La fine dei dinosauri era scritta
nelle stelle. Non è una questione di astrologia, bensì di astrofisica. Perché è
proprio una delle più celebri esperte di questa materia – Lisa Randall, docente
di cosmologia all’Università di Harvald, eletta da Time nel 2007 tra i 100
personaggi più importanti al mondo – a proporre oggi l’identikit del killer dei
rettili giganti: un disco di invisibile materia oscura che 66 milioni di anni
fa deviò verso la terra una cometa. La teoria è esposta nel nuovo saggio Dark matter and the dinosaurs: the
astounding interconnectedness of the universe (La materia oscura e i
dinosauri, la sorprendente interconnessione dell’Universp. Il Saggiatore lo
pubblicherà in Italia a metà 2016) . “L’ipotesi ad oggi più accettata era
quella di un asteroide che impattò sulla Terra nell’attuale Yucatàn (Messico),
lasciando un cratere largo 200 chilometri. Era largo almeno 14 chilometri e
spazzò via il 75 per cento delle specie terrestri” spiega Lisa Randall al
Venerdì. “Si pensava ad un evento unico e del tutto casuale. Oggi invece
abbiamo indizi che impatti di corpi di quelle dimensioni si ripetono ogni 32
milioni di anni. E’ la stessa regolarità con cui il nostro sistema solare,
oscillando in su e in giù lungo la sua orbita nella Via Lattea, interseca il
piano della sua orbita. Se su questo piano giacesse un enorme disco di materia
oscura, ogni volta che il sistema solare, nelle sue oscillazioni, lo
attraversa, la gravità potrebbe deviare verso la Terra qualche cometa della
Nube di Oort”. Con effetti apocalittici, “Quando una grande cometa impatta sul
pianeta a 60 chilometri al secondo può
sprigionare energie pari a un miliardo di bombe atomiche, incendiare
l’atmosfera e causare nubi che interrompono per mesi la fotosintesi
clorofilliana” osserva Randall. “Sessantasei milioni di anni fa sopravvissero,
tra gli animali terrestri solo quelli sotto i 25 chilogrammi – e quindi
soprattutto i mammiferi – perché non avevano bisogno di grandi quantità di
cibo, molto più rare in un ambiente sconquassato”. Tutta colpa del disco di
materia oscura, quindi. Ma perché nessuno prima della Randall ci aveva pensato?
“Perché la materia oscura, così come la conosciamo oggi, si trova soprattutto
in bolle attorno alle galassie, mentre quella capace di appiattirsi e
condensarsi in un disco – ossia comportarsi proprio come la materia
tradizionale, che perdendo energia dopo il Big Bang ha formato i dischi della
Via Lattea e delle altre galassie a spirale – è un tipo di materia oscura che
stiamo ancora cercando : satelliti come Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea
potrebbero darci più indizi”. Questa sostanza elusiva, rimane a tutti gli
effetti una…materia oscura. Sarebbe meglio chiamarla materia trasparente, perché le cose scure assorbono la luce, mentre
la materia oscura non la assorbe né emette” osserva Randall. “Pur costituendo
l’85 per cento dell’universo, possiamo coglierne la presenza solo osservandone
gli effetti sulla gravità”. E anche, almeno in teoria, sui dinosauri.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 8
gennaio 2016 -
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