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sabato 8 settembre 2018

Lo Sapevate Che: Il Silenzio che sfama l'anima poetica...


Per Scrivere Il Mio nuovo libro, ho bisogno di fare il silenzio attorno a me. Chi mi legge – credo – non vuole ritrovare il chiacchiericcio, la superficialità, l’approssimazione che segnano il nostro mondo della comunicazione veloce. Un silenzio quasi assoluto, quest’anno l’ho trovato nell’ultimo scorcio delle mie vacanze. A Tellàro (l’accento lo aggiungo io per ricordare come si pronuncia, alle porte di Lerici, in una Liguria ancora più remota di quella che mi è familiare. Un grappolo di casette antiche separate da vicoli strettissimi, 450 abitanti, un paio di chiese, un molo minuscolo che guarda verso Portovenere e l’isola di Palmària. Tanto mare davanti agli occhi, tanto verde sulla montagna che incombe. Un solo negozio di alimentari, un verduraio. Senza macellaio, né pescivendolo. “Diventiamo vegetariani per forza”, mi spiegano sorridendo. C’è un hotel a una stella, una rarità. L’aria condizionata è al bando. Contro la torrida calura, ci sono ventilatori di una volta. Nei dintorni ho esplorato un paio di spiagge fra gli scogli, dove perfino i bambini giocano a voce bassa, contagiati dall’atmosfera che li circonda (o forse perché sono inglesi). Ho amic e parenti che hanno trovato lo stesso tipo di rifugio pre-moderno alle isole Eolie, alle Tremiti, o sulla via Francigena. Mi piace sapere che un eremo dolce e tranquillo esiste anche a due ore di strada da Milano (il mio aeroporto per New York). Tallàro coltiva l’anti turismo di massa e i frequentatori si guardano bene dal farlo sapere troppo in giro. L’invito a presentare il mio libro Le linee rosse mi è arrivato in modo semiclandestino, da Mariangela Guandalini. L’ospitalità era di Lauro Cabano e Silvio Vallero, animatori dell’antica Società di Mutuo Soccorso fra Operai e Marittimi. Siamo nel mondo della nostalgia distillata allo stato puro. Uno di questi amici, dopo la mia conferenza mi confessa: “Quando hai citato i tempi in cui debuttasti come giornalista nella stampa del Pci di Enrico Berkinguer, mi è venuto da piangere. Volevo applaudire da solo”. Al termine dell’incontro, mi hanno accompagnato in riva al molo. A mezzanotte, sotto le stelle e al ritmo dello sciabordio delle onde sulle rocce, una cantante e chitarrista intonava i capolavori di Jacques Brel, Serge Gainsbourrg, Edith Piaf e alti chansonnier. La quiete ha i suoi svantaggi. Pochi anni fa una frana isolò Tellàro: per metà l’acqua potabile è arrivata soltanto via mare e la Società di Mutuo Soccorso ha distribuito il pane. Ma non è un caso se quella zona e i suoi dintorni immediati, da Lerici a Portovenere, siano diventati il Golfo dei Poeti. Lì si rifugiarono per primi gli inglesi Shelley e Byron, poi inseguiti da emuli e ammiratori di altre generazioni come D.H. Lawrence ed E.M. Forster. Sulle alture si affacciarono Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir. Poco più in là, a Monterosso, regnava Eugenio Montale. Mi è tornata in mente la figura di uno dei miei storici preferiti, il francese Fernand Braudel. Che con ka Liguria c’entra, essendo stato uno dei massimi studiosi della storia del Mediterraneo. C’entra ancor più con la solitudine dello scrittore. Braudel, giovane partigiano antinazista, fu catturato e incarcerato dai tedeschi. In prigione non gli passavano libri. Lui usò la sua cella come un luogo magico, per scavare nella memora. Scrisse l’essenziale di quella che sarebbe stata la sua tesi di dottorato, e la bozza del suo meraviglioso libro sulle civiltà mediterranee dai tempi antichi ai nostri giorni. Tutto frugando nella propria mente, Ve l’immaginate oggi, in quest’epoca in cui ogni due minuti chiediamo aiuto al nostro smartphone? Siamo o no siamo lievemente decaduti? Non ho mai tentato di scrivere poesia. Però Tellàro ha fatto un gran bene anche a me.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 1 settembre 2018 -

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