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lunedì 25 gennaio 2016

Lo Sapevate Che: Tre donne per il caso Cucchi ...



La relazione Fra un carabiniere e la sua ex amante, conclusa con una denuncia per falsa testimonianza, si aggiunge alle prove dei pm nella nuova indagine sulla morte di Stefano Cucchi. E la ricerca della verità sulla fine del ragazzo romano di 31 anni è sempre più legata a figure di donne che di fatto stanno aiutando a risolvere il caso. La sorella Ilaria è quella che ostinatamente non si è mai arresa anche davanti ai muri giudiziari. L’ex moglie di uno degli indagati sta contribuendo a squarciare il velo sulle colpe dell’ex coniuge. E ora spunta pure l’ex amante di un altro carabiniere indagato che aggiunge prove sulla sua presunta “inaffidabilità”. E’ il 26 gennaio 2010 quando, Alessio Di Bernardo, indagato per il “violentissimo pestaggio” a cui, secondo la Procura di Roma, fu sottoposto Cucchi, manda un messaggio alla donna, una barista, con cui ha una relazione: “Sono a Boston, mia mamma è uscita adesso dalla sala operatoria”. In realtà la madre non è all’ospedale e lui quel giorno sta per sposarsi. Di Bernardo è lo stesso che prima afferma: “L’abbiamo accompagnato in caserma, poi non abbiamo fatto niente” e, solo sei minuti dopo, intercettato in una conversazione con Raffaele D’Alessandro (altro indagato, ndr), ricorda: “Andammo a fare il foto segnalamento che non se lo fece fare”.Accertamenti foto-segnaletici le cui tracce sarebbero state cancellate a colpi di bianchetto, così come i nomi dei due carabinieri fatti sparire dal verbale di arresto, tanto che per il pm Musarò, titolare dell’inchiesta, “fu scientificamente orchestrata una strategia finalizzata a ostacolare l’esatta ricostruzione dei fatti e l’identificazione dei responsabili”. Adesso potrebbero avere peso nell’indagine i tremila messaggi che il carabiniere ha inviato alla barista. Durante la loro relazione Di Bernardo inventa di tutto: l’operazione della madre, la zia morta di leucemia. Si scusa perché non si fa sentire, chiede perdono, ma “mamma si è aggravata, è in terapia intensiva”. Bugia su bugia, quando non sta male la madre è lui: gastroenterite, febbre alta, infezioni. A Natale e Capodanno le finte terapie si intensificano. Lei si insospettisce, e Di Bernardo la rassicura: “Ti amo, non ho altre donne”. Persino quando la donna non ci crede più e prende informazioni dai colleghi, lui ribatte: “Ti hanno riferito male”. A gennaio 2011 la storia finisce e i due si ritrovano in tribunale. (..). Al processo il carabiniere è convocato il qualità di teste, e giura di aver arabi chiuso la relazione prima del matrimonio, di non aver mai chiesto soldi e così la donna viene condannata in primo grado per estorsione a tre anni e sei mesi. In vista dell’appello il consulente tecnico di parte, Salvatore Cosentino, decide di analizzare i telefonini che la barista custodisce in una cassaforte.(..). I telefonini vengono acquisiti nella nuova inchiesta sulla morte di Cucchi e la donna, sentita dal pm Musarò, ricorda che “per giustificarsi del fatto che ci vedevamo poco in quel periodo rispose che era molto occupato per il caso Cucchi”. Quando sa di essere indagato Di Bernardo chiama la moglie che incredula chiede: “Come fai a difenderti?”. Lui la zittisce e si limita a dire: “A fare il foto segnalamento c’erano anche Francesco (Tedesco, ndr) e Raffaele (D’Alessandro, ndr)”. D’Alessandro, quello che ha raccontato all’ex moglie Anna Carino, “di essersi divertito a pestare quel drogato di m…”.
Floriana Bulfon – Violenza e depistaggi – L’Espresso – 21 gennaio 2016

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