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giovedì 14 gennaio 2016

Lo Sapevate Che: Se il muro è verde non divide ma protegge...



In un periodo in cui si alzano muri per separare i popoli, se ne sta innalzando uno, il Great Green Wall, che servirà invece a farli vivere meglio. Niente filo spinato o cemento, sarà un muro di vegetazione largo almeno quindici chilometri e lungo oltre quattromila, che unirà tutti gli undici Paesi del Sahel, dalla Mauritania fino all’Eritrea. Presentato a Parigi durante la conferenza sul clima come l’”ottava meraviglia del mondo”, il Ggw dovrebbe alleviare la difficile situazione di chi vive a sud del Sahara, stretto fra un clima che oscilla ormai fra siccità e alluvioni, terrorismo e crescita demografica incontrollata. “Il muro è il frutto della cooperazione di molti organizzazioni, fra cui Unione Africana, Unione Europea, Banca Mondiale,TerrAfrica e altre Ong”, spiega Paola Agostini, economista della Banca Mondiale “sono stati raccolti 4 miliardi di dollari per progetti di ripristino ambientale, il più importante dei quali è appunto la ricrescita di una fascia verde che ostacoli l’avanzata del deserto”. Sentendo parlare di una pioggia di fondi in aiuti all’Africa, viene subito il dubbio: non si tratterà del solito progetto calato dall’alto, che alla fine, dopo corruzione e sprechi, fallisce e lascia le popolazioni più povere di prima? “La storia degli aiuti all’Africa è costellata di disastri” ammette Dennis Garrity, agronomo del World Resource Institute “ma stavolta sarà diverso. (..). “L’albero tipico del Sahel, l’acacia Faidherbia albida, è una leguminosa che arricchisce il terreno di azoto e produce foglie ricche di proteine, i suoi rami rallentano il vento e la sabbia, e forniscono legna, mentre le radici aiutano la pioggia a penetrare nel suolo” dice Garrity “In venti anni in Niger sono rinati duecento milioni di alberi su 50mila chilometri quadri, i raccolti sono aumentati di 500mila tonnellate, migliorando la vita di 2,5 milioni di persone. Progetti simili sono ora in corso in Burkina Faso, Mali, Senegal, ma i fondi del Ggw forniranno i mezzi, l’educazione e la consulenza necessari ad accelerare il processo ed estenderlo all’intero Sahel, comprese, speriamo, le aree piegate dal terrorismo, come quelle intorno al morente lago Ciad, o dalle guerre, come il Sudan”. Un Sahel più verde porterebbe benefici non solo ai locali. “La disperazione alimenta la migrazione verso l’Europa e anche il terrorismo islamista. Se riusciremo ad aumentare reddito e accesso all’educazione degli agricoltori, ridurremo entrambi i fenomeni e anche la crescita demografica. Ma i Paesi ricchi devono fermare il riscaldamento globale, altrimenti nulla potrà” impedire al Sahel di diventare un deserto e a quelle popolazioni di fuggire altrove conclude Agostini.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 8 gennaio 2016 -

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