Lo sbarco in Normandia è ricordato da
tutti come un momento epico nella lotta per la liberazione dell’Europa dal
nazismo. Ma fu anche un momento di grande violenza ed eccessi ingiustificati.
Esiste
purtroppo un lato oscuro del D-Day, lo sbarco in Normandia che il 6 giugno 1944
permise agli Alleati di aprire un nuovo fronte in Europa.
"Il giorno più lungo", come lo definì Rommel (e in seguito un epico film di Hollywood) fu sicuramente una battaglia in cui organizzazione, fortuna, disgrazie, impegno ed eroismo si mischiano. Fu sicuramente la battaglia che salvò l'Europa, cambiando definitivamente il corso della guerra nel vecchio continente e togliendo ogni speranza alle forze dell'Asse.
"Il giorno più lungo", come lo definì Rommel (e in seguito un epico film di Hollywood) fu sicuramente una battaglia in cui organizzazione, fortuna, disgrazie, impegno ed eroismo si mischiano. Fu sicuramente la battaglia che salvò l'Europa, cambiando definitivamente il corso della guerra nel vecchio continente e togliendo ogni speranza alle forze dell'Asse.
Ma fu anche un
selvaggio spargimento di sangue e porto in diversi casi a violenze gratuite ed
eccessi da parte degli alleati. È la tesi di uno storico inglese Antony Beevor,
autore di D-Day, la battaglia per la Normandia in cui
documenta la più imponente operazione militare con lettere dal fronte, diari e
memorie personali delle truppe alleate insieme alla documentazione ufficiale
della grande storia.«Ancora si tende a sorvolare sugli aspetti negativi legati
allo sbarco in Normandia» scrive Beevor, «eppure quell'impresa eroica nasconde
un lato oscuro».
IL GIORNO PIÙ LUNGO. Sono le ore
0.00 del 6 giugno 1944 e le truppe vengono allertate: è il D-Day, gli Alleati
stanno per sbarcare in Normandia. Lo sbarco, pianificato per il giorno
precedente era stato fatto slittare per sfruttare una migliore
condizione meteorologica. La scelta si rivelò vincente. Il contingente
coinvolto è massiccio: 5.000 navi e mezzi anfibi, 104 cacciatorpedinieri,
130.000 soldati che quella notte si avvicineranno via mare alla costa francese
e 20.000 uomini paracadutati.
Lo sbarco, il cui nome in codice era operazione Overlord, vede coinvolti tutti i mezzi disponibili: gli aerei della Raf decollarono a mezzanotte alla volta della Francia per lanciare nell'entroterra i paracadutisti che avrebbero appoggiato le unita? da sbarco.
Lo sbarco, il cui nome in codice era operazione Overlord, vede coinvolti tutti i mezzi disponibili: gli aerei della Raf decollarono a mezzanotte alla volta della Francia per lanciare nell'entroterra i paracadutisti che avrebbero appoggiato le unita? da sbarco.
CONTROMISURE. Gli “asparagi di Rommel” (pali alti e acuminati conficcati al suolo) e le
zone fatte allagare per sventare l’attacco dall’alto non fermarono i lanci.
I primi a toccare il suolo francese furono proprio i paracadutisti,
lanciati dopo una serie di bombardamenti preparatori. Ma dopo il lancio, per
molti iniziò un vero viaggio verso l’orrore. Decine di paracadutisti furono
uccisi in aria dal fuoco nemico e la maggior parte di chi toccò terra incolume
si trovò il più delle volte nel luogo sbagliato. «Dei primi 600 lanci, solo 160
raggiunsero gli obiettivi prefissati, per via del forte vento e di manovre
errate dei piloti» spiega Beevor.
I soldati avrebbero dovuto
raggiungere alcuni punti chiave all'interno dello scacchiere normanno, diviso
per l’occasione in cinque zone: da ovest a est vi erano le spiagge Utah, Omaha,
Gold, Juno e Sword, con le prime due assegnate agli Usa e le restanti agli
inglesi supportati dai canadesi.
L'ASSALTO. Lo sbarco vero e proprio cominciò all’alba,
condotto dalla più grande armata marittima della Storia e con il supporto di
una flotta aerea altrettanto vasta: nella sola giornata del 6 giugno ci furono
10.743 missioni aeree sulla Normandia. Furono sganciate 12.000 tonnellate di
bombe. Alle 6 del mattino i mini sommergibili X Boat, rimasti fino ad allora in
immersione, emersero per segnalare alla flotta i punti per lo sbarco. Da 4.266
navi di ogni specie (di cui 700 da guerra) si staccarono i mezzi da sbarco.
Alle 6:30 del mattino le truppe
alleate iniziarono a prendere terra. Molti mezzi saltarono in aria: nel fondale
sabbioso erano piantati pali con affisse mine che rimanevano a pelo d’acqua,
invisibili; sulla battigia c’erano campi minati e cavalli di Frisia. I tedeschi
facevano fuoco da bunker e casematte con mitragliatrici e mortai, ma i
ricognitori della Raf segnalarono le loro posizioni alle navi, che li
bombardarono.
SPIAGGE MALEDETTE. A Omaha (che si guadagnerà presto il soprannome
di bloody Omaha, ovvero insanguinata)
il benvenuto alle divisioni alleate venne dato dalle batterie di cannoni
piazzate a ridosso della costa. I fortunati che riuscirono ad attraversare
incolumi la spiaggia si ritrovarono poi, nell’80% dei casi, con armi e
munizioni inutilizzabili per via dell’acqua e della sabbia, nonostante le
custodie stagne in dotazione e l’ingegnoso tentativo di usare i condom (sì,
proprio i preservativi) a protezione delle canne dei fucili. Le varie truppe
riuscirono infine a riunirsi e iniziarono la marcia verso le zone interne al
grido di shot the bastards,
“spara ai bastardi”.
INGENTI
PERDITE. Sulle altre spiagge le cose
andarono meglio, ma in ogni caso la giornata si sarebbe chiusa con quasi
10 mila soldati alleati morti, di cui oltre 2 mila nella sola Omaha (con
altrettanti civili francesi uccisi dalle bombe). «Interi villaggi erano andati
distrutti, come nel caso di Vierville-sur-Mer» scrive Beevor.
Nel suo libro lo storico inglese si
pone alla giusta distanza critica per ricostruire nel dettaglio quegli eventi,
con un'accurata analisi della strategia militare inquadrata senza gli eccessi
della retorica trionfalistica e senza tacere del doppio volto del D-Day fatto
anche di violenza, errori militari e soprusi. Gli esempi sono numerosissimi,
dalla battaglia per la conquista di Caen che fu un massacro di civili simile a
quello del bombardamento di Montecassino, agli errori di comunicazione tra le
forze alleate che portò a numerose vittime di fuoco amico, dalle violenze
gratuite perpetrate e donne (soprattutto) e civili accusati di
collaborazionismo alle violenze sessuali compiute da una piccola percentuale
di soldati alleati (ma le cifre fornite dal criminologo statunitense Robert
Lilly, ricavate dagli archivi dell’esercito Usa, fanno comunque paura: le
violenze sessuali furono oltre 3 mila).
«Questi episodi, insieme ai più gravi
eccessi compiuti prima, avrebbero prodotto un peggioramento nelle relazioni
franco-americane che si fa sentire ancora oggi. Ma se le cose non andarono
proprio come previsto, dando vita a un vero martirio in Normandia, lo sbarco
alleato fu comunque un successo fondamentale per le sorti europee.
Impedì che a fare la parte del leone fosse la sola Armata rossa sovietica (impegnata sul fronte orientale) con le conseguenze geopolitiche che ne sarebbero derivate» scrive Beevor.
Impedì che a fare la parte del leone fosse la sola Armata rossa sovietica (impegnata sul fronte orientale) con le conseguenze geopolitiche che ne sarebbero derivate» scrive Beevor.
06 GIUGNO 2013
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