Tra Il Grido E Il
Silenzio scegliamo
la parola, dichiarava ufficialmente il Tribunale “8 marzo” costituitosi a Roma
nel 1079 per dare voce alle donne superare i condizionamenti che impedivano la
piena libertà femminile. All’alba degli anni Ottanta, l’immagine delle
femministe trasandate in gonnelline a fiori e zoccoli di legno lasciava spazio
a un modello di donna diversa, più riconciliata con gli uomini ma soprattutto
capace di ottenere il successo nella vita professionale. Marisa Bellisario,
prima donna italiana a diventare amministratore delegato di una grande società
a diventare amministratore delegato di una grande società (Italtel) diventata un santino: completo
Giorgio Armani, pettinatura vagamente punk, sguardo diritto. Un look perfetto
per i media. Quanto tempo è passato da quella volta. Eppure il power dressing
femminile – cioè il modo di vestire delle donne di potere – è ancora “under
construction”. Il completo giacca con i pantaloni o con la gonna, aggiornato nelle
forme della moda del momento, rimane una delle divise più sfruttate, spesso
senza uno stile personale. Una scelta che molte donne al potere reputano
“necessaria”, nonostante la parlamentare australiana Mary Crawford rivendichi
che in politica “le donne non vogliono essere notate per come si vestono, ma
per quello che dicono”. Angela Merkel, la cancellieri tedesca, si presenta con
pantaloni scuri e giacca sempre dello stesso modello, con l’unica civetteria
dell’uso del colore: sempre diverso, senza paura delle tinte forti. Una scelta
precisa, solo all’apparenza rinunciataria perché in realtà la rende
inconfondibile. E poi così comunica che lei non ha tempo da perdere: è una
scienziata cresciuta nella Germania dell’Est. Forse è l’essere francese che
rende così chic Christine Legarde, il direttore del Fondo Monetario
internazionale: in uno straordinario mix in cui l’eleganza e la femminilità si
fondono con la necessaria compostezza del ruolo, in tutte le occasioni, senza
brusche sterzate. Il suo arrivo alla “prima” della Scala dello scorso anno – in
uno Chanel grigio corto da sera – non era differente dalle volte in cui la
vediamo partecipare agli incontri di politica internazionale. (..). Ha scritto
la femminista americana Germaine Greer: “Le perle del potere sono di un bianco
puro e molto grandi, tra gli 11 e i 16 millimetri di diametro, su un unico
filo, che deve restare sulla linea del collo, senza mai superarla. La
dimensione rivela che le perle del potere non sono esattamente “naturali”.(..).
Michelle La Democratica. Ma anche le first lady svolgono un ruolo attivo nella
politica (seppur indiretto) scegliendo di occuparsi di particolari temi che sentono vicini alla loro
posizione. Michelle Obama, per esempio, ha fondato “Let’s Move”, per promuovere
la cucina salutista e combattere l’obesità. La forma e l’immagine del suo corpo
diventano quindi altrettanti strumenti per comunicare il messaggio “fitness”;
di conseguenza le sue scelte, anche in fatto di abbigliamento, sono
fondamentali nel catalizzare l’attenzione e creare quel desiderio che spingerà
le casalinghe americane a cucinare più sano e fare attività fisica. Con lei,
inoltre, si annulla la distanza tra la first lady e la gente comune: il
contrario di quello che accadeva ai tempi di Jacqueline Kennedy, , che dopo
l’elezione a presidente di John si era affidata ai consigli del potente
direttore di “Vogue” Diana Vreeland. (..). Jackie è poi diventata un’icona di
stile altissimo, mentre Michelle Obama punta a diventare un modello accessibile
e reale per tutte. In questo senso, usa il suo corpo e i suoi vestiti per fare
politica.
Maria Luisa Frisa – Sul corpo delle donne – L’Espresso 7
gennaio 2016 -
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