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martedì 7 gennaio 2020

Lo Sapevate Che: Ilaria Cucchi e Fabio Anselmo: "Il nostro amore è un regalo di Stefano"


06 GENNAIO 2020
Lei è la sorella tenace del ragazzo ucciso in caserma che solo oggi ha avuto giustizia.  Lui l’avvocato che ne ha difeso le ragioni in tribunale. Durante la lunga battaglia giudiziaria si sono innamorati. E ora lo raccontano a Repubblica
DALLA NOSTRA INVIATA SIMONETTA FIORI

FERRARA. Lei: "Ogni volta ero felice di sentire la sua voce. Poi arrivavano i sensi di colpa: come potevo essere contenta? Mi avevano ammazzato il fratello, e non riuscivo a ottenere la verità. Eppure quell'avvocato riusciva sempre a emozionarmi". Lui: "Mi rendevo conto che stava succedendo qualcosa. Ma come potevo lasciarmi andare? C'era troppo dolore tra di noi: il dolore di una sorella e di una famiglia, il mio dolore personale legato alla condizione di mia moglie, uscita dal coma e mai più completamente ripresa".

Ilaria Cucchi e Fabio Anselmo. Per la cronaca giudiziaria sono la sorella di Stefano Cucchi e il suo tenace avvocato, dieci anni di processi e battaglie legali per restituire dignità e giustizia al ragazzo picchiato a morte da due carabinieri. Per la storia civile del nostro paese sono i protagonisti d'una vicenda che ha il tratto della tragedia classica, nel conflitto tra l'amore d'una sorella e una verità di Stato che occulta i responsabili d'un assassinio. Ma c'è una terza dimensione ancora più intima che ha a che fare con la storia sentimentale tra l'avvocato e la sua assistita, raccontata da entrambi con pudore nel bel libro Il coraggio e l'amore (Rizzoli).

Prima di Ilaria, arrivano i suoi occhi azzurri. Nel negozio di Ferrara dove è fissato l'appuntamento, lo sguardo limpido richiama l'attenzione come una luce segnaletica. Quel volto così composto, provvisto di grazia perfino nel vortice della tragedia, può finalmente lasciarsi andare a parlare d'amore. Lui la guarda ammirato, come se ne fosse sempre un po' sorpreso. Anche a pranzo non smettono di provocarsi, giocare, ridere, battibeccare. Ilaria ha quarantacinque anni, e ancora molta strada davanti a sé. Fabio ne ha diciassette di più, un piglio da combattente con un fondo malinconico. Si amano molto, nel terrore di perdersi. "Oggi non saprei immaginare la mia vita senza Fabio". "A volte penso che Ilaria abbia diritto a un'esistenza libera dai processi, da storie che parlano solo di morti. E quindi libera anche da me".
ILARIA CUCCHI. "La prima volta Fabio fu solo una voce. Lo chiamai al telefono nel momento più difficile della mia vita. Avevo appena visto il corpo tremendamente sfigurato di Stefano e mi venne naturale rivolgermi all'avvocato di Ferrara che aveva trovato la verità sulla morte di Federico Aldrovandi, il giovane ucciso dai poliziotti".

FABIO ANSELMO. "Sentii una voce determinata. Molto coinvolta sul piano affettivo ma anche lucida. Misurata. Mi colpì per questo. Confesso che ero molto titubante. Avevo appena ottenuto una sentenza giusta per Aldrovandi e non potevo compromettere la mia credibilità. Ma la telefonata di Ilaria mi ispirò immediata fiducia".
I.C. "All'inizio pensai: mannaggia come so' strani 'sti avvocati del Nord. La sua prima richiesta fu quella di fotografare il volto tumefatto di Stefano. Io allora non sapevo niente dei processi e mi parve solo un suggerimento macabro. E invece quelle immagini segnarono una svolta sul piano dell'opinione pubblica".
F.A. "Prima di accettare il caso, volli conoscere i Cucchi. Dovevo capire se la famiglia sarebbe stata in grado di reggere l'urto mediatico e processuale. La sera accesi la tv e vidi per la prima volta Ilaria: meravigliosa, pulita. E il suo modo di esprimersi era perfetto. Cavolo, pensai, è una figura molto potente. Era una ragazza giovane e molto bella, al telefono mi era sembrata una signora più matura".
I.C. "Due giorni dopo eravamo nel suo studio, qui a Ferrara. La sua personalità mi incuteva timore. Fabio era un avvocato importante, a cui stavamo affidando il nostro destino. E tu non la smettevi di metterci in guardia, illustrandoci tutte le cose negative che avremmo dovuto affrontare".
F.A. "Ma come potevo farti paura? Quel sabato vi accolsi in ciabatte, con il gatto e mio figlio Vincenzo sulle ginocchia".
I.C. "Comunque rappresentavi qualcosa di molto più grande di noi. Io ero solo un'amministratrice di condomini. L'unico giudice che avevo incontrato fino a quel momento era il giudice di pace".
F.A. "Ila, non sai quanto rimpianga quella tua antica soggezione... Ora sono io a temere te...".
I.C. "Non fare lo spiritoso. Io a differenza di te mi sono innamorata al primo istante. Posso dirlo finalmente? Non c'è niente di male. Restai colpita anche dal tuo modo di fare, perfino dalla voce al telefono".FA. "Ma anche per me fu lo stesso. Ho detto che valutai professionalmente la tua potenza, ma la verità è che rimasi affascinato sul piano personale. Cercai però di tenere a freno questo sentimento. Avevo troppo rispetto del dolore tuo e dei tuoi genitori".I.C. "La battaglia per Stefano veniva prima di tutto. Ma tu mi hai dato la forza per andare avanti. Era stato proprio mio fratello ad aprirmi gli occhi nell'ultima telefonata. "Ila, ma te sei felice?". "Certo che lo sono", gli risposi un po' piccata. Ero la sorella bacchettona, quella che frequentava la parrocchia e amava gli scout. E in fondo avevo realizzato il mio sogno da famiglietta del Mulino bianco: sposata, due splendidi figli, un piccolo appartamento di proprietà. Perfettina, così mi chiamava Stefano. E però aveva capito che Perfettina non era felice"
F.A. "Mi sarebbe piaciuto conoscerlo, Stefano. Ma è come se l'avessi conosciuto. Ilaria me ne parla tanto. Era tuo fratello, non poteva essere così diverso da te".
I.C. "Tu sei il suo regalo per me. Non avrebbe mai voluto lasciarmi sola. E infatti non mi ha lasciato da sola...".
F.A. "Non è stato facile, all'inizio. Con Ilaria abbiamo vissuto momenti di passione vera, ma questo entusiasmo confliggeva con un contesto di tragedia".
I.C. "Perché parli del nostro amore al passato?".
F.A. "Ecco perché rimpiango il tuo sentimento di timore! Dai, hai capito cosa voglio dire. Oggi ho metabolizzato, ma allora pativo una dissociazione emotiva. Mi sentivo felice a dispetto della cornice drammatica sotto ogni punto di vista: la morte di Stefano, la verità negata, la mia situazione personale".
I.C. "Anche per me era un'altalena tra sperdimento e sensi di colpa. Dopo ogni mia iniziativa pubblica per Stefano, la sera aspettavo la tua telefonata di approvazione. E poi ero felice. Ma cosa c'è da essere contenta? mi domandavo. Però capii quasi subito che da Fabio traevo l'energia per continuare la battaglia".F.A. "Ilaria mi sorprendeva ogni giorno di più. Per la sua maturità, per il coraggio e la grazia con cui reagiva ai fallimenti processuali. Ma contemporaneamente io vivevo la mia personale tragedia famigliare: mia moglie era entrata in coma dopo aver partorito il nostro secondogenito. Poi ne era uscita, ma minata nel fisico e nell'indole. E il nostro equilibrio ne aveva pesantemente risentito".I.C. "Per te è stato più complicato lasciarti andare. Per me era diverso. Mio marito non aveva mai brillato per presenza".F.A. "Non è stato facile lasciare una donna che era uscita distrutta dal parto di nostro figlio. Per anni avevo vissuto con la sofferenza del superstite che non si dà pace perché io stavo bene e mia moglie no. Oggi è diverso. E devo tutto a Ilaria, che mi ha insegnato a sorridere anche nella tragedia".I.C. "Poi uscì quella fotografia su Repubblica: l'abbraccio alla fine del primo processo, nel giugno del 2013. Fu quella immagine a rivelare a tutti il nostro amore".
Ilaria Cucchi e Fabio Anselmo nel 2013
F.A. "Tu piangevi per la tensione e la rabbia: di fatto i responsabili l'avevano fatta franca. E io ti avvolsi con tutta la tenerezza di cui ero capace. Mia moglie capì tutto da quella foto".
I.C. "Tu non avevi il coraggio di rivelare i tuoi sentimenti neppure a me: l'iniziativa la presi io. Un giorno in macchina restai colpita da un tuo gesto di intimità. Senza malizia mi hai messo una mano sul ginocchio".
F.A. "E i tuoi occhi non mi hanno lasciato tregua. È cominciata così una storia straordinariamente intensa sul piano sentimentale, ma che non ha influito sulla vicenda giudiziaria. Tutti i miei processi li ho sempre vissuti con determinazione e con passione. Anche con rabbia".
I.C. "Credo che la nostra sia stata una passione grande, e lo sia ancora. Ogni volta che ti vedo provo ancora quel brivido. Ma ora non ti montare la testa".
F.A. "No, non me la monto. Ma sei diventata troppo gelosa. Vorresti possedermi al cento per cento. E la tua contorsione cospiratoria nei miei confronti quasi mi commuove".
I.C. "Ma che vuoi dire?".
F.A. "Che adoro tutto di te, perfino la tua dietrologia. D'altronde la gelosia è un sintomo dell'amore, e anche io la provo per te. In questi dieci anni quasi tutti gli esseri maschili incontrati - di ogni condizione e professione - hanno provato a corteggiarti".
I.C. "Ma a me non interessa nessun altro. Fabio mi ha regalato una vita che non sapevo neppure esistesse. Mi ha insegnato a combattere per le cose in cui credo. E mi ha fatto scoprire una parte di me che ignoravo completamente. Ora è impossibile immaginarmi senza di lui".
F.A. "In questi dieci anni sei cresciuta moltissimo. E a volte penso che meriteresti una vita finalmente libera da storie devastanti. Quante volte mi dici: Fabio, basta parlare di morti...".
I.C. "Sì, è vero, aspiro alla normalità. Ma forse piano piano impariamo a costruircela. La nostra famiglia allargata mi piace molto di più della famiglietta da Mulino Bianco. Meno perfetta, forse. Ma più vera, più intensamente vissuta".
Dopo pranzo, Ilaria e il suo avvocato tornano in clinica dal nipotino di Fabio appena nato. "Siamo diventati nonni", dice lei, gratificata dal nuovo ruolo. "Sono sicura che questo bambino farà bene a tutti". Si chiama Enea, il nome di un fondatore. Una nuova storia è già cominciata.

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Simonetta Fiori – Società - La Repubblica – 7 gennaio 2020 -

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