NOVI
LIGURE. Il 2 gennaio
del 1960 se ne andava uno degli uomini più amati del secondo dopoguerra: Fausto
Coppi. A soli 40 anni, il Campionissimo veniva stroncato da una forma di
malaria non diagnosticata. Sarebbe bastato un po’ di chinino a salvargli la
vita. Sono passati ormai 59 anni dalla sua prematura scomparsa, ma nessuno nel
mondo del ciclismo l’ha dimenticato. Riecheggiano a distanza di 70 anni le
parole pronunciate da Mario Ferretti durante la radiocronaca della tappa
Cuneo-Pinerolo, terzultima frazione del Giro d’Italia 1949: “Un uomo solo è al
comando; la sua maglia è biancoceleste; il suo nome è Fausto Coppi”. Quella
corsa, al pari della Milano-Sanremo 1946, resta l’impresa più leggendaria di
Coppi. Gino Bartali forò e l’Airone si lanciò in una fuga di dimensioni
bibliche, ben 192 i chilometri con il vento in faccia, scavalcando sempre in
testa Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Colle del Sestriere tagliando il
traguardo con 11’52” proprio su Bartali e 20’04” su Alfredo Martini.
Il “Campionissimo” vinse
nella sua carriera cinque Giri d’Italia, due Tour de France, due ori mondiali
su pista e uno su strada, 5 Giri di Lombardia e 3 Milano-Sanremo. Il suo
palmares non ha bisogno di ulteriori commenti e rimane ancora la rassegnazione
per una morte prematura avvenuta in circostanze davvero sfortunate. Di
lui Eddy Merckx, il Cannibale, disse: “Le
vittorie di Coppi sono diventate romanzo, le mie cronaca”.
Oltre alle decine di successi,
a rendere ancor più leggendaria la sua vita fu la presenza e l’amore cieco, incondizionato
della Dama Bianca, al secolo Giulia Occhini. Una relazione, la loro, contro il
buoncostume degli Anni Cinquanta perché amanti con un matrimonio alle spalle
per entrambi. I due si conobbero proprio grazie al marito di lei il dottor
Enrico Locatelli, fedelissimo coppiano. Poi quell’ultimo volo nel dicembre 1959
in Africa nell’allora Alto Volta – oggi Burkina Faso – per un Criterium assieme
ai corridore Raphel Geminiani, Jacques Anquetil, Roger Riviere, Henry Anglade e
Roger Hassenforder. Conclusasi la corsa Coppi e Geminiani si recarono ad una
battuta di caccia nelle riserve di Fada N’gourma e Pama, ed è li che contrasse
la malaria, ma i medici sbagliarono la diagnosi. Nonostante una telefonata di
Geminiani che si era a sua volta si era ammalato, riprendendosi dopo otto
giorni di coma.
La sua ultima uscita in
pubblico per l’incontro di calcio Alessandria-Genova. Ma ormai era troppo
tardi, bastava del chinino, la lenta ed inesorabile morte mentre
Castellania era imbiancata dalla neve. L’Airone il 2 gennaio 1960 spiegò
le ali e staccò tutti, senza più voltarsi.
Come ogni anno, nel paese
natale, Castellania, oggi si celebra alle 10,30 nella chiesa parrocchiale del
piccolo centro sui colli tra Novi e Tortona, una messa in ricordo del ciclista.
Le celebrazioni si spostano, poi, al museo dei Campionissimi di Novi Ligure
che, quest’anno, si prepara a ricordare con una serie di eventi che dureranno
tutto l’anno, il centenario dalla nascita di Coppia avvenuta 15 settembre 1919.
Le commemorazioni culmineranno poi con l’arrivo di una tappa del giro d’Italia,
il prossimo 22 maggio, a Novi. La presentazione ufficiale della undicesima
tappa si terrà proprio oggi, alle 16, al museo dei Campionissimi.Attraverso la
proiezione di immagini, filmati e schede, verrà rivelato il percorso di 206
chilometri, che porterà la carovana del Giro dall’Emilia al Piemonte, con
dettagli su partecipanti, strade, eventi rosa e villaggi commerciali, che
accompagneranno l’evento in città.
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