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sabato 1 settembre 2018

Lo Sapevate Che: Siamo tutti già immersi nel mare multietnico...


Lo scoprii quando richiesi il mio certificato di nascita originale al Comune di Bastiglia, provincia di Modena. C’era una casella che chiedeva la “razza” e il segretario comunale aveva scritto in bella grafia: Ariano. Poiché era il 1944, e l’Emilia era parte della Repubblica Sociale controllata dai nazisti, quella definizione mi aveva collocato ufficialmente fra la “razza superiore”, gli ariani. Di razze – questa orrenda parola che al massimo andrebbe applicata ai cani e ai cavalli – e di razzismo non mi sarei più preoccupato se non per curiosità o per lavoro, vivendo in Giappone dove i bambini ridevano indicando il mio nasone da europeo e poi nel mio primo sbarco negli Stati Uniti. Mi ero illuso che le questioni di origine, di colore della pelle o degli occhi fossero soltanto spazzatura della storia che inevitabilmente sarebbero state portate va dalla marea del tempo. I razzisti c’erano, come sempre, ma erano ben incistati in minoranze di fanatici sotto i cappucci del Ku Klux Klan negli Stati Uniti o delle insegne neo nazi in Europa. Ma il mostro che sembrava essere stato esorcizzato nel 1945 era soltanto assopito. Si sarebbe risvegliato con un ruggito negli anni ’90, quando il disgelo umano provocato dal collasso dell’Unione Sovietica e dalla ripresa delle grandi migrazioni per scelta o per forza lo avrebbe addirittura portato al potere. Il terrore del barcone che galleggia sull’orizzonte del Mediterraneo per gli italiani, o del “latino” che scavalca la barriera del Rio Grande fra Usa e Messico per gli americani, è soltanto la reazione tardiva a qualcosa già avvenuto. Milioni di persone hanno improvvisamente scoperto con un sussulto che la società, la comunità nella quale vivevano, aveva già cambiato colore della pelle, taglio degli occhi, fattezze del viso e non se n’erano resi conto. Ho trascorso giorni di noiosi esami medici in uno degli ospedali universitari più famosi d’America e la realtà della nuova “razza” che oggi popola questa nazione di popoli mi è apparsa in tutta la sua evidenza. Medici e specialisti che mi palleggiavano erano, nella maggioranza, persone con nomi cinesi, coreani, arabi, indiani, pakistani, keniani, assunti per meriti e competenza ai massimi livelli delle loro specialità. Accanto a immigrati europei, spesso italiani, già affermati da tempo in cliniche e ospedali, i medici di origine asiatica hanno sempre più tra le mani la salute e a vita degli “americani”. Ci sono comunità rurali, nel lontano West, dove l’unico dottore per centinaia di chilometri è un siriano o un pakistano spesso respinto da pazienti che rifiutano di farsi curare da uno “straniero musulmano”. Nel 1985, calcola l’Associazione dei Medici Americani, l’87% dei nuovi iscritti alle facoltà di Medicina erano bianchi e i 2% asiatici. Lo scorso anno, soltanto la metà dei futuri dottori erano “di razza bianca”, mentre il 37%, più di un terzo, erano immigrati o figli di immigrati dall’Oriente. E l’8% “afro”. Nel prossimo ano accademico, i bianchi saranno per la prima volta minoranza nelle facoltà di medicina. La grande migrazione etnica è già avvenuta e coloro ai quali oggi gli Stati Uniti affidano la vita sono spesso figli e figlie – soprattutto figlie, viso che negli stati americani già evoluti ormai il 40% dei medici sono femmine – di immigrati clandestini nati negli Usa, di profughi dalle tragedie belliche ed economiche dell’Asia ai quali la società e la tenacia hanno dato l’occasione per provare il loro valore, anziché confinarli nelle cucine o nei campi. Siamo già tutti immersi nel nuovo mare multietnico. Siamo come bagnanti in una piscina che si lamentano perché sono bagnati, anziché imparare a nuotare. Parola di “ariano”.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 25 agosto 2018 -

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