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sabato 13 aprile 2013

Lo Sapevate Che: Misteri del cellulare....

Ma Il Cellulare E’ Ancora Un Mistero Che Mi Stupisce

E’ trascorso un po’ di tempo da quando ho esposto un certo mio problema, quindi è utile ricominciare da capo.
Si tratta dei misteri dell’elettronica. Dunque: bene o male, riesco a fare uso di alcuni miracoli resi possibili dai marchingegni moderni. Di quelli più semplici, naturalmente. Sono a passeggio in piazza De Ferrari, a Genova, estraggo dalla tasca il cellulare, e mi metto a conversare con un amico che sta passeggiando a Rio de Janeiro, come se fosse dietro l’angolo. Non siamo collegati da fili: eppure sentiamo, nitide e squillanti, le nostre voci. Non è straordinario? Navigavo in mezzo all’oceano, e un altro apparecchi etto mi spiegava con l’approssimazione di pochi metri dove mi trovavo. Come era possibile? L’elenco dei miracoli quotidiani che costellano la nostra esistenza è sconfinato. E io non pretendo di diventare un addetto ai lavori. Ma perché nessuno mi spiega come queste cose siano possibili?
Capisco come funziona un motore a scoppio, riesco a immaginare un pistone che va su e giù per un cilindro di migliaia di volte in pochi secondi. Ma come posso credere che le mie parole, pronunciate a Genova, percorrano migliaia di chilometri, sfiorino le onde del mare, incuranti del vento e degli uragani, e arrivino intatte a destinazione? Capisco perché un aeroplano vola: ma come può, quel mio apparecchi etto poco più grande di una scatola di fiammiferi, reperire quell’altro apparecchi etto a migliaia di chilometri, addirittura nell’altro emisfero, e portargli la mia voce?
Nessuno, fino a questo momento, me lo ha spiegato. E poi, secondo motivo di stupore, nessuno dei miei contemporanei sembra condividere la mia curiosità e il mio stupore. Quando  pongo il problema ricevo risposte distratte e generiche, poi il mio interlocutore cambia discorso. Mi chiedo pertanto: è un altro segno della mia età avanzata, fra i tanti, se io sono il solo che prova meraviglia? Temo che la risposta sia affermativa.
Piero Ottone – Venerdì di Repubblica – 5 – 4 - 13

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