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venerdì 19 aprile 2013

Lo Sapevate Che: L'Analisi...


Li Chiamano Rimpianti Ma Le Scelte Sbagliate
Sono La Nostra Vita

Solo chi non conosce se stesso e la propria identità pensa di non aver sfruttato le occasioni del passato

Un giorno Merleau- Ponty andò a trovare il suo amico Jean Paul Sartre in una clinica dove il filosofo era ricoverato per aver rotto una gamba durante un’escursione in montagna. “Se avessi preso una guida ora non saresti in queste condizioni” disse Merleau-Ponty. “Ma secondo te, io sono uno che va in montagna accompagnato da una guida?” fu la risposta di Sartre. Già, se Sartre avesse avuto un carattere più prudente e più accorto, forse si sarebbe fatto accompagnare da una guida. Ma Sartre non aveva quel carattere, e perciò l’ipotesi di farsi accompagnare da una guida era del tutto esclusa dalla tipologia della sua personalità. Che cosa c’è qui in gioco e, più in generale, in tutti quei giochi che talvolta facciamo quando diciamo “se allora avessi fatto…”, “se in quella circostanza avessi detto…”? In questo gioco c’è niente di meno che il conflitto tra identità e libertà.
Non abbiamo tra le mani tutte le scelte possibili, ma solo quella scelta compatibile con la nostra identità. Per questo siamo riconoscibili e gli altri si fidano di noi, perché, dopo averci conosciuto, si aspettano da noi una serie di comportamenti e di azioni coerenti con la personalità che abbiamo manifestato. Allo stesso modo quando ci riferiscono malefatte di persone che conosciamo e stimiamo, stentiamo a crederci, perché da quel tipo di personalità non ci si aspetta azioni riprovevoli. La nostra identità è il principio della nostra riconoscibilità e della reciproca fiducia, che è poi il fondamento delle relazioni sociali.
Se  la mia identità non generasse una serie di scelte coerenti con essa, sarei imprevedibile, come imprevedibile è il comportamento dei bambini  che ancora non hanno un’identità, o degli adolescenti a cui è concesso di essere contraddittori nei loro comportamenti, perché ancora non sanno chi sono e cosa vogliono  diventare: Non è un caso che proprio nell’adolescenza si affollano i “se” e i “ma” circa la direzione da prendere in ordine al proprio avvenire, dove i progetti si confondono con i sogni, i sogni con la passione di un giorno, le trasgressioni col desiderio di rifondare il mondo, finchè non si affaccia la dura realtà, a cui gli adulti talvolta li richiamano, stimolando in loro da parte eroica per sfidare la realtà, oppure l’acquiescenza per assecondarla.
E’ possibile qui scegliere quali delle due vie seguire? No. La scelta è già iscritta nella propria identità. E quando da adulti, con il rimpianto di non poter tornare indietro, diciamo “se avessi preso quell’altra strada” o “se avessi fatto quell’altra scelta”, queste frasi meritano una traduzione che non facciamo mai, perché è duro riconoscerlo. La traduzione è: “ Se avessi un’altra identità, un altro carattere, un’altra personalità, allora…”. E siccome l’identità, il carattere, la personalità non si possono cambiare come gli abiti, nella vita abbiamo fatto quel che siamo.
Rimpianti, malinconie, nostalgie, che sono il nutrimento di tutti i “se”, dicono solo  non ci conosciamo, e ancora viviamo il delirio dell’onnipotenza, come se a noi tutto fosse stato possibile, quando invece l’unica possibilità era fare quel che eravamo. Ogni rimpianto ha del patetico e soprattutto denuncia una radicale ignoranza di sé. E allora tornano utili i due moniti dell’oracolo di Delfi che Platone erge a principi dell’etica: “ Conosci te stesso” (perché se non ti conosci fai scelte che non si accordano con la tua personalità), e poi, dopo esserti conosciuto, realizza ciò che sei “secondo misura”, (perché puoi essere un poeta, ma magari non come Dante, puoi essere un pittore, ma magari non come Michelangelo), e se non conosci la misura vai incontro alla rovina.
E’ bello sentire i racconti degli anziani che, al confine della loro esistenza, affollano i loro discorsi con una serie infinita di “se” e di “ma”. Stanno cercando tutte le vite che nella loro immaginazione potevano vivere e non hanno vissuto. Stanno recuperando tutti gli aspetti della loro personalità rimasti a livello embrionale, e ora fanno la comparsa nella loro memoria, più attenta all’antico che al recente, quasi a compensare l’unilateralità della loro vita, a cui la nostra società li ha obbligati. In questo caso i “se” e i “ma” sono un recupero di sé, un dare compiutezza alla propria esistenza. Mentre ai giovani va ricordato quel monito di Nietzsche: “ Diventa ciò che sei” e io aggiungo “senza se e senza ma”.
Umberto Galimberti – Repubblica – 7-4-13

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