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venerdì 15 ottobre 2021

Lo Sapevate Che: Scoppia l’Affaire Dreyfus: Un quadro sociale di disoccupazione, povertà e rischio di nuove epidemie si scontra con l'inefficienza e la corruzione delle istituzioni.


L'AFFAIRE DREYFUS

«Quando la verità viene rinchiusa sottoterra, vi si ammassa, acquista una forza d’esplosione tale che, quando scoppia, tutto salta in aria»

Èmile Zola, 1898)

L'Affaire Dreyfus può essere ritenuto il primo scandalo nella storia ad avere come protagonista la carta stampata tanto negativamente, a causa della diffusione delle accuse infondate da parte dei giornali nazionalisti francesi, quanto positivamente, poiché la lotta per la libertà e la verità passò attraverso la penna delle più grandi personalità intellettuali francesi dell’epoca. Fu uno scandalo che si protrasse per anni, dividendo l’opinione pubblica francese ed europea di fine ‘800 e sollevando un'ondata di antisemitismo che non si placò nemmeno quando l'errore fu riconosciuto.

La vicenda inizia nel 1894, nella Francia della Terza Repubblica che aveva appena subito l’onta della perdita dell’Alsazia e parte della Lorena, finite nelle mani della Germania di Bismarck: il controspionaggio francese scopre un biglietto, anonimo e non datato, in cui ufficiale di stato maggiore francese comunica a M. von Schwartzkoppen, addetto militare dell'ambasciata tedesca di Parigi, un elenco di documenti da inviare, relativi all'organizzazione militare francese. L'elenco venne trovato dentro il cestino della carta straccia da una donna delle pulizie in servizio presso l'ambasciata tedesca, in realtà agente del controspionaggio francese.

Ovviamente non si poteva pensare di trovare un traditore tra gli ufficiali dello stato maggiore, in quanto casta rigidamente selezionata e di origine prevalentemente nobiliare. Si pensò, quindi, che il colpevole potesse annidarsi fra i giovani ufficiali presso lo stato maggiore; fra questi, spiccò subito un nome che nobile non era, ma suonava piuttosto come ebreo e come tedesco (Dreyfus era, infatti, alsaziano): Alfred Dreyfus. Convocato con la scusa di una ispezione e invitato a scrivere con un pretesto, al fine di controllarne la calligrafia, Dreyfus venne accusato di alto tradimento e invitato a spararsi con una pistola, per evitare il disonore. Egli, tuttavia, si dichiarò sempre innocente, rifiutando il suicidio per continuare a far sentire la propria voce durante la prigionia. Il processo militare si svolse a porte chiuse, senza capi d'accusa ufficiali e senza che l'imputato potesse comunicare con nessuno: venne incentrato esclusivamente sulla perizia calligrafica e su alcune prove scritte, tutte falsificate dai servizi segreti e dallo stato maggiore dell’esercito, che avevano trovato in Dreyfus il capro espiatorio perfetto. Il processo si chiuse nel 1895 con la degradazione pubblica di Dreyfus e la sua deportazione nella colonia penale dell'Isola del Diavolo, in Guyana Francese.

Pochi mesi dopo, incominciarono ad emergere elementi contrastanti con la pronuncia. I servizi segreti rinvenirono frammenti di un telegramma che, una volta ricostruito, diventano una comunicazione riservata dell'addetto militare tedesco Schwartzkoppen al maggiore Esterhazy, nobile decaduto di origini ungheresi. Il colonnello Georges Picquart decide, così, di riaprire il caso, dimostrando che la calligrafia della prima lettera incriminata era del maggiore Esterhazy e non di Dreyfus. Tuttavia, lo Stato Maggiore e il governo rifiutarono di ascoltare le nuove rivelazioni, nonostante la campagna portata avanti dalla moglie di Dreyfus per chiedere la revisione del processo, richiesta appoggiata anche da alcuni intellettuali, tra cui lo scrittore ebreo Bernard Lazare, amico di famiglia di Dreyfus stesso. Il colonello Picquart per tutta risposta venne immediatamente trasferito ad altro incarico in Tunisia, da dove riuscì comunque a comunicare le proprie scoperte a Lazare stesso e al vicepresidente del Senato.

Lazare fece partire la campagna di stampa a favore dell'ufficiale ebreo, portando gli intellettuali francesi a mobilitarsi per salvare Dreyfus. Simbolo di tale movimento è il famoso J'accuse" di Emile Zola che, nel 1898, dalla prima pagina del giornale "L'Aurore", rivolse una lettera aperta al presidente della Repubblica. Il giorno dopo sullo stesso giornale comparve la "Petizione degli intellettuali" che conteneva, tra gli altri, le firme di Marcel e Robert Proust, di numerosi professori della Sorbona e di artisti del calibro di Manet, Gide, Jules Renard, Jacques Bizet. Zola fu inquisito e condannato per vilipendio, mentre Piquart venne arrestato.

La vicenda subisce un brusco cambiamento il 30 agosto del 1898: il maggiore Henry, principale accusatore di Dreyfus, confessa di aver falsificato le prove su cui si era basato il processo e si suicida. La Cassazione accetta, quindi, la revisione del processo, permettendo il ritorno in Francia di Dreyfus. Il 17 agosto 1899, a Rennes, inizia il secondo processo. Seppur all’estero l’innocenza di Dreyfus fosse ormai considerato un fatto appurato, viene pronunciata una condanna a 10 anni. Lo scandalo fu grande, e la corte militare risultò aver subito forti pressioni dallo Stato Maggiore, che non voleva palesare i propri abusi. Il nuovo Presidente del Consiglio convinse Dreyfus a chiedere la grazia, anche se ciò significava una ammissione di colpevolezza, e nel 1900 venne concessa l'amnistia totale per quanto rigurdava i reati connessi all'Affaire. Tuttavia, Dreyfus chiese più volte una nuova revisione del processo, richiesta che, però, non venne mai accolta. Solamente nel 1906 la Cassazione, pur non avendo poteri in materia, annullò il verdetto di colpevolezza e reintegrò Dreyfus nell'esercito. Alfred Dreyfus si ritirò dall'esercito poco dopo la riabilitazione, e fu richiamato in servizio durante la Prima Guerra Mondiale. Morì nel 1935.

L’Affare Dreyfus dovrebbe essere preso in considerazione ancora oggi, in quanto dimostra come una comunicazione volutamente falsa e provocatoria possa influenzare la società a tal punto da far perdere la visione della verità a favore dell’ideologia. Allo stesso tempo, evidenzia l’importanza della libertà di espressione e della libertà di stampa, che, grazie all’intervento intellettuale di personalità di spicco del panorama culturale dell’epoca, ha permesso di risolvere quello che Indro Montanelli definì “il più appassionante giallo di fine secolo”.

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