Etichette

martedì 25 settembre 2018

Lo Sapevate Che: Poesie senza rima nel caos della vita...


Nella storia della letteratura, da quando l’uomo cominciò a decidere e a descrivere i fatti, i sentimenti, gli istinti e insomma la propria interiorità e quella degli altri da lui interpretata, ci fu una distinta formula: il poema e la poesia. Del resto analoghe distinzioni avvenivano anche n altre arti. Per esempio nella pittura, tra il disegno, il quadro dipinto su tela, l’affresco dipinto su muro. La musica: quella sinfonica, quella operistica e quella della danza e del ballo. Sono distinzioni profonde: gli strumenti adoperati sono quasi sempre gli stessi, ma nelle opere che da essi, derivano sono profondamente diverse. O almeno, così pare a me. Quindi poema e poesia. Prendete Omero, tanto per cominciare dall’antico: Omero chiunque fosse (o fossero) scrisse solo poemi: l’Iliade e l’Odissea sono poemi, raccontano in versi quanto è avvenuto e quanto l’autore ha inventato. Il poema è composto da versi, rime, sillabe, ma è la storia di alcuni personaggi. Un esempio più moderato di Omero e quasi moderno (visse ottocento anni fa) è stato Dante con la sua “Divina Commedia”: altri poemi non scrisse, ma poesie sì, molte; non raccontavano fatti ma sentimenti. Cavalcanti, amico di Dante, scrisse molte e molto belle poesie, ma non poemi. Ariosto solo poemi. Shakespeare drammi teatrali, ma anche poesie (Sonetti). E per venire al moderno, in Italia Leopardi scrisse solo poesie (La Ginestra non è un poema). D’Annunzio scrisse poemi e poesie. Montale soltanto poesie. Prima ho accennato anche alla musica e alla pittura, ma non mi dilungo: anche lì le varie forme sono distinte tra loro, più dalle diverse tecniche che dai contenuti. Col passare del tempo e arrivare all’oggi, il poema non è più di moda. In Itala l’ultimo fu D’Annunzio ma i suoi poemi sono soltanto romanzi in prosa, raccontati in versi. Oggi la letteratura poetica è soltanto fatta di poesie. I poemi sono di fatto scomparsi perché il romanzo ne ha preso il posto, soprattutto in Occidente. Con Rossini, con Verdi, con Puccini, domina il melodramma, ma questa è musica e non racconto in prosa. Dunque il poema non c’è più, almeno nell’Occidente. Resta la poesia, anzi tende ad aumentare. Naturalmente quella moderna non è la stessa di quella antica. Per esempio è assai più libera dal punto di vista della metrica e della rima. Come mai? E con quali risultati? La rima c’è ancora ed anche la metrica, ma sono usate in modo completamente diverso da quanto avveniva una quarantina di anni fa. Un tempo (non lontanissimo) la rima chiudeva con il verso in vari modi e intervalli; era cioè legata alla metrica: endecasillabi, settenari, dodecasillabi, quinari e così via. Rime alterne o rime baciate, come allora si diceva. Oggi non è più così La metrica in una poesia di oggi cambia di verso in verso: può cominciare con un settenario per passare all’endecasillabo, un quinario e via così. Tuttavia i versi sono stesi anche senza rime, il numero delle loro sillabe deve avere una sua musicalità. La rima del canto
 Suo non c’è più o quasi. Assai raramente è posta a fine verso; e si appoggia a rime che stanno alla fine di un paio di versi precedenti anch’esse alla metà degli stessi. Ma anche questo nuovo modo di maneggiare la tecnica poetica non è affatto sgradevole: la metrica è libera ma c’è; la rima è anch’essa libera come appoggiarsi nel verso ma può anche non esserci affatto. Questa rivoluzione, chiamiamola così, non è avvenuta soltanto nella poesia, ma anche nella musica sinfonica, dove le dissonanze hanno di fatto abolito le consonanze e i tempi hanno sancito la propria regolarità e si alternano come l’autore sente necessario. Non parlo della pittura, dove gli schizzi di colore sulla tela o sulla parete vengono lasciati come sono oppure manomessi e trasformati in fasce o sgorbi voluti e pensati, che dimostrano di solito le capacità espressive del pittore ma talvolta, o addirittura spesso la sua pittorica incapacità. Insomma il mondo delle arti, è profondamente cambiato. Esprime sentimenti che vorrebbero essere intensi e spesso lo sono ma non mancano i casi nei quali non esercitano alcuna influenza su chi li guarda e neppure – a volte – su chi li ha prodotti in modo meccanico ed inutile. La verità è che spesso l’ispirazione non è stata altro che confusione. Mi permetto di aggiungere che questa dominanza della confusione sta stravolgendo anche la vita pubblica e l’umanità in genere. Il motto che è stato proprio della mia generazione fu: “Libertà, eguaglianza, fraternità”. Quello che può adottare la generazione attuale poiché ne riflette la sostanziale psicologia potrebbe essere: “Vita libera, libera socialità, libero amore e libero potere”. Non so se piace, ma certo è rappresentativo della società attuale. Rifiutarlo è inutile, la vita va come va. Il vero responsabile è l’Io, l’elemento psicologico che distingue la nostra specie dalle altre specie animali. Attenzione però: se cambia l’Io cambia anche la specie e ne nasce un’altra.
Eugenio Scalfari – Il Vetro Soffiato – L’Espresso – 23 settembre 2018 -

Nessun commento:

Posta un commento