Qualche Sera Fa, Tra
Amici, non c’era
nessuno che non avesse almeno un figlio all’estero. A studiare, assicurarsi un
master, lavorare. Per i giorni di festa la famiglia si ricompone, si brinda, e
poi rurri all’aeroporto. Va così. Già, ma perché? Le ragioni sono tante. La
prima è che in un mondo, come si dice, globalizzato, chi esce dalle nostre
scuole ha una buona formazione di base, ma per competere ha bisogno di
raggiungere un livello superiore, di lingue o specializzazione; o magari fuori
trova studi utili per nuovi mestieri che qui non ci sono. Secondo: altrove il
mercato del lavoro è più ampio e flessibile, offre maggiori opportunità. Terzo,
l’emigrazione dei giovani è un altro drammatico segnale dei ritardi accumulati
dall’Italia in vent’anni: il futuro che se ne va. E però di questa realtà, e di altre che
indicano un’emergenza, si parla poco. Vi ha fatto cenno Sergio Mattarella; i
più tacciono perché, dicono, non c’è niente di nuovo (ma è proprio questa ineluttabilità
che dovrebbe preoccupare, no?); altri temono di passare per “gufi”: eppure la
domanda di soluzioni concrete a problemi reali è un inno all’ottimismo. (..). Anche Per Questo Dare Vita a una nuova impresa qui è più caro che in ogni altro Paese del
mondo, Corea esclusa; e chi già fa impresa preferisce coltivare comode rendite
di posizione o si cerca una nicchia all’estero, va lontano, come i nostri
ragazzi. L’economia, dopo anni di stagnazione, finalmente si muove, ma appena
appena, altro che svolta, e proprio non basta. Come i posti di lavoro, perché
quattro giovani su dieci sono tuttora disoccupati. Tutti questi elementi, i
cosiddetti “fattori di produttività”, si sono aggravati a partire dal 2000,
cioè dal debutto dell’euro, e sempre più negli anni a venire, prima con lo
sfacelo dei governi Berlusconi, poi per la Grande Crisi che ha costretto
l’Europa intera, su spinta di Angela Merkel, a dure politiche di austerità che
si sono tradotte in stagnazione. Se Così Stanno Le Cose, a nulla serve l’insulsa disputa
euro sì-euro no ( i costi di un’uscita sarebbero devastanti, altro che Banca
Etruria); magari sarebbe ora di riflettere su come convivere con l’euro e con
Merkel senza finire stritolati, e provare finalmente a capire quali siano
l’origine e le diversità del caso Italia dove la moneta unica, piuttosto, ha
fatto da “detonatore” (Marcello Messori). Infatti, che c’entra l’euro se
l’università sforna la metà dei laureati della media europea; se i processi
durano anni; se la burocrazia è nemica; se la mafia controlla intere regioni
del Mezzogirno; se la corruzione corrode la pubblica amministrazione; se
l’evasione fiscale brucia 7,5 punti di pil (Mattarella). (..) Ecco un bel
programma di governo per il 2016:individuare ritardi e limiti del sistema Italia,
comprenderne le cause profonde, decidere le cose da fare subito. Con uno sforzo
straordinario, eccezionale. Perché è vero che nonostante tutto eccellenze
spiccano e si intravede una volontà riformatrice, ma ci vogliono anni per
raccoglierne i frutti. Troppi. E invece il tempo per evitare il peggio è
maledettamente poco.
Bruno Manfellotto – Questa settimana www.lespresso.it - @bmanfellotto – 14
gennaio 2016
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