L’Europa Tecnocratica Che Ha Dimenticato La Democrazia
Caro Michele Serra, chi ti scrive ha vent’anni. La democrazia, come diceva Churchill, sarà anche un pessimo regime, ma è il migliore che abbiamo. La democrazia è oggi ostaggio dei populismi che stanno dilagando in tutta Europa cavalcando la crisi e alimentando l’odio e l’intolleranza per il diverso. Ne abbiamo esempio drammatici in Grecia, dove un partito filonazista è addirittura entrato in Parlamento, e in Ungheria, dove Orbàn mi riporta la mente alle leggi fascistissime del 1925. Grillo francamente non mi spaventa (Alba Dorata è un’altra cosa), ma quelle frasi sul “fascismo buono” del capogruppo alla Camera Lombardi e quel “cento per cento” reclamato da Grillo sono segni indicativi di una insofferenza verso la rappresentanza che può avere esiti nefasti: “dietro ogni leader totalitario” scrive Massimo Recalcati, “si cela una insofferenza congenita verso il tempo lungo della mediazione che la pratica della democrazia impone”.
Credo che l’Europa e gli intellettuali abbiano il dovere morale di combattere culturalmente questi movimenti, che finiscono inevitabilmente per sfociare in dispotismi. Lo dicevano i greci: dal demagogo discende sempre il tiranno, perché la demagogia esasperata porta il popolo alla ricerca di una guida autoritaria, a invocare l’uomo della provvidenza. E direi che in Italia ne abbiamo avuti sin troppi.
Daniele Trematore – mail
Caro Daniele, la tua paura del populismo e della demagogia è ragionevole e la condiviso Mi permetto di aggiungerci una paura in genere meno evocata, forse perché meno evidente: la paura. Della tecnocrazia. Se in molti luoghi d’Europa “la gente” – concetto molto generico che corrisponde, in genere, agli strati meno abbienti, meno protetti e meno istruiti della popolazione – si affida spesso e volentieri all’onda del populismo (in tutte le sue forme) è anche perché l’approccio tecnocratico alle questioni sociali si è dimostrato carente e indisponente. Esiste un’eurotecnocrazia che pretende di avere una risposta economico-aritmetica a qualunque disagio o dissesto. Di questa eurotecnocrazia abbiamo avuto la nostra dose con il governo Monti: un’esperienza interessante, forse inevitabile, da molti punti di vista rispettabile, ma del tutto indifferente all’oggettività catastrofe sociale in parte ereditata, in parte incrementata. La povertà e la debolezza sociale non sono solamente una serie di numeri. Sono uno stato psicologico, sono una somma di sentimenti e di insofferenze, sono un terremoto politico. La vicenda inaccettabile, vergognosa dei cosiddetti esodati, esseri umani deportati d’improvviso in un limbo sociale mai visto (non più lavoratori, non ancora pensionati) è stata il frutto, prima di ogni altra cosa, della presunzione tecnocratica di chi l’ha innescata. La contabilità è importante ma non basta a governare. Se le semplificazioni demagogiche e le tentazioni autoritarie si fanno strada, è perché la politica è malata, debole, ha poca voce e poca autorevolezza. Fai benissimo, Daniele, a stare in guardia contro i tanti apprendisti dittatori che scuotono l’Europeo, fai di tutto per pretendere che l’Europa la smetta di far coincidere la propria immagine con quella di un freddo bureau addetto alla revisione dei conti. La democrazia non è solo meditazione, è anche passione, scontro politico, speranza sociale.
Lapostadiserra@repubblica.it – Venerdì di Repubblica 1.1.11
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