Rocca di Papa, centro di accoglienza Mondo Migliore. Massimiliano
Coccia e Andrea Billau, giornalisti di Radio Radicale, intervistano John,
profugo eritreo di 22 anni. John era sulla Diciotti, la nave della Guardia
costiera italiana che per giorni è stata in mare, ostaggio del governo italiano
che ha usato il suo carico umano per ricattare l’Europa. Alla fine di questa
dolorosa vicenda, i migranti della Diciotti, in larga parte eritrei, sono stati
accolti dalla Chiesa italiana, sul suolo italiano. Sono in Itala: li abbiamo
dunque accolti. La conversazione tra Massimiliano Coccia e John (si può ascoltare
sul sito si Radio Radicale, e consiglio di farlo) è semplice e permette di
capire tanto. John in Eritrea studiava, ma non aveva ancora terminato la scuola
quando viene prelevato per fare il servizio militare che, però non aveva fine.
Così John decide di lasciare l’Eritrea, dove sa di non avere un futuro.
Dall’Eritrea alla Libia ha dovuto pagare la traversata del Sudan. Il viaggio è
costato diciassettemila dollari che non erano i risparmi della famiglia, ma il
frutto di una colletta tra parenti e amici: si investe su una persona giovane
per provare a farle avere un futuro altrove e per avere qualcuno che possa
aiutare chi resta in patria. Arrivato in Libia, John viene preso subito in
consegna da trafficanti che pretendono da lui 5 mila dollari senza però farlo
partire per l’Europa: lo rinchiudono invece sotto terra, dove rimarrà per un
anno. È stato il periodo più nero della sua vita. Sedici ragazze hanno
partorito in quelle condizioni, sotto terra. E io penso all’espressone “venire
alla luce”. John ha visto 16 bambini “venire alla luce” sotto terra, nel posto
più lontano dalla luce che si passa immaginare. Nuove vite al buio di una
detenzione illegale, forzata e inumana. I trafficanti estorcevano continuamente denaro e per spaventare usavano
scariche elettriche. John non riesce a trovare le parole per descrivere
l’inferno vissuto. Erano tutti libici gli aguzzini, senza divise, tutti armati.
Armati anche quando portavano via le donne per violentarle senza che nessuno
potesse reagire. C’erano più di quattrocento persone in quella condizione:
quattrocento persone da torturare, a cu estorcere denaro. Quattrocento persone
disperate e spaventate. Quattrocento persone che subivano senza poter reagire.
Per uscire dal bunker si pagava: migliaia di dollari per pochi minuti di aria,
mai di libertà. Venti minuti. Non di più. Da quella situazione nessuno pensava
di poter uscire vivo. Non c’era cibo, non c’era acqua, non c’era luce e con le
torture inferte l’unica speranza era che la fine (anche la morte) arrivasse prima
possibile. Arriva la svolta: altri 2.500 euro per partire. Chi può pagare viene
separato da chi non ha i soldi, per essere poi riuniti tutti e rivenduti a un
nuovo trafficante che chiede altri millecinquecento euro perché inizi davvero
il viaggio in mare. Gli spostamenti avvenivano tutti di notte perché i migranti
non dovevano essere visibili, eppure al porto non c’era nessuno: né polizia, né
Guardia costiera libica. Solo trafficanti. Quando comincia il viaggio in mare “dice John – sai che quel viaggio è
l’ultimo: o arrivi vivo o resti in mare. Morirai magari in mare, ma ci provi.
Il tempo durante la navigazione non è buono, il motore dell’imbarcazione si
spegne, poi si riaccende. Poi si avvicina una barca che li rifornisce di acqua
e cibo. Giunti nei pressi di Lampedusa vengono presi in carico dalla Diciotti e
lì, nonostante quello che noi abbiamo vissuto dalla terra ferma, nonostante
l’indignazione e la rabbia per il “sequestro forzato”, per i migranti finisce
l’inferno e ricomincia la speranza. Sulla Diciotti, racconta John, stavano
benissimo. Il personale era pieno di umanità, c’era da mangiare e il comandante
“è stato come un padre”. Quando John è partito dall’Eritrea non credeva di
avere scelta, ma non aveva idea dell’inferno libico. Ora vuole solo
ricominciare ovunque ci sia pace ed è pieno di gratitudine, gratitudine verso
l’Italia e gli abitanti di Catania. Dalla Diciotti guardando a terra, guardando
il nostro Paese (mentre scrivo sono pieno di orgoglio) John vedeva persone che
erano lì per loro, per difendere i loro diritti e per accoglierli. Dalla
Diciotti guardava l’Italia e riusciva a leggere, distintamente, una parola
semplice, una parola universale: WELCOME!
Roberto Saviano – L’Antitaliano – L’Espresso – 9 settembre
2018 -
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