Etichette

martedì 4 settembre 2018

Lo Sapevate Che: E' tornata l'ora di leggere Orwell...


 La distopia è l’anti-utopia, è l’utopia in negativo. È distopica una società o una comunità immaginaria indesiderabile, al punto da essere terrificane. “1984” di George Orwell è un capolavoro di distopia. È un romanzo del genere tra i più letti. Ne sono stati venduti trenta milioni di esemplari. Soltanto in Cina ne sono state pubblicate tredici traduzioni. La diffusione di “1984” (la prima edizione è del 1949) aumenta, puntualmente, col crescere dell’angoscia provocata da trasformazioni sociali e politiche che si annunciano traumatizzanti. Che implicano alienazioni. Lo rileva con argomenti convincenti Said Mahrane in un saggio apparso sul settimanale parigino “Le Point” del 18 agosto. Ma non è soltanto Mahrane a sostenere che questo accade, ad esempio, quando il “noi” soppianta l”’io”. Quando affiora il sentimento che qualcosa di implacabile, senza rivelare obbligatoriamente le proprie intenzioni, sta per condizionare le nostre libertà. I grandi libri funzionano spesso come termometri delle nostre apprensioni. Alla nascita, il “1984” di George Orwell era ispirato all’Unione Sovietica (come l’opera di Simon Leys aveva come bersaglio la Cina di Mao). Mezzo secolo dopo, con gli individui diventati miniere di conoscenze personali, incluse non poche fake news, attraverso Facebook e Instagram; con le libertà beffate dalle “democrature” (come sono chiamati i regimi russo e turco, ma la definizione non è azzardata anche per le pratiche politiche in uso in alcuni Paesi dell’Europa centrale); con la sinistra che sembra avere perduto per strada il senso della giustizia; con i puritani che predicano una virtù senza anima, anche la lettura di Orwell è cambiata: i bersagli impliciti dei suoi libri non sono più gli stessi. Con l’elezione di Donald Trump la letteratura dispotica ha ripreso nuova vita. Ci si illudeva che fosse un genere superato con la fine della società sovietica e invece “1984” è tra i libri più venduti su Amazon. E molti attribuiscono il forte sussulto editoriale anche all’arrivo di Trump alla Casa Bianca. Lo stesso fenomeno si era già manifestato quando nel 2013 Edward Snowden, ex impiegato, della National Security Agency, aveva rivelato i programmi di sorveglianza di massa, negli Usa e in Gran Bretagna. Fu come se fosse apparso il fantasma del “grande fratello”. L’angoscia collettiva è un ingrediente psicologico che cambia il significato di una lettera. Orwell è stato il primo a usare nel suo contesto – nel 1945 – il termine “guerra fredda”. E ha descritto la “neolingua” creata per adeguare il pensiero della gente alla volontà del potere. La sorveglianza tecnologica, non ancora tanto estesa quando lo scrittore la descriveva dandole dimensioni allora esagerate, sembrava destinata nelle sue pagine a divertire e al tempo stesso a spiare, come se non fosse da prendere troppo sul serio. Orwell non era un perfetto liberal progressista impegnato a combattere le sciagure politiche e social in arrivo. Come tale aveva non pochi difetti. Gli capitava di usare toni anti-femministi e termini omofobi (come “checca”). Nato Arthur Blair, in una famiglia britannica, a Motihari, in India, nel 1903, alternava una eccezionale e cupa lungimiranza a una visione ristretta del mondo, ben lontana dalle sue profonde anticipazioni politiche e sociali. Viveva n un clima di forte tensione: il nazismo, prendeva piede, nasceva lo stalinismo, la guerra civile di Spagna precedeva di poco la Seconda guerra mondiale. La nuova lettura cui si prestavano i racconti dispotici di Orwell non può indurci a paragonare i suoi ai nostri tempi. Sarebbe sciocco. Ma lo sarebbe altrettanto trascurare l’emergere delle democrazie illiberali (le “democrature”) che si danno apparenze democratiche, ma che sono piuttosto indaffarate a reprimere gli oppositori. Dopo la grande decolonizzazione degli anni Sessanta e con l’implosione dell’Unione Sovietica, il mondo poteva sembrare come una futura vasta prateria senza steccati: sempre meno frontiere e meno nazionalismi, macchie democratiche sempre più estese. Ed ecco invece che la prateria s sta trasformando in un groviglio di nazionalismi e di autoritarismi non certo smile a quello degli anni Trenta, ma con alcune sconcertanti somiglianze. Trump ed Erdogan – e altri uomini di potere dei nostri giorni, e di casa nostra – figurano come caricature del “grande fratello”. Si può riaprire “1984”. Non è un buon segno.
Bernardo Valli – Dentro E Fuori – L’Espresso – 2 settembre 2018 –

Nessun commento:

Posta un commento