Dai bar ai salotti tv non si parla che
di tramonto della politica. Ma è così? La politica è veramente alle corde? E’
davvero suonata la sua ora? Personalmente ho qualche dubbio in proposito.
Certo, essa dovrà affrontare la sfida. sempre più aggressiva, del terrorismo.
Continuerà a subire il ricatto di vincoli economici apparentemente
infrangibili. Sarà sempre più rimodellata, nei suoi linguaggi e nei suoi
strumenti, dalle innovazioni tecniche. Ma ciò non segnerà in alcun modo la sua
uscita di scena, che la vedrà ancora in campo. E ciò non perché si prosciugherà
l’onda dell’antipolitica – destinata anzi a ingrossarsi ancora. Ma perché anche
l’antipolitica è una modalità, nascosta p deviata, di politica. Essa condivide
con l’azione politica presupposti, mezzi e fini. Contrapponendosi alla
politica, ne assume la medesima logica conflittuale. Già Thomas Mann scriveva
che “l’antipolitica è anch’essa una politica, giacchè la politica è una forza
terribile; basta solo sapere che esiste, e già ci si è dentro”. Ciò vale ancora
di più oggi, quando tutti i partiti populisti europei partecipano alle
competizioni delle élites. Salvo, poi riprodurre altrimenti le pratiche. Perché
delle due – o i partiti antipolitici scelgono di restare per sempre
all’opposizione oppure devono entrare nel gioco delle alleanze e delle
mediazioni senza le quali non si governa. Quanto alla pratica terrorismo
islamico, la sua perversa finalità politica è evidente. Anche quando dichiara
di agire in nome di una religione, stravolgente i dettami, la adopera in vista
di un preciso obiettivo politico. Che è la sottomissione di popolazioni, di
norma anch’esse islamiche, alla propria ideologia sanguinaria. L’attacco al
mondo occidentale è funzionale al raggiungimento di tale obiettivo. Per
ottenerlo, il terrorismo usa gli stessi strumenti politici, militari e
propagandistici che pure dichiara di combattere, in una tetra miscela di
ideologia premoderna e di tecnologia postmoderna. Ma anche in Occidente il
preteso cedimento della politica alle ragioni dell’economia va altrimenti
interpretato. Certo lo smantellamento dello Stato sociale ha inibito la
direzione politica dell’economia inventata nei “gloriosi Trenta”. Ma ciò, nella
stagione della Thatcher e di Reagan, ha risposto a un progetto, anch’esso
politico, che spostava il governo della società all’interno degli stessi
dispositivi economici. Come, con la consueta lucidità. Carl Schmitt ebbe a
obiettare a chi sosteneva che il destino non è più la politica, ma l’economia,
“il destino continua a essere rappresentato dalla politica. E’ solo accaduto
che l’economia è diventata qualcosa di politica e perciò anch’essa è destino.
Roberto Esposito – Alfabeto politico www.lespresso.it – Lespresso – 14 gennaio
2016 -
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