Il 16 settembre
1970 scompariva nel capoluogo siciliano il giornalista de L'Ora, storico
quotidiano antimafia del pomeriggio. Mezzo secolo dopo non esiste una sentenza
che condanni i colpevoli di quell'omicidio. L'unico imputato, Totò Riina, è
stato assolto in tutti i tre gradi di giudizio. "La verità è stata
massacrata da un massiccio e mirato depistaggio", scrissero i giudici
nelle motivazioni della sentenza. Pubblichiamo un estratto del libro di
Giuseppe PIpitone, uscito nel 2012 per Editori Riuniti. Giuseppe Pipitone
BRE 2020
Il 16 settembre 1970 scompariva a Palermo Mauro
De Mauro, fuoriclasse del giornalismo de L’Ora, storico quotidiano del
pomeriggio. Esperto cronista di fatti di mafia con un passato oscuro da giovane
militante della X Mas di Junio Valerio Borghese,
De Mauro scompare nel centro del capoluogo siciliano senza lasciare traccia. In
breve tempo la sua storia diventa emblematica, talmente complicata e tortuosa
da diventare un caso. Anzi “il caso”, Il caso De Mauro, come il
titolo del libro di Giuseppe Pipitone, uscito per Editori Riuniti nel 2012, di
cui pubblichiamo un estratto. È il capitolo in cui si ricostruiscono gli attimi
precedenti della scomparsa del cronista, ricostruiti sulla base degli atti
giudiziari e le dichiarazioni di testimoni. Cinquant’anni dopo è rimasto poco
altro. Colpa dei depistaggi che hanno manipolato e sottratto decine di
elementi. Il processo sul caso De Mauro si è concluso nel 2011 quando la corte
d’Assise di Palermo ha assolto Totò Riina, all’epoca l’unico
sopravvissuto del gruppo mafioso che avrebbe organizzato il rapimento. A
uccidere De Mauro, infatti, non fu – con tutta probabilità – soltanto Cosa
nostra. Anzi il delitto del giornalista sarebbe maturato in contesto
diverso, con i boss mafiosi che interpretarono solo il ruolo di killer.
L’inchiesta della procura di Pavia sull’omicidio di Enrico Mattei e
quella dei pm siciliani hanno ricostruito come verosimile la pista che collega
la scomparsa di De Mauro all’eliminazione dello storico presidente dell’Eni.
Ai due delitti parrebbe essere legato anche l’assassinio di Pier Paolo
Pasolini. Per il caso De Mauro,
comunque, Riina fu assolto anche in Appello e in Cassazione. “La verità è stata massacrata da un
massiccio e mirato depistaggio“, scrissero i giudici nelle motivazioni
della sentenza.
Viale delle Magnolie è una strada
nel cuore dei nuovi quartieri residenziali della città di Palermo. Alle spalle
c’è viale Regione
Siciliana,
la circonvallazione tradizionalmente imbottigliata che attraversa completamente
Palermo e la col- lega all’autostrada. Parallela si estende invece viale Lazio,
un vialone famoso soprattutto per la strage a colpi di mitra in cui Bernardo
Provenzano si
sarebbe guadagnato l’appellativo di “trattore”. Trasversalmente s’incrocia
invece via Sciuti, lunga arteria che conduce direttamente in centro, per mezzo
secolo residenza invernale di don Vito Ciancimino, vero e proprio demiurgo di questa
nuova sterminata porzione cittadina. È una zona definita come residenziale, e
che, in quanto tale, ha la pretesa di apparire elegante: la testimonianza di
come si è voluta intendere la modernità nella Palermo degli anni ’60 e ’70.
Altrove si chiamava “boom economico” o “espansione edilizia”, qui è
passato alla storia semplicemente come “il sacco”, il sacco di
Palermo.
Si è articolato in due momenti. Nel primo vennero abbattute in silenzio una
serie di ville in stile Liberty che si diceva fossero il vanto
della città, e, contemporaneamente (guarda caso) vennero rilasciate
circa quattromila
licenze edilizie a
quattro o cinque semplici carpentieri, cioè prestanome diventati ricchissimi. E
dopo aver sfregiato il volto della città, si pensò quindi di ricucirlo in
maniera abominevole. Nel secondo momento del sacco, infatti, al posto delle
rovine fumanti delle fiabesche ville abbattute, s’iniziarono ad innalzare
palazzoni su palazzoni, con dieci, venti o trenta piani, separati da vialoni
che s’incrociano disordinatamente, in cui ai già rari segnali stradali si dà
la stessa valenza dei soprammobili. Desolati scheletri d’arbusto, che pochi
giorni all’anno diventano alberi, spuntano dagli angoli di grigi marciapiedi a
pochi metri dai bassi muretti di cinta delle aree condominiali. In quasi tutte
le strade poi le buche sono abbondanti e profonde, difficili da scorgere la
sera quando l’illuminazione elettrica è fioca e intermittente.
viale delle Magnolie è una strada
in penombra e la Bmw
blu scuro deve
evitare probabilmente un paio di crateri lungo l’asfalto prima di parcheggiarsi
affiancata al marciapiede di fronte al civico 58. Ne scende un uomo alto,
bruno, con un viso quadrato e una sigaretta accesa tra le labbra. Il fumo
azzurrognolo gli scivola via dalle narici, che sono curiosamente asimmetriche:
una delle due è più grande dell’altra, costretta ad ingrandirsi da una
profonda cicatrice all’altezza della curvatura del naso, che quindi appare
incredibilmente adunco. L’uomo si chiama Mauro De Mauro, ha origini pugliesi e accento
napoletano, è a Palermo da più di vent’anni, e da undici lavora in un piccolo
giornale della sera che all’epoca vendeva tra le 15 e le 20 mila copie: si
chiama L’Ora.
L’uomo con il naso incredibilmente
adunco scende dalla macchina trascinandosi dietro una gamba che appare evidentemente
più rigida dell’altra: una sorta di asimmetria che dal naso si estende
anche alla claudicante camminata. Un’asimmetria che sarebbe stata provocata
nientemeno che da un tronco d’albero segato che gli sbarrò la strada anni
prima: non lo vide perché era notte e si andò a schiantare con l’auto. Così
almeno aveva raccontato in giro. Qualcuno più sospettoso degli altri però
diceva che non era vero, che De Mauro aveva quella gamba rigida e quel naso
ricucito perché era stato fascista, amico dei tedeschi, e un giorno i
partigiani gli avevano dato una bella lezione a suon di legnate. Forse era
vero. O forse erano chiacchiere. In realtà a molti tutto questo semplicemente
non importava: lo conoscevano da vent’anni e per loro Mauro è ormai “zoppo” per natura.
Così come è “naturalmente”
un cronista
fuoriclasse:
«Uno
con le corna dure»
come si diceva a Palermo, testardo, determinato, ed incredibilmente efficace.
In effetti Mauro De Mauro è in quel periodo uno dei migliori
cronisti attivi in città: attento, preciso e con una facilità di scrittura
senza pari.
Anche quel giorno, quel mercoledì
16 settembre del 1970, prima di parcheggiare in viale delle Magnolie
all’altezza del civico 58, Mauro ha lavorato sodo. La redazione dell’Ora è in un
palazzone a tre piani ad angolo tra piazzetta Napoli e
piazzale Ungheria, dove Mauro
è entrato alle 7
meno un quarto del
mattino, puntuale come sempre. Ha iniziato a lavorare al supplemento sportivo,
settore al quale, inspiegabilmente, lo hanno spostato da qualche mese:
«Per rilanciare
lo sport»
si dirà dopo.
A mezzogiorno ha controllato la
prima edizione del giornale, ha fatto qualche cambiamento, e poi è andato in
tipografia, dal proto, a controllare la seconda edizione. Poi è andato a Mondello, allo
stabilimento “La Torre”, a fare un bagno e a mangiare un boccone. Nonostante
sia settembre inoltrato a Palermo infatti fa ancora caldo, molto caldo.
Un caldo afoso,
estivo, un caldo che toglie il ato perché lo scirocco continua a spazzare con
forza la città, fino a sera, dopo che il sole è tramontato. Nel pomeriggio De
Mauro è andato anche dal barbiere, ha chiesto di tagliare i capelli, ma c’era
troppa gente, allora è tornato in redazione. In mano – lo avrebbe raccontato
poi il barbiere – stringeva una busta gialla, rettangolare, di quelle che
chiamano di “tipo
commerciale”,
larghe circa trenta centimetri e alte più o meno venti. Alle sette di
pomeriggio ha chiamato a casa annunciando alla moglie Elda un
possibile ritardo. Verso le otto e mezza ha lasciato gli stanzoni gonfi di fumo
dell’Ora. È salito sulla sua Bmw blu scuro e ha iniziato a dirigersi verso
casa, verso viale delle Magnolie, dove da due anni abita con la famiglia. Prima
però si è fermato in via Pirandello, al Bar Spatola per
comprare tre pacchetti di sigarette – le sue Nazionali senza filtro – due etti
di caffè e una bottiglia di vino. Non vino normale, ma vino di qualità, vino francese, come si
chiamava all’epoca lo chardonnay.
Comprati caffè, vino e sigarette,
arriva in via delle Magnolie poco dopo le 21, nello stesso momento in cui
arrivano la figlia con il fidanzato, Salvo Mirto. Sono felici Franca e Salvo:
tra due giorni infatti devono sposarsi e a casa De Mauro sono tutti in
brillazione per il matrimonio. I due ragazzi vedono Mauro appena entrati
nell’androne del palazzo, schiacciano il tasto per chiamare l’ascensore, e
aspettano. Dopo pochi minuti, però, Mauro non è ancora entrato. Franca fa
qualche passo verso il portone per vedere che ne avesse fatto il padre. In
controluce riesce a scorgere tre uomini che si sono materializzati
dentro la Bmw
blu scuro:
al volante sembra esserci di nuovo lui, Mauro, che quindi è di nuovo rientrato
in macchina. «Amuninni»,
andiamocene, grida l’ombra di un uomo che ora occupa il sedile del passeggero,
quello dove c’erano il caffè, il vino francese, le sigarette, e forse anche
quella busta gialla rettangolare. Mauro gira la chiave della macchina, mette in
moto e parte facendo stridere le gomme sull’asfalto. Franca guarda la macchina
partire, guarda suo padre che fissa concentrato la strada senza neanche farle
un cenno di saluto, poi torna sui suoi passi e va a prendere l’ascensore. Sarà
una cosa di pochi minuti – pensa –, un’assenza improvvisa come capitava spesso:
a breve suo padre sarebbe tornato per la cena. In caso contrario avrebbe
sicuramente avvertito, o citofonato. C’è buio e probabilmente non l’ha neanche
vista, lì davanti il palazzo, concentrato com’era a guidare. E poi quegli
uomini sembrava conoscerli. Lo scirocco nel frattempo si è calmato ma fa
ancora caldo. Sono le 21 e 10, al massimo le 21 e 15 di mercoledì 16
settembre 1970.
Nessuno ancora lo sa ma è appena sparito nel nulla, in un
attimo, Mauro
De Mauro,
il pezzo da 90 del giornalismo palermitano, il più chiacchierato, forse il
più invidiato
cronista della città.
«Amuninni» gridato da un’ombra, lo stridore delle gomme che
mangiano l’asfalto, e poi il silenzio, neanche rotto dallo scirocco che ha
allentato il suo https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/16/mauro-de-mauro-cosi-scompariva-un-giornalista-depistaggi-servizi-e-mafia-dopo-50-anni-e-rimasto-un-caso-senza-verita/5932512/soffio: così scompare
un giornalista a Palermo.
/www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/16/mauro-de-mauro-cosi-scompariva-un-giornalista-depistaggi-servizi-e-mafia-dopo-50-anni-e-rimasto-un-
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