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Il Mediterraneo aveva iniziato a vivere una fase di fermento. Dalla Tunisia prese il via una rivolta dal basso che si diffuse a macchia d’olio anche in altri Paesi, cambiando in poco tempo l’assetto politico dell’intera regione geografica. Dittature considerate intoccabili e inossidabili vennero sfidate dalle piazze e costrette ad arrendersi. Con tempi e modalità diverse che, specialmente nel caso della Libia, causarono movimenti massicci di popolazione. Ma, a differenza di quanto affermavano con toni apocalittici vari esponenti del governo italiano, con slogan orchestrati per alimentare la paura tipo: “Dalla Libia vi sarà un esodo biblico verso il nostro Paese”, “ Uno tsunami umano”, la maggior parte di queste persone, circa un milione e trecentomila, si riversò negli Sati confinanti. Non in Italia.
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Furono settimane difficili per tutti. I migranti che giungevano a ritmo serrato non venivano trasferiti sulla terraferma ma lasciati sull’isola per giorni e giorni, senza un alloggio, per strada, senza servizi igienici senza dignità. I nostri ripetuti appelli alle autorità a non creare una tale rischiosa congestione furono del tutto ignorati.
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Tutti chiedevano aggiornamenti, storie di persone arrivate, previsioni sui flussi, commenti sull’accoglienza, interviste, collegamenti in diretta. Iniziavo a lavorare la mattina presto per dare ai giornalisti i dati sugli arrivi della notte e durante il giorno continuavo a gestire il flusso di informazioni e a rispondere alle loro domande. Con i colleghi si andava a verificare la situazione al molo commerciale dove arrivavano centinaia di migranti, per poi passare al molo. Favarolo, luogo in cui invece sbarcavano quelli soccorsi dalla Guardia costiera. Da là raggiungevamo il centro d’accoglienza che ormai era diventato una distesa di corpi tra cui era difficile muoversi e dove lavorare era al limite dell’impossibile.
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Laura Boldrini – Solo Le Montagne Non Si Incontrano Mai -
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