C’erano tutti i protagonisti della
tempesta bancaria nel festoso salone dei corazzieri al Quirinale ad ascoltare
il 21 dicembre le parole del presidente Sergio Mattarella: “Gravi episodi
relativi ad alcune banche locali” che mettono in dubbio “la trasparenza, la
correttezza e l’etica degli intermediari, bancari e finanziari”. Il governatore
di Banca d’Italia Ignazio Visco seduto accanto al presidente
dell’anticorruzione Raffaele Cantone, chiamato dal governo a fare da garante
presso i risparmiatori truffati. Il governatore è assorto, sembra stanco, è
reduce da un tour mediatico senza precedenti, compresa la prima serata in tv al
programma di Fabio Fazio: i suoi predecessori, Mario Draghi, Antonio Fazio,
Carlo Azeglio Ciampi, Paolo Baffi, Guido Carli, parlavano sempre ex cathedra,
lontano dalle telecamere. Cantone, di solito loquace, resta silenzioso. C’è il
presidente della Consob Giuseppe Vegas. C’è il ministro Maria Elena Boschi,
tirata in ballo in qualità di figlia dell’ex vicepresidente di Banca Etruria. E
c’è, naturalmente Matteo Renzi. Per il Premier il crollo di credibilità nel
sistema bancario (l’84 per cento degli italiani non nutre nessuna fiducia negli
istituti di credito, spiega Ilvo Diamanti su “Repubblica” del 22 dicembre) è,
al tempo stesso, un’opportunità da cavalcare. Per settimane Renzi ha subito gli
attacchi contro il suo governo e ha svelato un’incertezza comunicativa e
politica mai vista prima. La famiglia, il territorio, la comunità locale,
perfino la toscanità, da valori positivi si sono ribaltati nell’opposto:
familismo, favoritismo, intreccio di ruoli e funzioni, come il procuratore capo
di Arezzo consulente di Palazzo Chigi. Ma più vanno avanti le indagini, più il
bubbone della mancata vigilanza si estende ad altri istituti e altri territori,
dalle Marche al Veneto, più il premier prova ad allargare lo spazio di manovra.
Ancora una volta, la sua carta principale è la colpa di chi lo ha preceduto.
Basta scorrere le date: il dissesto delle banche, le comunicazioni tra Banca
d’Italia e Consob mai davvero attivate (e mai arrivate a conoscenza dei
risparmiatori), risalgono in gran parte al biennio 2011-2013, quello del crack
italiano, il periodo in cui l’allora sindaco di Firenze muoveva da Palazzo
Vecchio la “scalata” verso Roma, incontrando sulla sua strada il vuoto. Le
banche senza fiducia sono speculari ai partiti in crollo di consensi che tra il
2011 e il 2013 furono travolti dalla doppia ascesa di Renzi e di M5S. Lo
scandalo rappresenta per Renzi l’occasione per commissariare Banca d’Italia e
Consob. Un tassello della nuova strategia che prevede l’apertura del fronte
polemico in Europa contro Angela Merkel. L’ennesimo accentramento di potere
nelle mani dell’uomo di Palazzo Chigi. C’è da chiedersi, però, quanto potrà
durare la Repubblica commissariata da Renzi. Prima che la sua forza si
trasformi nella debolezza del sistema.
Marco Damilano – Governo – www.lespresso.it
– 30 Dicembre 2015
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