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domenica 17 settembre 2017

Lo Sapevate Che: Paperelle di plastica contro la corruzione...



I Brand Spopolano perché incarnano lo spirito dei tempi. E nessuno resiste al loro fascino.  Il primo ministro russo Dimitrij Medvedes, per esempio, nutre un’irrefrenabile passione per le Nike colorate, in particolare quelle delle tinte psichedeliche, divenute così bersaglio simbolico degli ultimi cortei di protesta (come sempre repressi con la violenza) svoltosi a Mosca e in altre città. Alle calzature fashion i manifestanti, chiamati a raccolta dal blogger anticorruzione Alexei Navalny, hanno contrapposto le “normali “scarpe sportive: anzi ne hanno fatto un simbolo di dissenso, legandosele al collo e ai lampioni. Le scarpe comuni e abituali della Generazione P (cresciuta sotto la “democrazia” putiniana, e senza grandi prospettive di futuro) contro le sneaker griffate di un potere politico famelico. A partire, per l’appunto, da Medvedv, di cui il coraggioso Navalny ha documentato l’accumulazione illecita, attraverso una fondazione filantropica, di ricchezze: che annoverano un casale in Toscana e una costellazione di ville, tra le quali una con un lago pieno di anatre. Ecco il perché delle paperelle di plastica sventolate dai partecipanti ai cortei, quale secondo emblema della battaglia per la moralizzazione della classe dirigente. Stessa funzione ha, in Turchia, la minigonna e la maglietta no logo (con la scritta Hew) indossata al processo da Gokhan Guclu, l’ex militare accusato di avere partecipato al golpe conto Erdogan. Identifica anche i dissidenti democratici che protestano contro l’autocrate (il semplice possesso dell’indumento, nella Turchia della cieca e furiosa repressione, giustifica l’arresto). Ogni mobilitazione politica ha bisogno di simboli e rappresentazioni. Vale ancora di più oggi che i moti di protesta si sviluppano in maniera spontanea, senza partiti o sindacati alle spalle, e come reazione indignata alla pessima gestione delle crisi economiche, e alle malversazioni dei potenti. Nell’età della democrazia post-rappresentativa, del tramonto delle ideologie novecentesche e del ritorno della politica dell’identità, i movimenti di opposizione scelgono come emblemi di oggetti a portata di mano (o di piedi come in Russia). Accade anche durante la madre di tutte le rivoluzioni che ha inaugurato la modernità in Occidente, quella francese del 1789, dove vestiti, copricapi (il berretto frigio) e colori divennero segni di riconoscimento delle diverse fazioni e correnti. A differenza dell’antipolitica delle nostre parti, altrove sono assenti gli imprenditori politici del populismo. Chi scende in piazza anela a maggiori libertà e pluralismo, guardando alle nostre affaticate liberali democrazie con grande fascinazione. Così è stato per le manifestazioni contro il decreto salva-corrotti in Romania, dove i partecipanti hanno formato l’immagine della bandiera Ue: quale oggetto più quotidiano (e biopolitico) del proprio corpo? Analogamente accadde per le proteste delle pentole e delle padelle: nell’Argentina tra fine anni ’90 e inizio 2000, in Brasile e in Venezuela in occasione della contestata elezione di Maduro. Anche la quieta ed esemplare democrazia islandese ha ospitato una rivolta delle pentole che, nel gennaio 2009, portò alla caduta del governo, coinvolto nel collasso finanziario della nazione. Gli ombrelli multicolori sono il simbolo dell’impavida opposizione di Hong Kong. E (anche) sugli smartphone, e via social, viaggiarono le primavere arabe. Oggetti di uso comune, insomma, per tentare di raggiungere la condizione (tra le più difficili malauguratamente) di Paesi normali. E chissà che, prima o poi, diventi tale anche il drone, come quello di cui si è avvalso Navalny per documentare il patrimonio indebitamente accumulato da Medvedev.
Massimiliano Panarari – Opinioni – Donna di La Repubblica – 9 settembre 2017 -

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