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martedì 19 gennaio 2016

Lo Sapevate Che: Chissà se i nostri figli torneranno in Italia...



Qualche Sera Fa, Tra Amici, non c’era nessuno che non avesse almeno un figlio all’estero. A studiare, assicurarsi un master, lavorare. Per i giorni di festa la famiglia si ricompone, si brinda, e poi rurri all’aeroporto. Va così. Già, ma perché? Le ragioni sono tante. La prima è che in un mondo, come si dice, globalizzato, chi esce dalle nostre scuole ha una buona formazione di base, ma per competere ha bisogno di raggiungere un livello superiore, di lingue o specializzazione; o magari fuori trova studi utili per nuovi mestieri che qui non ci sono. Secondo: altrove il mercato del lavoro è più ampio e flessibile, offre maggiori opportunità. Terzo, l’emigrazione dei giovani è un altro drammatico segnale dei ritardi accumulati dall’Italia in vent’anni: il futuro che se ne va.  E però di questa realtà, e di altre che indicano un’emergenza, si parla poco. Vi ha fatto cenno Sergio Mattarella; i più tacciono perché, dicono, non c’è niente di nuovo (ma è proprio questa ineluttabilità che dovrebbe preoccupare, no?); altri temono di passare per “gufi”: eppure la domanda di soluzioni concrete a problemi reali è un inno all’ottimismo. (..). Anche Per Questo Dare Vita a una nuova impresa qui è più caro che in ogni altro Paese del mondo, Corea esclusa; e chi già fa impresa preferisce coltivare comode rendite di posizione o si cerca una nicchia all’estero, va lontano, come i nostri ragazzi. L’economia, dopo anni di stagnazione, finalmente si muove, ma appena appena, altro che svolta, e proprio non basta. Come i posti di lavoro, perché quattro giovani su dieci sono tuttora disoccupati. Tutti questi elementi, i cosiddetti “fattori di produttività”, si sono aggravati a partire dal 2000, cioè dal debutto dell’euro, e sempre più negli anni a venire, prima con lo sfacelo dei governi Berlusconi, poi per la Grande Crisi che ha costretto l’Europa intera, su spinta di Angela Merkel, a dure politiche di austerità che si sono tradotte in stagnazione. Se Così Stanno Le Cose, a nulla serve l’insulsa disputa euro sì-euro no ( i costi di un’uscita sarebbero devastanti, altro che Banca Etruria); magari sarebbe ora di riflettere su come convivere con l’euro e con Merkel senza finire stritolati, e provare finalmente a capire quali siano l’origine e le diversità del caso Italia dove la moneta unica, piuttosto, ha fatto da “detonatore” (Marcello Messori). Infatti, che c’entra l’euro se l’università sforna la metà dei laureati della media europea; se i processi durano anni; se la burocrazia è nemica; se la mafia controlla intere regioni del Mezzogirno; se la corruzione corrode la pubblica amministrazione; se l’evasione fiscale brucia 7,5 punti di pil (Mattarella). (..) Ecco un bel programma di governo per il 2016:individuare ritardi e limiti del sistema Italia, comprenderne le cause profonde, decidere le cose da fare subito. Con uno sforzo straordinario, eccezionale. Perché è vero che nonostante tutto eccellenze spiccano e si intravede una volontà riformatrice, ma ci vogliono anni per raccoglierne i frutti. Troppi. E invece il tempo per evitare il peggio è maledettamente poco.
Bruno Manfellotto – Questa settimana www.lespresso.it - @bmanfellotto – 14 gennaio 2016

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