La relazione Fra un carabiniere e la sua ex amante,
conclusa con una denuncia per falsa testimonianza, si aggiunge alle prove dei
pm nella nuova indagine sulla morte di Stefano Cucchi. E la ricerca della
verità sulla fine del ragazzo romano di 31 anni è sempre più legata a figure di
donne che di fatto stanno aiutando a risolvere il caso. La sorella Ilaria è
quella che ostinatamente non si è mai arresa anche davanti ai muri giudiziari.
L’ex moglie di uno degli indagati sta contribuendo a squarciare il velo sulle
colpe dell’ex coniuge. E ora spunta pure l’ex amante di un altro carabiniere
indagato che aggiunge prove sulla sua presunta “inaffidabilità”. E’ il 26
gennaio 2010 quando, Alessio Di Bernardo, indagato per il “violentissimo
pestaggio” a cui, secondo la Procura di Roma, fu sottoposto Cucchi, manda un
messaggio alla donna, una barista, con cui ha una relazione: “Sono a Boston,
mia mamma è uscita adesso dalla sala operatoria”. In realtà la madre non è
all’ospedale e lui quel giorno sta per sposarsi. Di Bernardo è lo stesso che
prima afferma: “L’abbiamo accompagnato in caserma, poi non abbiamo fatto
niente” e, solo sei minuti dopo, intercettato in una conversazione con Raffaele
D’Alessandro (altro indagato, ndr), ricorda: “Andammo a fare il foto
segnalamento che non se lo fece fare”.Accertamenti foto-segnaletici le cui
tracce sarebbero state cancellate a colpi di bianchetto, così come i nomi dei
due carabinieri fatti sparire dal verbale di arresto, tanto che per il pm
Musarò, titolare dell’inchiesta, “fu scientificamente orchestrata una strategia
finalizzata a ostacolare l’esatta ricostruzione dei fatti e l’identificazione
dei responsabili”. Adesso potrebbero avere peso nell’indagine i tremila
messaggi che il carabiniere ha inviato alla barista. Durante la loro relazione
Di Bernardo inventa di tutto: l’operazione della madre, la zia morta di
leucemia. Si scusa perché non si fa sentire, chiede perdono, ma “mamma si è
aggravata, è in terapia intensiva”. Bugia su bugia, quando non sta male la
madre è lui: gastroenterite, febbre alta, infezioni. A Natale e Capodanno le
finte terapie si intensificano. Lei si insospettisce, e Di Bernardo la
rassicura: “Ti amo, non ho altre donne”. Persino quando la donna non ci crede
più e prende informazioni dai colleghi, lui ribatte: “Ti hanno riferito male”. A
gennaio 2011 la storia finisce e i due si ritrovano in tribunale. (..). Al
processo il carabiniere è convocato il qualità di teste, e giura di aver arabi
chiuso la relazione prima del matrimonio, di non aver mai chiesto soldi e così
la donna viene condannata in primo grado per estorsione a tre anni e sei mesi.
In vista dell’appello il consulente tecnico di parte, Salvatore Cosentino,
decide di analizzare i telefonini che la barista custodisce in una
cassaforte.(..). I telefonini vengono acquisiti nella nuova inchiesta sulla
morte di Cucchi e la donna, sentita dal pm Musarò, ricorda che “per
giustificarsi del fatto che ci vedevamo poco in quel periodo rispose che era
molto occupato per il caso Cucchi”. Quando sa di essere indagato Di Bernardo
chiama la moglie che incredula chiede: “Come fai a difenderti?”. Lui la
zittisce e si limita a dire: “A fare il foto segnalamento c’erano anche
Francesco (Tedesco, ndr) e Raffaele (D’Alessandro, ndr)”. D’Alessandro, quello
che ha raccontato all’ex moglie Anna Carino, “di essersi divertito a pestare
quel drogato di m…”.
Floriana Bulfon – Violenza e depistaggi – L’Espresso – 21
gennaio 2016
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