Big Luciano!
Nato il 12 ottobre 1935 a Modena, il celebre tenore
emiliano ha manifestato fin da subito una precoce vocazione al canto, come
testimoniato dai resoconti familiari. Non solo infatti il piccolo Luciano
saliva sul tavolo della cucina per le sue esibizioni infantili ma, spinto
dall'ammirazione per il padre, anch'egli tenore dilettante (dotato di
bellissima voce e cantante nella "Corale Rossini"
di Modena), passava intere giornate davanti al giradischi, saccheggiando il
patrimonio discografico del genitore. In quella collezione si celavano tesori
di tutti i tipi, con gran prevalenza per gli eroi del belcanto, che Pavarotti
imparò subito a riconoscere e ad imitare.
I suoi studi però non sono stati esclusivamente
musicali e anzi per lungo tempo questa era solo una passione coltivata in
privato.
Adolescente, Pavarotti si iscrive alle magistrali con
lo scopo di diventare insegnante di educazione fisica, cosa che si stava quasi
per verificare, avendo egli insegnato per ben due anni alle classi elementari.
Parallelamente, per fortuna, proseguiva gli studi di canto con il Maestro
Arrigo Pola (di cui seguirà i principi e le regole per tutta la sua lunga
carriera), e in seguito - quando tre anni più tardi Pola tenore di professione,
si trasferisce per lavoro in Giappone - con il Maestro Ettore Campogalliani,
con il quale perfeziona il fraseggio e la concentrazione. Questi sono, e
resteranno per sempre, secondo le parole del Maestro, i suoi unici e
stimatissimi maestri.
Nel 1961 Pavarotti vince il concorso internazionale
"Achille Peri" che segna il suo vero esordio sulla scena canora.
Finalmente, dopo tanto studio, arriva il tanto atteso
debutto, avvenuto a ventisei anni (precisamente il 29 aprile del 1961), al
Teatro Municipale di Reggio Emilia con un'Opera divenuta per lui emblematica,
ossia la "Bohème" di Giacomo Puccini,
più volte ripresa anche in tarda età, sempre nei panni di Rodolfo. Sul podio
c'è anche Francesco Molinari Pradelli.
Il 1961 è un anno fondamentale nella vita del tenore,
una sorta di spartiacque fra la giovinezza e la maturità. Oltre al debutto, è
l'anno della patente e del matrimonio con Adua Veroni, dopo un fidanzamento
durato ben otto anni.
Nel 1961-1962 il giovane tenore interpreta
ancora La Bohème in
diverse città d'Italia, ottiene pure qualche scrittura fuori confine e intanto si
cimenta con il ruolo del Duca di Mantova in un'altra opera particolarmente
adatta alle sue corde: "Rigoletto".
Va in scena a Carpi e a Brescia ma è sotto la guida del maestro Tullio Serafin,
al Teatro Massimo di Palermo, che ottiene un successo grandissimo e imprime una
nuova, significativa svolta alla sua carriera. Da quel momento viene invitato
da numerosi teatri: in Italia è già considerato una promessa, ma all'estero,
nonostante qualche incursione prestigiosa, ancora non si è imposto.
È nel 1963 che, grazie a una fortunata coincidenza,
raggiunge la notorietà internazionale. Sempre sulla via dell'opera La Bohème,
al Covent Garden di Londra il destino di Luciano Pavarotti incrocia quello
di Giuseppe Di Stefano,
uno dei suoi grandi miti giovanili. Viene chiamato per fare alcune recite
dell'opera prima dell'arrivo dell'acclamato tenore, ma poi Di Stefano si ammala
e Pavarotti lo sostituisce. Lo rimpiazza in teatro e anche nel "Sunday
Night at the Palladium", uno spettacolo televisivo seguito da 15 milioni
di inglesi.
Ottiene un enorme successo e il suo nome comincia a
prendere peso sulla scena mondiale. La Decca gli propone le prime incisioni,
inaugurando così la favolosa produzione discografica pavarottiana. Il giovane
direttore d'orchestra Richard Bonynge gli chiede di cantare a fianco di sua
moglie, la straordinaria Joan Sutherland.
Nel 1965 Pavarotti sbarca per la prima volta negli
Stati Uniti, a Miami, e insieme alla sopraffina, acclamata Sutherland è
interprete di una applauditissima Lucia di Lammermoor diretta
da Bonynge. Sempre con la Sutherland debutta con successo al Covent Garden di
Londra nell'opera
"La Sonnambula". E prosegue con una
fortunatissima tournée australiana che lo vede protagonista di "Elisir
d'Amore" e, sempre insieme alla Sutherland, di "La Traviata",
"Lucia di Lammermoor"
e ancora "La Sonnambula".
Ma ecco che si riaffaccia "La Bohème":
il 1965 è pure l'anno del debutto alla Scala di Milano, dove il tenore viene
espressamente richiesto da Herbert von Karajan per
una recita dell'opera pucciniana. L'incontro lascia un segno forte, tanto che
nel 1966 Pavarotti viene nuovamente diretto da Karajan nella "Messa da
Requiem" in memoria di Arturo Toscanini.
Del 1965-1966 sono anche le incisive interpretazioni
di opere come "I Capuleti e i Montecchi" con la direzione di Claudio Abbado e
"Rigoletto"
diretto da Gianandrea Gavazzeni.
Ma il best del 1966 è il debutto di Pavarotti al
Covent Garden, insieme a Joan Sutherland, in un opera divenuta leggendaria per
la "sequenza dei nove do di petto": "La Figlia del
Reggimento". Per la prima volta un tenore emette a piena voce i nove do di
"Pour mon âme, quel destin!", scritti da Donizetti per
essere emessi in falsetto. Il pubblico esulta, il teatro è scosso da una sorta
di esplosione che investe pure la casa reale inglese presente al gran completo.
Gli anni Sessanta sono fondamentali anche per la vita
privata del tenore. È di quel periodo la nascita delle amatissime figlie: nel
1962 nasce Lorenza, seguita nel 1964 da Cristina e infine nel 1967 arriva
Giuliana. Pavarotti ha un legame fortissimo con le figlie: le considera il bene
più importante della sua vita.
Il prosieguo della carriera pavarottiana è tutto sulla
falsariga di questi strepitosi successi, in una teoria di incisioni,
interpretazioni e ovazioni sui palchi di tutto il mondo e con i più famosi
maestri che al solo elencarli può cogliere un senso di vertigine. Tutto questo,
ad ogni modo, è la solida base su cui si erge il mito, anche popolare, di
Pavarotti, un mito che, non bisogna dimenticarlo, si è andato alimentando in
primo luogo sulle tavole del palconscenico e grazie alle indimenticabili
interpretazioni fornite nel repertorio "colto", tanto che più d'uno
vede nel tenore modenese non solo uno dei più grandi tenori del secolo, ma
anche la stella in grado di oscurare la fama di Caruso.
Pavarotti ha infatti un indiscutibile pregio, quello
di avere una delle voci più squisitamente "tenorili" che si siano mai
sentite, un vero miracolo della natura. Possiede insomma una voce molto estesa,
piena, argentina, a cui si unisce una capacità di fraseggiare con particolare
suggestione nel canto affettuoso e tenero, lo stesso che ben si addice al
repertorio di Donizetti, Bellini e
in talune opere di Verdi.
In seguito al successo planetario in campo operistico,
il tenore ha esteso le sue esibizioni al di fuori dallo stretto ambito del
teatro, organizzando recitals in piazze, parchi e quant'altro. Ha coinvolto
migliaia di persone nei più disparati angoli della Terra.
Un esito clamoroso di questo genere di manifestazioni si ha nel 1980, al
Central Park di New York, per una rappresentazione del "Rigoletto"
in forma di concerto, che vede la presenza di oltre 200.000 persone. A fianco
di ciò, fonda il concorso "Pavarotti International Voice
Competition", che dal 1981 si svolge ogni tre o quattro anni a
Philadelphia per volontà del maestro.
La fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta vedono
il maestro impegnato in grandi concerti e grandi recite internazionali. Nel
1990, insieme a José
Carreras e Placido
Domingo, Pavarotti dà vita a "I Tre
Tenori", un'altra grande trovata che assicura esiti, in termini di ascolto
e di vendite, altissimi.
Nel 1991 affascina più di 250 mila persone con un grande
concerto a Hyde Park di Londra. Nonostante la pioggia battente, che cade pure
sugli entusiasti Principi di Galles
Carlo e Diana,
lo spettacolo diviene un evento mediatico, trasmesso dal vivo in televisione in
tutta Europa e negli Stati Uniti. Il successo dell'iniziativa londinese si
ripete nel 1993 al Central Park di New York, dove approda una mastodontica
folla di 500 mila spettatori. Il concerto, trasmesso dalla televisione, viene
visto in America e in Europa da milioni di persone ed è senza dubbio una pietra
miliare nella vita artistica del tenore.
Grazie a questi riscontri popolare sempre più estesi,
Pavarotti ha poi intrapreso una più controversa carriera all'insegna della
contaminazione dei generi, effettuata perlopiù nell'organizzazione di colossali
concerti di grande richiamo, grazie soprattutto all'intervento, come
"ospiti" di stelle del pop di prima grandezza. E' il "Pavarotti
& Friends", dove l'eclettico Maestro invita artisti di fama mondiale
del pop e del rock per raccogliere fondi a favore di organizzazioni umanitarie
internazionali. La kermesse si ripete ogni anno e vede la presenza di
numerosissimi superospiti italiani e stranieri.
Nel 1993 riprende "I Lombardi alla prima
crociata", al Metropolitan di New York,un'opera che non interpreta dal
1969, e festeggia i primi venticinque anni di carriera al MET con un grande
gala. A fine agosto, durante il concorso ippico Pavarotti International,
incontra Nicoletta Mantovani, che diventa poi compagna nella vita e
collaboratrice artistica. Il 1994 è ancora all'insegna del Metropolitan dove il
tenore debutta con un'opera del tutto nuova per il suo repertorio:
"Pagliacci".
Nel 1995 Pavarotti compie una lunga tournée
sudamericana che lo porta in Cile, Perù, Uruguay e Messico. Mentre nel 1996
debutta con "Andrea Chénier" al Metropolitan di New York e canta in
coppia con Mirella Freni alle celebrazioni torinesi per il centenario
dell'opera "La Bohéme". Nel 1997 riprende "Turandot"
al Metropolitan, nel 2000 canta all'Opera di Roma per il centenario di
"Tosca" e nel 2001, sempre al Metropolitan, riporta in scena "Aida".
Luciano Pavarotti ha oltrepassato i quarant'anni di
carriera, una carriera intensa e piena di successi, offuscata solo da qualche
ombra passeggera (ad esempio la celebre "stecca" presa alla Scala, un
teatro peraltro dal pubblico particolarmente difficile ed implacabile). Nulla
sembrava d'altronde incrinare mai l'olimpica serenità del Maestro, forte di una
piena soddisfazione interiore che gli ha fatto dichiarare: "Penso che
una vita spesa per la musica sia una vita spesa in bellezza ed è a ciò che io
ho consacrato la mia vita".
Nel luglio 2006 viene operato d'urgenza in un ospedale
di New York per l'asportazione di un tumore maligno al pancreas. Poi si
stabilisce nella sua villa nel modenese cercando di condurre una personale
lotta contro il cancro. All'età di 71 anni si è spento il 6 settembre 2007.
https://biografieonline.it/biografia-luciano-pavarotti
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