Trasparenza. Se ne intravede poco, quasi nulla,
nel sistema politico italiano. Nell’era dei social, delle dirette streaming,
delle consultazioni via web, dell’informazione in tempo reale la trasparenza
dei meccanismi decisionali, quelli davvero importanti per la vita dei
cittadini, è ancora scarsa. Prevale l’opacità. Prendiamo il caso delle
fondazioni politiche. (..). Sono casseforti personali dei notabili, fuori da
qualsiasi controllo. Possono ottenere finanziamenti senza obbligo di
rendicontazione, aggirando le norme sul finanziamento pubblico. Dopo la nostra
inchiesta l’ex ministro Gaetano Quagliarello ha scritto a “l’Espresso” per far
sapere che la sua “Magna Carta” sta lavorando a una proposta di legge che
“prescriva meccanismi di controllo e trasparenza, approdi all’istituzione di un
registro delle fondazioni e introduca finalmente quella linea di demarcazione
dalla cui assenza derivano le parole di Raffaele Cantone e la perenne attualità
delle inchieste giornalistiche sui cosiddetti “ pensatoi” e su chi li finanzia:
la linea di demarcazione tra le fondazioni che lavorano, che producono ricerca,
che realizzano cultura, e le scatole vuote che servono solo a drenare
finanziamenti a beneficio (nel migliore dei casi!) dell’attività politica dei
loro”dominus”. Perché – sottolinea Quagliarello – se il discredito finisce per
investire anche le prime, è a queste ultime che va attribuita la
responsabilità”. (..) . La Trasparenza Ha Creato un cortocircuito a Quarto, paesone
dell’area napoletana da lungo tempo infiltrato dalla camorra. Qui il Movimento
5 stelle ha sperimentato a sue spese come nel mondo reale la democrazia del web
possa sfociare nell’opacità (..). Persino due giovanotti svegli come i deputati
Luigi Di Maio e Roberto Fico, nati e cresciuti in quel difficile ambiente, sono
rimasti prigionieri dell’ambiguità dilagante.(..). Trasparenza E’ Tema
Delicato in casa
Boschi. La ministra Maria Elena si è difesa con passione alla Camera, lo scorso
18 dicembre, sul caso della Banca Etruria. Il padre, che dell’istituto di
credito è stato vicepresidente nei mesi caldi precedenti il fallimento, non
parla per ora. Non è indagato. Dunque non sente la necessità di chiamar ire il
proprio operato. Questione di punti di vista. La ministra Boschi invece non si
sottrae – e come potrebbe farlo – ai riflettori. Firma una riforma
costituzionale destinata a trasformare l’assetto istituzionale della
Repubblica. Ne parlava con orgoglio in un’intervista al “Corriere della Sera”
il 10 gennaio. E’ materia sua. Per poi scivolare in un giudizio sulla fusione
mancata tra la banca toscana e la Popolare di Vicenza. Questione su cui il
governo non può esercitare poteri, né quello in carica né i precedenti. Materia
da consiglio d’amministrazione, dove era seduto il padre. E che quegli
amministratori abbiano combinato un disastro è un dato di fatto.(..). Le
quattro banche fallite (oltre all’Etruria, Banca Marche e le Casse di risparmio
di Ferrara e di Chieti) custodivano non solo soldi dei risparmiatori. Vi era
depositata la coesione sociale di un Paese. Valore senza prezzo. Più la
politica si personalizza, insomma, più la trasparenza dei comportamenti
dovrebbe essere totale. Un auspicio per la prossima incerta Terza Repubblica.
Luigi Vicinanza – Editoriale www.lespresso.it
- @vicinanzal – L’Espresso – 21 gennaio 2016
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