MLK è stato l'anima e la
voce della stagione più attiva e vibrante del Movimento per i diritti civili
degli afroamericani
15 GENNAIO 2019 Martin
Luther King, Premio Nobel per la pace nel 1964 nasce ad Atlanta, capitale della
Georgia nel sud degli Stati Uniti, il 15 gennaio 1929. Dal 1986 l'America lo
celebra il terzo lunedì di gennaio di ogni anno.
Suo padre Martin Luther
King Sr. era il pastore della Ebenezer Bapstist Church, sua madre Alberta
Williams King un'insegnante. A 15 anni si iscrive al Morehouse College, l'istituzione
universitaria dove veniva formata l'elite nera americana. Poi gli studi al
Crozer Theological Seminary in Pennsylvania, la laurea in teologia e il
dottorato in teologia sistematica. A Boston incontra la cantante e studentessa
di conservatorio Coretta Scott che diventa sua moglie nel 1953. I due si
stabiliscono a Montgomery, in Alabama e hanno quattro figli, Yolanda,
Martin Luther King III, Dexter e Bernice.
Il Movimento per i diritti
civili
Martin Luther King è stato
l'anima e la voce della stagione più attiva e vibrante del Movimento per i
diritti civili degli afroamericani, nato tra la fine degli anni Quaranta e la
fine degli anni Sessanta per stabilire l'eguaglianza dinnanzi alla legge e garantire
i diritti costituzionali dei cittadini afroamericani contro il cosiddetto
sistema delle leggi razziste Jim Crow.
Da Linda Brown a Rosa
Parks
Un percorso lungo e
doloroso iniziato nel 1954, quando la Corte Suprema aveva stabilito
l'incostituzionalità delle scuole segregate, grazie al caso Brown contro
Board of Education. Protagonista la piccola afroamericana Linda Brown, cui
era stato negato di frequentare una scuola per bianchi.
Il 1 dicembre del 1955 a
Montgomery in Alabama, Rosa Parks, sarta e attivista nera della National
Association for the Advancement of Colored People, rifiuta di cedere il
suo posto ad un bianco sull'autobus. Dal suo arresto prende il via il
boicottaggio degli autobus e King viene scelto come portavoce dell'iniziativa.
Dopo 381 giorni la vittoria: nel novembre del 1956 la Corte Suprema
stabilisce l'incostituzionalità degli autobus segregati.
Dopo il successo del
boicottaggio, King e gli altri responsabili del Movimento fondano la Southern
Christian Leadership Conference da lui presieduta, un'organizzazione dedicata
alla conquista dell'uguaglianza e dei diritti civili attraverso forme di
protesta nonviolente ispirate al messaggio di Gesù Cristo e al metodo di
Gandhi. Tornato ad Atlanta, nel 1960 diventa co-pastore della Ebenezer
Baptist Church sul cui pulpito avevano predicato sia il nonno che il padre.
Viene arrestato a Birmingham durante una protesta pacifica contro la
segregazione nel 1963. In prigione scrive uno dei più importanti documenti
della storia del Movimento, in difesa della disobbedienza civile e al tempo
stesso un atto di accusa contro la chiesa bianca che esita a prendere
posizione contro il razzismo.
I Freddom Riders e i sit
in
Gli anni Sessanta si
aprono con i sit-in degli studenti nei ristoranti segregati del Sud e con le
proteste pacifiche dei "Freedom Riders" che iniziarono a viaggiare in
autobus da uno Stato all'altro sfidando la segregazione. I manifestanti
subiscono violenti attacchi e la visione in tv di quelle immagini cruente
scuote la coscienza degli americani.
"I have a
dream"
Nel 1963 King
organizza la marcia per il Lavoro e la libertà che porta a
Washington oltre 250mila persone; al Lincoln Memorial pronuncia il
suo celebre discorso "I have a dream", "io ho un sogno".
Nel 1964 viene finalmente promulgato il Civil Rights Act che mette fine
alla segregazione, almeno dinnanzi alla legge. Alla fine dell'anno MLK è
insignito del premio Nobel per la Pace.
Il diritto di voto
Nel 1965 King
guida da Selma a Montgomery una marcia di protesta che conduce
all'approvazione del Voting Rights Act che finalmente garantisce il
diritto di voto eliminando tutte le barriere legali che impedivano agli
afroamericani di partecipare alla vita politica. Conquiste fondamentali, che
però non mancano di incontrare resistenza e in molti casi violenza. In
questi anni nel Movimento si formano due correnti, l'una moderata e ancorata
profondamente alla resistenza non violenta, l'altra più aggressiva guidata
dai più giovani leader del "black power".
L'ultimo discorso
Negli ultimi anni della
sua vita King si dedica alla lotta di quelli che lui definisce i tre mali
della società contemporanea: il razzismo, la povertà e il militarismo
con il suo fiero ripudio della guerra in Vietnam. Il suo sogno si interrompe il
4 aprile del 1968 a Memphis. Era in città per sostenere lo sciopero dei
netturbini, costretti a lavorare in condizioni vergognose. Un colpo di
fucile lo raggiunge uccidendolo poco dopo le 18, sulla terrazza della stanza 306
del Lorraine Motel.
La notizia della sua
morte provoca disordini e proteste in tutto il Paese: Washington,
Baltimore, Chicago sono messe a ferro e fuoco. I funerali si svolgono ad
Atlanta, sua città natale, prima alla Ebenezer Baptist Church, poi al Morehouse
College, dove la salma di King viene trasportata su un carretto di
legno trainato da due muli della Georgia, un tributo alla lotta contro la
povertà a cui stava dedicando l'ultima fase della sua vita. Le sue
ceneri riposano presso il Martin Luther King, Jr. Center for Nonviolent
Social Change, l'istituzione fondata dalla vedova Coretta nel 1968 per
preservarne la memoria e tramandarne il messaggio.
La sera prima di morire
aveva tenuto il suo ultimo profetico discorso: "Ci aspettano giornate
difficili, ma davvero, per me non ha importanza ora, perché sono stato sulla
cima della montagna! E non m’importa. Come chiunque, mi piacerebbe vivere una
vita lunga; la longevità ha i suoi lati buoni, ma adesso non mi curo di questo.
Voglio fare soltanto la volontà di Dio. E Lui mi ha concesso di salire fino
alla vetta. Ho guardato al di là e ho visto la terra promessa! Forse non ci
arriverò insieme a voi, ma stasera voglio che sappiate che noi, come popolo,
arriveremo alla terra promessa! E stasera sono felice, non c’è niente che mi
preoccupi, non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto la gloria
dell’avvento del Signore!».
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