La scorsa settimana, seduta nello
studio della mia terapista, mi lamentavo. Un’occupazione a cui mi abbandono con
una certa frequenza. Tanto che a volte ho l’impressione di pagare le sedute per
il semplice privilegio di avere qualcuno disposto ad ascoltare le mie
lamentele, risparmiando così ad amici e familiari il tormento di starle a
sentire. Le mie rimostranze erano incentrate, come sempre, sulla mia
depressione strisciante, la mia perenne insoddisfazione e il senso di distacco
che provo nei confronti della mia vita. I soliti crucci dei privilegiati. La
mia terapista è molto giovane e molto bella (la sua bellezza è irrilevante
rispetto alla sua competenza e ai fini di questa storia, ma non possa fare a
meno di menzionarla perché è tale da indurre la gente per strada a fermarsi
e rende quasi difficile – ma non impossibile – concentrarsi sui futili
motivi della nostra disperazione). E’ anche molto giudiziosa. Pragmatica,
addirittura. Pratica la terapia cognitivo-comportamentale: le insulse stronzate
analitiche e auto compiaciute non fanno per lei. E francamente nemmeno per me. (..).
La terapista, paziente oltre ogni limite, mi ha ascoltato sin quando ha potuto.
Alla fine però mi ha interrotta, chiedendomi di riflettere su una situazione
ipotetica: “ Immagina, mi ha detto, di avere un armadio pieno di “robot Ayelet”
che rappresentano la versione ideale di se stessa. Sanno fare le stesse cose
che sai fare tu. Anzi, di più e con risultati migliori. Scrivono meglio di te, tanto
da poter produrre romanzi di successo, saggi intensi e incisivi e sceneggiature
incredibilmente appassionanti.(..). Lei non poteva sapere che la situazione
ipotetica che mi stava descrivendo era già stata vissuta da Superman: nei primi
episodi della saga aveva un armadio pieno di robot come quelli, ciascuno dei
quali possedeva uno dei suoi superpoteri. Poteva azionarli quando non riusciva
a intervenire di persona perché l’assenza di Clark Kent avrebbe destato
sospetti, o quando temeva che i criminali fossero pronti a ricorrere alla
Kryptonite. E mentre i robot di Superman erano etichettati “vista a raggi X”,
“capacità di volare”, “super forza”, i miei potrebbero essere: “narratrice”,
“capacità di analisi sociale tagliente”, “creatrice di mondi fittizi”, “ideatrice
di personaggi”, “cuoca”, “conferenziera”, “genio matematico” (i miei figli
hanno sempre bisogno di aiuto coi compiti, ma le mie competenze mi hanno
permesso di sostenerli solo sino alle elementari)(..). Quali di quelle varie
attività e incombenze terresti per te, anziché delegarle a loro? Quali sono le
cose che ami a tal punto da non poter nemmeno pensare di affidale ad altri,
anche se questi sapessero farle meglio? La sua domanda ha posto subito fine
alle mie compiaciute lamentele. E’ passata solo una settimana da allora e non
posso sapere quali effetti le sue parole avranno sulla mia vita, ma qualcosa in
me è già cambiato. (..). In onore della genialità della mia terapista (bella al
punti da confondere), desidero porre a voi la stessa domanda che lei ha posto a
me: qual è la cosa (o le due-tre cose) che, se anche aveste i robot di
Superman, terreste per Voi? Cercate di scoprirlo. Poi, se siete così fortunati
da potervelo permettere, mettetela al centro dei vostri sforzi. Buone Feste.
Ayelet Waldman – (traduzione di Marzia Porta) - Donna di Repubblica 19 Dicembre 2015 -
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