Gridare Al Lupo Non Serve A Combattere La Droga
Freud dice che alla base dell’assunzione delle sostanze c’è “il desiderio di sottrarsi alla pressione della realtà”
Ho lavorato per vent’anni nei Servizi Tossicodipendenze (Ser.T.) di Verona e in questi giorni, in cui sono state consegnate al Parlamento notizie sanitarie imprecise, voglio denunciare l’idea falsata del fenomeno “droga” indotto da alcuni slogan giornalistici che hanno avuto un enorme successo negativo.
“L’età dei tossicodipendenti anche quest’anno si è abbassata: scende a 12 anni l’età dei consumatori”. Questa affermazione è dal 1973 che viene portata avanti, pur sapendo che l’età media d’inizio agli stupefacenti è sempre stata più vicina ai 20 anni che ai 10 anni.
“Sempre più giovani si drogano”: Non è vero: nel 1980 a Verona si era calcolato in 2400 il numero dei tossicodipendenti attivi. Con un incremento annuo del 10% oggi saremmo a quota 11mila! Ma ancor oggi i tossicodipendenti reali vengono valutati in 2400.
“Dal tunnel della droga non si esce!”. Ma non si dice mai quanti escono dal tunnel. E’ più facile uscire dalla droga che dalle statistiche della burocrazia della Sanità. Se il numero dei tossicodipendenti è stabile significa che tante persone entrano ma altrettanto numerose escono.
Il fatto che dalla droga si può uscire, e ne esce più del 70%, non è mai sottolineato nell’informazione sanitaria.
“Nel 2011 sono morti 362 tossicodipendenti in Italia”: questo è vero, ma purtroppo si contano anche 70mila morti per il tabacco. Questo dato mette in evidenza lo sproporzionato interesse per le tossicodipendenze da droghe e quasi nessun interesse per sostanze come alcool, tabacco, gioco d’azzardo.
“La cannabis danneggia i neuroni cerebrali”. “L’astinenza da cannabis è mortale”. La mia esperienza ventennale nei Ser.T. veronesi, dice invece che pochissimi pazienti sono stati curati per problemi legati alla cannabis. A meno che gli operati dei Ser.T. siano così distratti da non vedere per 30 anni migliaia di dipendenti da cannabis gravemente malati.
Infine la donna tossicodipendente viene presentata in modo irrispettoso, come “prostituta e senza cervello” in quanto farebbe: “una ricerca quasi isterica della dose”, perché “ha un controllo annientato, mentre nell’uomo c’è più controllo”.
Questa breve rassegna stampa mostra come molti esperti danno i numeri, ma non ci consegnano la realtà di quello che i numeri vorrebbero significare, e questo può provocare l’effetto contrario a quello sperato. Che poi alcune informazioni imprecise siano state date anche ai parlamentari, poco male. Così fra disinformati (parlamentari e opinione pubblica) potrebbe nascere un confronto.
Lino Signori
Purtroppo ho dovuto tagliare e di molto la sua lettera, comunque la ringrazio per le sue considerazioni che denunciano la drammatizzazione di un problema, quando tutti sappiamo che drammatizzare un problema non è mai un buon metodo per risolverlo, soprattutto se si ricorre a informazioni scorrette. Che la droga sia un male ne siamo tutti convinti e penso che lo sia anche lei, altrimenti non avrebbe lavorato da vent’anni in servizi per tossicodipendenti. Ma se uno si procura del male è perché lo vede come un estremo rimedio. E a che cosa pone rimedio la droga? Alla fatica di vivere che la droga in qualche modo anestetizza.
Il piacere dell’anestesia è il più sottile, il più insidioso, il più diffuso che contamina sia coloro che hanno detto sì alla vita, ma non ne reggono i ritmi richiesti per raggiungere quell’ideale di successo o di autoaffermazione che si sono prefissi e allora assumono cocaina, sia colore per i quali la vita è carica di insensatezza e di insignificanza, per cui si procurano qualcosa, come ad esempio l’eroina, che li anestetizzi di fronte a questa insopportabile mancanza di senso. Un rimedio anestetico sono anche le sigarette nei confronti dello stress, l’alcool per attutire il peso della depressione, le droghe cosiddette leggere per intontirsi un po’ e assentarsi dalla noia della routine, l’ecstasy per non avvertire le paure e le barriere che ci chiudono nel recinto stretto della nostra solitudine.
Se alla base dell’assunzione di droghe c’è questo bisogno di anestesia, allora vuol dire che nella società che abbiamo costruito è troppo difficile vivere: o perché non si trova un senso alla propria esistenza, o perché gli obbiettivi da raggiungere sono al di là delle nostre possibilità. E allora è qui che bisogna intervenire, e non con una propaganda che pensa di risolvere il problema drammatizzandolo, e per giunta, come lei dice, con una forte dose di disinformazione.
Donna di Repubblica – 2-3-13-
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