni paesi, come il Regno Unito e l'Italia (dove venne vietata dalla
Costituzione del '48 e abolita per legge nel 1994 dal codice penale militare di
guerra), avessero già intrapreso la strada dell'abolizione, la pena capitale
restava in vigore in gran parte dei paesi.
L'altra faccia della medaglia era rappresentata da sistemi carcerari disumani,
adoperati come strumento di repressione dai regimi totalitari, come quello
instaurato in Portogallo con un colpo di Stato da António de Oliveira Salazar.
Il clima di censura imposto da quest'ultimo portò all'arresto di due studenti e
alla conseguente condanna a sette anni di reclusione, colpevoli di aver
brindato inneggiando all'indipendenza.
La notizia indignò l'avvocato inglese Peter Benenson, già noto per
il suo impegno civile, che lo aveva portato nel 1956 a fondare, con altri
avvocati, il gruppo Justice, allo scopo di offrire assistenza
legale a persone i cui diritti non erano garantiti. Il legale prese carta e
penna e scrisse una lettera dal titolo "I prigionieri dimenticati",
indirizzata all'editore del giornale The Observer.
La lettera, pubblicata il 28 maggio 1961, divenne idealmente l'atto costitutivo
di Amnesty International: «Aprite il vostro quotidiano un qualsiasi
giorno della settimana e troverete la notizia di qualcuno, da qualche parte del
mondo, che è stato imprigionato, torturato o ucciso poiché le sue opinioni e la
sua religione sono inaccettabili per il suo governo. Ci sono milioni di persone
in prigione in queste condizioni, sempre in aumento. Il lettore del quotidiano
percepisce un fastidioso senso d'impotenza. Ma se questi sentimenti di disgusto
ovunque nel mondo potessero essere uniti in un'azione comune qualcosa di
efficace potrebbe essere fatto».
Una chiamata all'impegno civile che venne ripresa dalle testate di altre
nazioni e alla quale risposero migliaia di lettori, emulando la sua iniziativa
nel pubblicare lettere e diffondere appelli in favore dei due studenti. Il
crescente consenso spinse Benenson, a luglio di quell'anno, a convocare in
Lussemburgo la prima conferenza internazionale degli attivisti di Amnesty.
Quello che inizialmente doveva essere un appello per l'amnistia si trasformò in
un'organizzazione non governativa, dotata di una sua struttura e con volontari
in tutti i paesi.
Altro passo fondamentale fu l'adozione del logo ufficiale,
individuato in una «candela avvolta dal filo spinato», a
simboleggiare l'impegno a far luce sui casi di violazione dei diritti umani e
che venne ispirato a Benenson da un antico proverbio cinese, poi divenuto il
motto dell'ONG: «Meglio accendere una candela che maledire l'oscurità».
Il 10 dicembre 1961, nella chiesa londinese di Saint Martin in the Fields (in
Trafalgar Square), venne accesa la prima candela; oggi in quella data si
celebra la Giornata mondiale dei diritti umani.
Le campagne portate avanti negli anni, contro la tortura, la pena di morte e
gli omicidi politici, vennero supportate da un'attività di indagine nelle
diverse realtà, che permise la pubblicazione di un rapporto annuale sullo stato
dei diritti umani nel mondo. Ciò contribuì a sensibilizzare maggiormente
istituzioni e opinione pubblica, nel riconoscere il prezioso impegno di Amnesty
che nel 1977 fu premiato con il Premio Nobel per la Pace.
Sostenuta da una rete di sette milioni di soci e sostenitori in oltre 150 paesi
è oggi considerata la maggiore organizzazione che si occupa di diritti umani.
https://www.mondi.it/almanacco/voce/921001
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