Quando Mi Sono (Quasi) Persa Per Un Uomo Spaventato
Tra le paure più grandi, per le donne, c’è quella della disapprovazione dagli uomini che hanno accanto. E tra i prezzi che siamo disposte a pagare per evitarlo c’è spesso anche quello di non rimanere fedeli a noi stesse.
Parlo per esperienza. A lungo questa è stata in assoluto la mia paura più grande, ed ebbe inizio con la mia prima relazione davvero importante. Avevo 21 anni quando conobbi Bernard Levin, quel giorno ospite con me di Face the Music, un quiz musicale della televisione britannica. Lui di anni ne aveva 42.
Mi trova lì in veste di curiosità: una ragazza dall’accento straniero nominata presidentessa della Cambridge Union . Bernard era la celebre firma del London Times, un’intellettuale con una conoscenza enciclopedica della musica, come più o meno di tutto il resto. Nei suoi confronti avevo una forte infatuazione intellettuale con una conoscenza enciclopedica della musica, come più o meno di tutto il resto. Nei suoi confronti avevo una forte infatuazione intellettuale fin dai tempi di Cambridge, quando avevo cominciato a leggere ciò che scriveva. Avevo divorato il suo libro The Pendulum Years e ritagliavo meticolosamente le sue rubriche, sottolineandole e conservandole in un raccoglitore.
Scoprire che tra gli ospiti ci sarebbe stato anche lui mi aveva ridotto a un fascio di nervi incapace di esprimersi. Ancora oggi mi stupisco di essere riuscita, nella nebbia che mi avvolgeva, a riconoscere la Quarta sinfonia di Schumann. Al termine della registrazione, Bernard mi invitò a cenare con lui la settimana dopo. Ricordo solo che trascorsi i giorni successivi in preda a un’ansia acuta, preparandomi psicologicamente, curando il mio aspetto, aggiornandomi sulla situazione in Irlanda del Nord, sui recenti sviluppi in Unione Sovietica, e sulle ultime incisioni di Wagner. Durante la cena, la paura mi mise tali farfalle nello stomaco che praticamente non feci altro che spostare il cibo nel piatto.
Quella settimana stessa cominciammo una relazione che sarebbe durata fino alla fine del 1980, quando da Londra mi trasferii a New York. Per molti aspetti, il motivo per cui lasciai Londra fu proprio Bernard, ma desideravo dei figli, mentre lui non aveva mai voluto né avere figli, né sposarsi. A commuovermi era il fatto che non vivesse quel suo rifiuto come un segno di indipendenza e libertà, bensì come un limite caratteriale, frutto delle sue paure più profonde. Ne ha anche scritto, e la paura che racconta non è affatto appannaggio esclusivo degli uomini: “Quale paura di rivelarsi, di essere vulnerabili, di essere umani, ci afferra con tanta violenza, e soprattutto perché? Cos’è che laggiù, nel buio profondo della psiche, urla il suo silenzioso ‘no’ al nostro intenso desiderio di un ‘sì’?”.
Nel suo caso, quel “no” coincideva spesso con un ritrarsi nella depressione, che lui definiva “la tana oscura dove il desiderio di solitudine dell’anima malata si trasforma in misantropia”.
Da allora ho parlato con decine di donne intrappolate in relazioni simili alla mia, dove l’uomo non sa o non vuole ricambiare il nostro desiderio di un’intimità più profonda. Razionalmente sapevo che i suoi problemi con l’intimità e l’impegno erano suoi, e che con me avevano poco o nulla a che fare, ma al tempo stesso nutrivo l’irrazionale timore di essere io quella non all’altezza. Il risultato fu che rimasi con lui per molto tempo, anche quando fu chiaro che non ero più fedele a me stessa.
Ancora mi sorprende pensare alle riserve di coraggio cui dovetti attingere per riuscire a lasciarlo. Decenni dopo, riesco ancora a percepire tutto il dolore di una decisione. La mia biografia di Maria Callas, pubblicata nel 1980 . l’anno in cui me ne andai – è dedicata a Bernard: “Senza il suo sostegno e la sua comprensione costanti”, scrissi nei ringraziamenti, “ e senza le lunghe ore da lui trascorse a leggere, criticare e migliorare, mi domando talvolta se questo libro sarebbe esistito”.
(Traduzione di Matteo Colombo)
da Donna di Repubblica 6.4.13
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