“Ma proprio
su di me devi scrivere l’articolo”. “Sì, Anita, è tanto che non lo faccio. Non
posso ancora scrivere ancora di Renzi e i gufetti nelle slide; la politica
estera angoscia, un pò di leggerezza ci
vuole, insomma, un aggiornamento sul rapporto padre-figlia tocca farlo”. “Ok,
scrivi ma non di quella cosa”. “ Eh no, la censura no, mai”. Quella cosa è la
vera novità del momento per mamma e papà. la minaccia del 2016 che arriva.
“Tranquilla, non ti metterò in difficoltà, non io sangue del tuo sangue,
scriverne ci aiuta a esorcizzare, fidati”. Ci fidiamo . Anita, 12 anni
costretti in un fisico già utile a scambiare scarpe e vestiti con la madre, sa
che il mio ruolo di padre mediamente assente prevede la condivisione delle sue
punte gene razionalmente più frivole. Il mio cv vanta le medaglie dei concerti
del Mondo di Patty, di Violetta e dell’indelebile trasferta di Goteborg per la
sinfonia di ormoni e telefonini degli One Direction. Se Violetta è rimossa da
tempo, per gli One Direction il cammino sembra lungo. Non c’è giorno senza
cuori su Instragram messi da Anita sulle foto dei suoi boyband di riferimento.
Mi feci insegnare Instagram da lei col fine dichiarato di poterla seguire nei
suoi giri di minorenne alle prese col mondo infame che anche su internet cova. Gli One Direction, alla fine, sono il
minore dei mali. “Oggi non posso vedere la Roma. Vado ai Web Award con Laura e
la madre” mi disse un di fondamentale per le sorti del campionato. Così, mentre
il padre soffriva. Anita era alle prese con selfie, video e autografi dei suoi
youtuber preferiti, in carne, lacca e ossa. Io, proprio io, youtuber senza
sapere di esserlo, youtuber quando You Tube non c’era e i video si forgiavano
nell’argilla scaldati con bastoncini di legno per esser caricati su esotici
server in tempo utile a perdere svariate ciocche di capelli, mi son trovato a
combattere la mia nemesi. Incasso, osservo le sopracciglia dell’esercito del
male, lì studio alla livorosa e vana
ricerca di talento, scanso milioni di follone, abbozzo e vado avanti a cuore
gonfio fino a quella cosa: il cuore
in Instagram più temuto, quello lasciato da Anita sulle ali di gabbiano della
porta accanto. “Chi è Ruzzy Gully” (nome di fantasia)?” ho chiesto a
bruciapelo. “Uno di scuola” ha risposto Anita. “Questo non suona, non canta,
non sta in tv, non sta su You Tube e nemmeno in classe tua, niente di niente.
Allora ti piace!” abbiamo esclamato come detective rassegnati. “No!” continua a
rispondere lei. Una nuova, impossibile battaglia è iniziata.
Buon 2016.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica –
8 gennaio 2016 -
Nessun commento:
Posta un commento