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lunedì 22 aprile 2013

Lo Sapevate Che: Una New Company Per Cambiare A Sinistra


La folle battaglia per il Quirinale illumina un paradosso della politica italiana. Per la prima volta nella storia repubblicana, tutti i candidati alla presidenza della Repubblica appartenevano a una sola area politica e culturale.
Eppure la sinistr, nella sua massima espressione politica, il Partito Democratico, non c’è più. Esiste un valoroso popolo di sinistra, più ampio di quanto non dica il risultato elettorale, che condivide valori e progetti comuni e ha maturato negli anni del berlusconismo un idem sentire solido e coerente, manifestato in mille occasioni. Esistono élite di sinistra in ogni settore del Paese, nell’economia e nella cultura, nel mondo delle professioni e nell’informazione e perfino nella politica, che godono di stima e di considerazione in patria e all’estero. L’elenco candidati presidenti votato dagli iscritti militanti 5 Stelle ne comprendeva un bel campionario. La questione è: perché questo pezzo di società vitale e intelligente esprime un ceto politico dirigente così lontano da se stesso? Cosa c’entra la sinistra che s’incontra tutti i giorni nel paese reale con questi personaggi che si odiano da vent’anni, capaci di qualsiasi tradimento o compromesso pur di far valere le proprie immotivate ambizioni e soprattutto far fallire quelle del compagno di partito?
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Bersani ha finto per cinquanta giorni di volere un accordo con i grillini. Ma quando si è trattato di compiere l’atto più importante di questo inizio di legislatura, la scelta del Quirinale, di colpo si è girato dalla parte di Berlusconi, tentando la carta del compromesso su Marini, foriera di un futuro governo di larghe intese. Nonostante Grillo gli offrisse su un piatto d’argento un nome che è la biografia stessa della sinistra italiana, Stefano Rodotà. Il meno grillino dei candidati 5 Stelle, come testimoniano le sue parole di ieri, da nobile e sconfitto.
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Il vero, ma inconfessabile, obiettivo del gruppo dirigente era l’accordo con Berlusconi, che alla fine infatti è arrivato. Sul nome di Napolitano, soluzione proposta dal Cavaliere e media al seguito fin dal primo giorno.
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Il vecchio nuovo presidente ricomincerà da dove aveva interrotto la proposta di un governo a larghe intese con Pd e Pdl, sull’esempio nobile dell’unità nazionale fra Moro e Berlinguer. Qui però si tratta di mettere insieme non i due vincitori, ma due sconfitti. Pd e Pdl, che insieme hanno perso dieci milioni di voti. Per quanto durerà? Si spera comunque il tempo di cambiare una legge elettorale infame e di tornare al voto. Con un nuovo Pd. Dopo un fallimento come quello di Bersani, non resta che separare “l’azienda”. Da una parte una “bad company”, con la solita nomenclatura impegnata a regolare i vecchi conti in rosso. Dall’altra una “new company” dove si mantenga vivo il dibattito fra linee diverse, come sono quelle di Matteo Renzi e Fabrizio Barca, ma su un piano diverso di civiltà politica e onestà intellettuale, in sintonia con la base elettorale. Un nuovo Pd capace di sfidare Grillo sul terreno del cambiamento e di presentare al Paese una visione del futuro, rispetto ai rancori del passato che hanno attanagliato i vecchi gruppi dirigenti fino alla distruzione.
Curzio Maltese – Repubblica – 21-04-13

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