È la trentasettesima delle trentanove
"regole" pitagoriche: non mangiare le fave. Ma perché il celebre
filosofo e matematico greco Pitagora seguiva (e imponeva) questo divieto?
Astenersi dal
mangiarle faceva parte del percorso di purificazione perseguito da Pitagora
(filosofo greco vissuto alla fine del VI secolo a.C.) e dai suoi discepoli.
SIMBOLISMI. All’origine
del divieto ci potrebbero essere ragioni sia pratiche sia simboliche: poteva
trattarsi di una precauzione contro il favismo (grave forma di anemia causata
dall’ingestione di fave), oppure semplicemente questo legume era considerato
impuro.
La fava ha infatti uno stelo
privo di nodi, e questo la faceva ritenere in contatto con il mondo sotterraneo
dell’Ade: le anime sarebbero risalite sulla Terra dall'aldilà proprio
attraverso la fioritura della fave. Non a caso, le fave erano utilizzate nei
rituali del culto dei morti. Ai pitagorici era persino proibito toccarle, e
sembra che lo stesso Pitagora, inseguito dai sicari del tiranno Cilone, abbia
preferito farsi uccidere piuttosto che attraversare un campo di fave.
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