Mentre in Giappone si fa la conta dei
danni causati dal tifone Jebi, nelle isole Hawaii sembra scampato il pericolo
legato al passaggio dell'uragano Norman. Ma perché gli eventi climatici estremi
sono sempre più frequenti?
Uno studio
pubblicato sulla rivista scientifica Pnas ha
calcolato che la frequenza di eventi
climatici estremi come tifoni, uragani, alluvioni e
periodi di siccità prolungati, è aumentata negli ultimi due secoli. Il dato è
in accordo con quelli della World
Meteorological Organization, secondo cui fenomeni particolarmente
violenti riguardano ormai quasi tutto il pianeta.
In tutto, nel
primo decennio del XXI secolo le persone uccise da catastrofi di questo tipo
sono state almeno 370.000: il 20% in più rispetto al decennio precedente. Sulla
base di dati come questi, l’Ipcc (organismo
dell’Onu che studia i mutamenti climatici) ha affermato che alluvioni e
uragani «diventeranno molto probabilmente più intensi e più frequenti verso
la fine del XXI secolo».
TROPPA ENERGIA. Ma qual
è la relazione fra questi eventi e il riscaldamento globale? Va precisato che,
sebbene siano aumentati di numero, gli eventi climatici estremi sono
fortunatamente ancora piuttosto rari, e questo permette di fare statistiche e
previsioni affidabili.
Inoltre, la
formazione di uragani e cicloni è
influenzata da variazioni periodiche della circolazione atmosferica e delle
correnti oceaniche, che fanno sì che sia quasi impossibile far risalire i
singoli eventi al riscaldamento globale.
Poiché però,
come si è visto, la frequenza e l’intensità sono certamente in crescita, i
climatologi hanno provato spiegarne il motivo.
LA FORZA DEI TIFONI. In linea
generale: «L’incremento è legato alla maggiore quantità di energia presente
sul pianeta, che è generata a sua volta dalle temperature più elevate»,
afferma Giorgio Matteucci, direttore dell’Istituto per i sistemi agricoli e
forestali del Mediterraneo del Cnr di Napoli, che si occupa degli impatti del
riscaldamento globale sugli ecosistemi. Una parte rilevante di questa energia
(circa il 90%) si accumula negli oceani, che così si scaldano. Per questo è
sempre più frequente che la loro superficie raggiunga i 26 °C, temperatura
alla quale la formazione degli uragani diventa più probabile. Non solo: poiché
i tifoni traggono la loro forza proprio dal mare, la
maggiore quantità di energia presente nelle acque li rende anche più intensi.
Adattamento di
un articolo tratto da Focus Extra n. 74 di Marco Ferrarihttps://www.focus.it/ambiente/natura/tifoni-uragani-natura-piu-violenta.
10 cose + 1 che
(forse) non sai sugli uragani
Come si formano? Quale è stato il più
distruttivo? Perché hanno nomi propri? E perché alcuni li attraversano in
aeroplano? Curiosità scientifiche su Harvey, Matthew, Katrina e i loro
spaventosi compari.
URAGANO, CICLONE, TIFONE O TORNADO? Gli uragani sono cicloni tropicali, cioè imponenti
masse d'aria in rapida rotazione e che traslano intorno a un centro di bassa
pressione. Si formano sugli oceani a cavallo dell'equatore e si possono
chiamare tecnicamente uragani soltanto quando riguardano l'Oceano Atlantico e
colpiscono gli USA e i Caraibi (hurican o huracan è
un termine caraibico che designa il dio del male). Nell'Oceano Pacifico, gli
stessi eventi sono chiamati tifoni. Nel Sud Pacifico e nell'Oceano Indiano,
semplicemente tifoni. I tornado sono tutt'altra cosa: si tratta di violente perturbazioni atmosferiche del tipo delle trombe
d’aria delle nostre regioni. Qui l'uragano Matthew fotografato dal satellite
della Noaa GOES.| NOAA
COME SI FORMANO? Affinché un ciclone tropicale si possa
formare servono alcune condizioni fondamentali. L'acqua del mare deve essere
piuttosto calda e superare i 27 °C di temperatura. Deve esserci abbastanza
umidità che possa alimentare il ciclone nella parte bassa dell'atmosfera. I
venti nell'alta atmosfera non devono essere troppo intensi - o potrebbero
demolire il ciclone sul nascere. Quando tutto ciò si verifica, le calde acque
oceaniche riscaldano l'aria sovrastante, che inizia a salire e a roteare; mano
a mano che sale, questa massa d'aria vorticosa si raffredda e forma un
imponente cumulonembo. Il vuoto di pressione al centro del ciclone richiama
aria, dando origine a forti venti. Nella foto, tre uragani visti dalla ISS nello stesso
giorno| ESA/NASA
PERCHÉ HANNO NOMI PROPRI? A questo punto, i dati provenienti dalle
boe, da osservatori sulle isole e da velivoli appositamente pensati per
indagare la velocità dei venti degli uragani vengono usati dai servizi
meteorologici per dare l'allarme: gli uragani sono chiamati per nome proprio
per facilitare il riconoscimento dei cicloni e la diffusione di notizie sul
loro conto. L'Organizzazione meteorologica mondiale ha stilato sei liste di
nomi per la stagione degli uragani atlantici, che va da giugno a novembre,
ciascuna con 21 nomi. Dopo che una lista è stata esaurita, viene archiviata e
utilizzata sette anni più tardi. I nomi seguono le tradizioni e le lingue
locali: Rita, Mitch e Matthew colpiscono gli Stati Uniti, Ketsana si è
abbattuto sul Giappone, Ondoy sulle Filippine (qui la lista dei nomi 2016).| NOAA
COME SI CLASSIFICANO LORO EFFETTI? Con la scala Scala Saffir-Simpson, basata
sulla velocità dei venti e la propensione al danno. Un uragano è definito tale
quando i suoi venti superano i 119 km orari; al di sotto di questa velocità è
chiamato semplicemente tempesta o depressione tropicale. La scala prevede 5
gradi (minimo, moderato, forte, fortissimo, disastroso). Il livello 5 comporta
venti superiori ai 252 km orari, inondazioni con onde alte sei metri e oltre,
alberi e cartelli stradali divelti. L'uragano Matthew si è abbattuto su Haiti
quando era di categoria 4, lasciando oltre 900 vittime e la peggiore
devastazione (nella foto) dopo il terremoto del 2010.| REUTERS/ANDRES
MARTINEZ CASARES
IL PIÙ COSTOSO. Quando
un uragano ha avuto un impatto particolarmente devastante, il suo nome viene
ritirato. Così Katrina indicherà per sempre la tragedia vissuta a New Orleans
nel 2005. Questo uragano in particolare detiene il triste primato di ciclone
tropicale più costoso di sempre: i danni economici che ha causato sono
quantificabili in 45 miliardi di dollari, circa 40 miliardi di euro. Più di un
milione di persone rimasero senza casa per colpa di Katrina, e più di 1300
persero la vita. Nella foto di Carlos Barria, i luoghi di Katrina com'erano e
come sono apparsi a 10 anni dalla catastrofe. Che cosa è cambiato con l'uragano Katrina| CARLOS
BARRIA/REUTERS
IL PIÙ MORTALE. L'uragano
che investì Galveston, in Texas, l'8 settembre 1900, con una velocità stimata
dei venti di 233 km orari, è ad oggi classificato come il più mortale disastro
naturale che abbia mai interessato gli Stati Uniti. Uccise 8000 persone. Colpì
in un'epoca in cui ancora gli uragani non avevano nomi, ed è chiamato anche la
Grande Tempesta, la Tempesta del 1900 o l'Inondazione di Galveston. Nelle
settimane successive alla tragedia, divampò una polemica perché l'U.S. Weather
Bureau di Washington non era stato in grado di prevedere la traiettoria della
tempesta e di far evacuare la popolazione.| WIKIMEDIA COMMONS
IL PIÙ LUNGO. Fortunatamente l'uragano più longevo non è
di questa Terra. La Grande
Macchia Rossa di Giove è una
tempesta molto simile agli uragani terrestri, ma non nelle dimensioni: potrebbe
inglobare facilmente tre volte il nostro pianeta. È alimentata dal calore
interno di Giove, ed è costante perché non trova mai una terra sulla quale
rovesciarsi: è lì da 400 anni, dalla prima volta in cui l'uomo osservò Giove
con un telescopio. Le 8 meraviglie del Sistema Solare| NASA
CHE COS'È L'OCCHIO DEL CICLONE. La regione centrale del ciclone, dove viene
registrata la pressione atmosferica più bassa, viene chiamata
"occhio". In genere è sgombra da nubi o coperta di nubi basse, è
ampia qualche decina di km, ha una forma piuttosto regolare e aria più calda
rispetto al resto dell'area coperta dalla tempesta. Qui, l'uragano Patricia
fotografato da Scott Kelly dalla ISS, nel 2015. Nel video qui sotto, l'occhio dell'uragano Matthew dallo Spazio.
C'È CHI CI VOLA ATTRAVERSO Oggi i satelliti compiono il grosso dello
sforzo di visualizzazione degli uragani, ma non riescono a misurare la
pressione barometrica e nemmeno, in modo accurato, la velocità dei venti dei
cicloni, informazioni vitali per prevederne lo sviluppo. A questo pensano gli
Hurricane Hunters, aerei della NOAA o della US Air Force che si spingono
all'interno delle tempeste per raccogliere dati scientifici sul loro
comportamento. Il primo a cimentarsi nel pericoloso - e talvolta fatale -
compito fu Joseph B. Duckworth, colonnello dell'Aeronautica militare
statunitense, nel 1943, con un monomotore da addestramento. Oggi si sta
cercando di inviare i droni in queste difficili missioni.| PETE MARKHAM/FLICKR
DA CHE PARTE TIRA IL VENTO? il senso di rotazione dei venti degli
uragani è antiorario nell'emisfero nord e orario in quello sud, per effetto
della rotazione terrestre. Le tempeste da sole non si muovono in un senso o
nell'altro: sono spinte e propagate dai venti dell'alta atmosfera.
LA
TEMPESTA PERFETTA. Questo
nome ormai entrato nel linguaggio comune fu dato per la prima volta alla
collisione di tre diversi uragani che si verificò sull'Oceano Atlantico
nell'ottobre del 1991 (nella foto, uno dei sistemi coinvolti). L'uragano Grace,
che investì la costa est degli Stati Uniti, entrò in rotta di collisione con
altre due aree di bassa pressione provenienti rispettivamente da Nord e da Sud,
una circostanza che si verifica soltanto ogni 50 o 100 anni. Il peschereccio Andrea
Gail che si trovava al largo di Halifax, Canada, fu investito dalla tempesta e
i 6 uomini dell'equipaggio morirono. Sulle vicende è stato girato anche un film
- The perfect storm - che porta lo stesso nome del devastante
"trio”. | WIKIMEDIA COMMONS
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